venerdì 28 febbraio 2014

da domani si cambia

Meningie
Larry è un vero monumento al cattivo gusto: una gigantesca riproduzione, lunga 17 metri e alta 15, di... un'aragosta. Non scherzo: Larry è un'aragosta di proporzioni immani. Famosissima. Si tratta in realtà dell'insegna di un ristorante, ma è anche uno dei "monumenti" più fotografati dell'Australia. Poiché si trova nella cittadina in cui abbiamo dormito ieri, non possiamo sottrarci al rito, fotografiamo e ripartiamo. L'aragosta Larry è sulle guide turistiche. Compare sulle cartoline. È conosciuta a migliaia di chilometri di distanza. Questo dovrebbe dirci qualcosa, ma non capiamo bene cosa, o forse abbiamo smesso di domandarcelo. Ci rimettiamo in viaggio verso nord e il clima si fa subito più caldo. Oggi ci fermiamo sul Lake Albert, noto per la grande quantità di uccelli che nidificano qui. I più spettacolari sono senza dubbio i pellicani. Da soli o a gruppi, sfilano davanti alle rive del lago alla ricerca di pesce, e noi ogni volta rimaniamo a guardarli. Oggi abbiamo bisogno della lavatrice e soprattutto di un accesso comodo all'energia elettrica, quindi ci concediamo il lusso di un campeggio. Le bambine si ricorrono al parco, io prendo felicemente il sole, quando vedo il Papà in assetto di guerra. Ha tirato fuori dal camper tutte le nostre guide, cartine, libri vari e si dispone sul prato a studiarli. Ha l'espressione concentrata di un generale prima della battaglia. Fingo di non notarlo e lo lascio ai suoi studi. Il Papà programma ogni nostro viaggio nei minimi dettagli. Il Papà studia, riflette, sceglie. Per me è già molto sapere il percorso di domani, il Papà ha già chiaro in mente ogni spostamento del prossimo mese e mezzo. Ad un certo punto prorompe:- Non mi piace per niente la piega che ha preso il nostro viaggio...
(Io vengo colta da panico e sto zitta)
...Abbiamo fatto pochissimi chilometri. Vedi? Vedi la cartina? Siamo arrivati a Sydney, che è qui. Non siamo ancora ad Adelaide, che è qui. E in mezzo c'è solo un pezzettino di costa! Non va bene per niente. Da domani cambieremo ritmo...
- Scusa, ma..
- Cambieremo ritmo. Dobbiamo svegliarci prima, macinare strada. Dobbiamo riuscire a fare tre, quattrocento chilometri al giorno.
- Va bene, abbiamo fatto solo un pezzo di costa, ma in mezzo c'è stata anche la Tasmania, e poi abbiamo sempre detto che i chilometri non contano, no?
- Tu guarda quante cose dobbiamo ancora vedere e poi ne riparliamo. Dobbiamo darci una disciplina. Basta andare avanti come viene.
- Mi pare una follia. Vediamo quello che riusciamo a vedere e quello che ci va. L'Australia è enorme. Abbiamo fatto comunque un sacco di esperienze...
- La seconda parte del viaggio dovrà essere diversa. Ci vuole ordine. Disciplina. Non si può stare ai ritmi di voi tre donne. 
- Sì, però...
- Sono contento che approvi. Allora siamo d'accordo. Domani sveglia alle sette. E veloce con la doccia, eh!

giovedì 27 febbraio 2014

l'importante è scalpellare

Kingston SE
La Grande è donna di forti passioni. I suoi interessi diventano manie. Vede e rivede lo stesso film decine di volte, col preciso intento (sempre raggiunto, peraltro) di impararlo a memoria. Si fa leggere e rileggere lo stesso libro finché non ne conosce ogni parola, ogni segno di interpunzione, ogni sospiro. Si dedica ad ogni attività con febbrile costanza, finché non raggiunge una sua personale perfezione. A Babbo Natale, alla Befana, a chiunque, la Grande quest'anno ha chiesto dei kit stile "piccolo archeologo", perché al momento la sua passione è far emergere reperti dalla sabbia. Che siano i tesori degli egizi o lo scheletro del triceratopo (da sempre il suo preferito) poco importa. L'importante è "scalpellare", come dice lei, ovvero scoprire a poco a poco il reperto sotto la sabbia. Si può capire, quindi, come oggi sia andata in visibilio, durante la visita ad uno dei più famosi siti di fossili dell'Australia. Il sito si trova vicino alla cittadina di Naracoorte, e comprende una serie di grotte che si possono visitare (grotte in cui, appunto, sono stati trovati moltissimi fossili) e un museo annesso. La Grande e la Piccola sono scese sotto terra con emozione, hanno osservato le stalattiti e le stalagmiti, sono scivolate sulle pozze d'acqua e sono riemerse al sole infangate e felici (osservo che spesso la loro felicità è direttamente proporzionale alla quantità di fango sui vestiti. Non mi spiego, tuttavia, la ragione). Il percorso nella caverna era realmente interessante, labirintico e ben illuminato. Subito dopo siamo andati al museo dei fossili, che ospita fra l'altro un tunnel con le ricostruzioni degli animali australiani estinti. Non si tratta di semplici manichini, ma di robot che si muovono ed emettono versi. Dire "kitsch" è dire poco, ma le bambine erano estremamente coinvolte. Ho permesso loro un primo giro di puro divertimento (non è la prima volta che, entrando in un museo australiano, ho l'impressione di essere a Gardaland) ma poi ho imposto loro un secondo giro in cui abbiamo letto tutti i pannelli esplicativi. Mia sorella, la zia T, direbbe che "ho sempre una spiegazione noiosa per tutto" ma almeno spero che in questo modo la Grande e la Piccola abbiano imparato qualcosa. La Piccola ha passato il pomeriggio imitando (e non a bassa voce) il verso dell'elefante marsupiale, la Grande è più che mai ferma nel suo desiderio di fare la paleontologa, o l'archeologa, l'importante è che si scavi. Mamma - mi ha detto - voglio scalpellare per sempre. Io mi domando se sia un lavoro di cui in Italia c'è richiesta, ma non ho il coraggio di disilluderla. Non subito, almeno.
In mattinata eravamo stati al lago di Beachport, un piccolo bacino salato, sette volte più del mare, in cui galleggiare era particolarmente facile e divertente.
Questa sera dormiamo in una camp area gratuita, sull'oceano. Di fronte a noi c'è un negozio che vende pesce fresco. Chissà se domani riesco a convincere il Papà...

mercoledì 26 febbraio 2014

l'odore delle otarie

Millicent
Il binocolo, quest'oggetto misterioso. La Piccola lo usa regolarmente al contrario. Non è che si sbagli, lei è proprio convinta che gli occhi vadano appoggiati sulle lenti più grandi. Il bello è che riesce pure a vedere qualcosa. Del resto, anche la Grande non era mai riuscita a regolarlo (e a dirigerlo bene sull'oggetto che voleva vedere) fino ad oggi. Dopo una camminata di un'oretta, su un sentiero panoramico a picco sul mare, la Grande ha puntato il binocolo su una colonia di otarie sulla scogliera sotto di noi. Le vedo, le vedo! Ha gridato tutta soddisfatta. A Cape Bridgewater vive una colonia di otarie di alcune centinaia di esemplari. Si tratta in realtà di due gruppi distinti, uno di otarie australiane, l'altro di otarie neozelandesi. Camminando in cima alla scogliera battuta dal vento e dalle onde, per decine di metri basta rivolgere lo sguardo verso il basso per vedere questi splendidi mammiferi marini. Per sentirne l'odore, invece, non occorre fare sforzi, perché le otarie, diciamoci la verità, puzzano di pesce marcio e di stalla, e a Cape Bridgewater si arriva abbastanza vicino da poterlo verificare col proprio naso. La Grande e la Piccola, comunque, sono rimaste sbalordite. Guardate, le otarie si rotolano sugli scogli! Urlava la Grande, sempre alle prese col binocolo. Guardate, si tuffano in acqua e muovono le pinne, giocano! Ovviamente le otarie si tuffavano per cercare pesce, ma in effetti alcune di loro sguazzavano dentro e fuori, come per divertirsi. Desiderando condividere l'euforia con qualcun altro, la Grande ha provato più volte a coinvolgere la Piccola, puntando per lei il binocolo nel modo corretto. I tentativi sono stati regolarmente frustrati, perché la Piccola acchiappava il binocolo e, tutta soddisfatta, lo girava al contrario. La vista delle otarie, comunque, è stata un vero spettacolo, peraltro completamente accessibile: non abbiamo dovuto aderire a nessuna gita organizzata, solo seguire il sentiero e poi guardare. Eravamo, oltretutto, in perfetta solitudine. Dopo, la Piccola e il Papà sono tornati al camper per la via più breve. Io e la Grande abbiamo completato il giro del promontorio, altre due ore di camminata. Sotto di noi, le otarie e le onde. Introno al sentiero, wallaby e canguri.
Per tutto il giorno la Grande ha ripensato allo spettacolo della mattina:- Mamma - diceva - come mi piacerebbe portare i miei amici in Australia, a vedere tutti questi animali! Delle otarie mi sono piaciute le orecchie e l'odore. Le orecchie perché sono piccole e tonde. Non me le aspettavo così. 
- L'odore? Ti è piaciuto l'odore? - ho chiesto io incredula (pesce marcio e stalla).
- L'odore, sì, perché è... particolare. Un po' puzza e un po'... è piccante, come il peperoncino!
Risaliamo verso il nord (nella vana speranza di trovare un po' di caldo) e verso Adelaide. Abbiamo lasciato lo stato del Victoria e ora siamo nel South Australia. Stasera parcheggio-campeggio liberissimo, a fianco del parco, al centro di un paese.

martedì 25 febbraio 2014

parola da non dire

Cape Bridgewater
La parola da evitare è "passeggiata". Qualche settimana fa, pensando di rendere la prospettiva più attraente, abbiamo definito "passeggiata" un percorso di due ore su un sentiero in saliscendi nei boschi. Panorama splendido, ma la Piccola ha urlato il suo disappunto per tutto il tempo. Da allora, la parola "passeggiata" per lei è sinonimo di fatica, e quindi stiamo ben attenti a non pronunciarla mai, altrimenti la crisi di pianto è immediata. Tuttavia, usando termini come "gita" o "percorso" tutto diventa più facile. Oggi abbiamo proposto una "gita" di un'ora e mezza sui sentieri di Griffiths Island, un'isoletta collegata alla spiaggia di Port Fairy, simpatica località marina. L'isola è chiusa alle auto ed è affascinante, per quanto piccolina, perché ci sono tantissimi animali: echidne, wallaby rossi, uccelli marini, lucertole dalla lingua blu e anche serpenti (infatti non bisogna assolutamente camminare nell'erba alta; la raccomandazione, peraltro, è valida in tutta l'Australia, dove ci sono rettili velenosissimi. Il morso del Tiger Snake, il più diffuso, uccide in pochi minuti. Il Tiger Snake, come si comprenderà, è uno dei miei incubi). La prima parte della passeggiata (ops... della gita) è andata benone. Abbiamo visto una decina di wallaby rossi che si sono lasciati avvicinare. La Piccola correva, stuzzicava la sorella, rideva, dava da mangiare agli animali. Tutto normale. Verso la fine del giro, tuttavia, ha avuto nell'ordine: 1.male al piede destro (Maaaamma! Mi è entrato un sasso nella scarpa!). 2. male al piede sinistro (Ahhh! Che dolore! Ho il piedino graffiato!) 3. stanchezza insopportabile (Non ce la faccio più a camminare! Voglio essere portata sulle spalle!) 4. crisi isterica.
Ho vietato al Papà di assecondare i suoi capricci, per esempio prendendola in braccio, e sono riuscita a trascinarla fino a terminare il sentiero. Ciò è stato possibile solo con un micidiale autocontrollo, perché, diciamolo, in quei frangenti la Piccola non è proprio simpaticissima. Arrivando in vista del camper, e del vicino parco giochi, le ho detto con tono mieloso:- Amore, adesso potrai sederti e riposarti, eh? Al parco giochi mandiamo solo la Grande, che tu sei stanca e hai male ai piedini...
Chissà come, tutti i malanni si sono volatilizzati in un momento, e la Piccola è corsa sullo scivolo.
Ci siamo spostati di qualche chilometro. Abbandoniamo, un po' a malincuore, la Great Ocean Road (che è un'esperienza davvero "grande") e ci dirigiamo verso Adelaide e il South Australia. Questa notte dormiamo in cima ad un promontorio deserto; abbiamo visto il tramonto, sentiamo il vento e le onde. Davanti al nostro camper partono tre sentieri: il primo conduce ad un tratto di costa con spettacolari spruzzi d'acqua. Il secondo porta ad una serie di formazioni rocciose che sembrano alberi, e si chiamano comunemente "foresta pietrificata". Il terzo va verso una scogliera dove risiede la più grande colonia di otarie dell'Australia.

lunedì 24 febbraio 2014

tagli alle spese

Killarney
La nostra esperienza in Australia è un viaggio a basso costo. A casa, prima della partenza, abbiamo tirato la cinghia per mesi, ma siamo comunque in 4, con due minori che mangiano come yeti e il mutuo della casa in Italia che colpisce inesorabile. Ogni giorno dobbiamo mangiare, dormire, far benzina al camper (benzina e non gasolio, ormai l'abbiamo capito). Gli ingressi ai parchi nazionali in alcuni stati sono a pagamento: così era, per esempio, in Tasmania. Poi ci sono, qualche volta, i musei e i centri faunistici. La bombola del gas da riempire. I calzini distrutti da comprare. Abbiamo stabilito un budget di 120 dollari al giorno (circa 80 euro) e dobbiamo farci stare tutto per tutti, dal carburante al cibo agli acquisti.
Ma siamo diventati maestri nell'arte del risparmio. Per dormire, le sistemazioni possibili sono in 3 tipologie; la prima è quella dei campeggi veri e propri, dove andiamo poco. I campeggi "veri" sono molto curati e con servizi ottimi: lavanderia, bagni enormi, tappeti elastici per saltare, wifi, a volte piscina, cucine comuni. La seconda tipologia è quella dei campground, campeggi molto spartani, gestiti dall'ente pubblico o da associazioni. Di solito hanno bagni e docce, barbecue e parco giochi, il che per noi va già bene. Ci sono poi le "camp area", aree attrezzate (di solito solo con bagni, spesso - ahimè - a fossa biologica) dove ci si può sistemare gratis o quasi. C'è anche la possibilità, che qualche volta abbiamo adottato, del posteggio-dove-capita, ma bisogna stare attenti che non ci siano divieti, e ovviamente non ci sono servizi. L'idea non è  terribile come può sembrare, perché in Australia i bagni e le docce pubblici (a volte a gettone) sono diffusissimi e quindi si riesce (quasi) sempre a far pipì e lavarsi come fanno gli esseri umani. Oggi siamo in un campground a due passi dalla spiaggia (non vediamo l'oceano perché ci sono le dune di sabbia, ma sentiamo il rumore delle onde). I bagni avrebbero bisogno di una ristrutturazione radicale, ma proprio a pochi metri dal nostro camper c'è un bel parco giochi e qui paghiamo solo 20 dollari.
Ovviamente stiamo molto attenti a tutte le attrazioni a pagamento, ed entriamo solo se le troviamo davvero interessanti. Risparmiamo meno sulle esperienze: parchi nazionali e zone protette, passeggiate a cavallo e lezioni di surf.
Non compriamo quasi nulla (il più bel souvenir sono le nostre foto). Non siamo mai andati al ristorante. Al bar ci siamo stati una volta, ma dopo aver pagato 4 dollari per un caffè abbiamo tagliato anche questo. Per fortuna ho portato una caffettiera dall'Italia. Nei supermercati si trova il caffè Lavazza (che non è quello che compro di solito, ma va bene) e quindi la mia dose quotidiana di caffeina, senza la quale non potrei tirare avanti, è assicurata.
La benzina è una voce di spesa importante e su cui non possiamo tagliare, ma qui costa molto meno.
Le migliori acrobazie al risparmio, però, le facciamo al supermercato. Abbiamo capito dove andare e cosa comprare: pesche e ciliegie hanno un costo pauroso (le ciliegie le abbiamo viste fino a 20 dollari al chilo), sono più convenienti mango e ananas. Il pomodoro per condire la pasta costa, meglio una cena a base di bistecca. Sulle nostre abitudini alimentari incide anche la difficoltà nel cucinare: il camper ha due fornelletti, per giunta capricciosi. Niente verdure al vapore, forza con le carote crude (per le bambine anche pomodoro crudo. Per noi no, che costa 8 dollari al chilo...). Mangiare cibi un po' diversi fa parte del viaggio, e può essere divertente, ma ha qualche effetto collaterale. Oggi la Piccola, addentando un panino in riva al mare, mi ha detto col visino serio:- Vorrei tanto mangiare gli spinaci cotti, come li fai nella nostra "verissima casa"...
- Amore - ho risposto io con ironia - quando preparo gli spinaci tu fai sempre un sacco di capricci...
- È vero - ha detto lei, sempre seria - ma adesso non ne farei più.
- E io - ha aggiunto la Grande - vorrei il cuscus con le lenticchie. Non c'è cuscus con le lenticchie migliore di quello che fa la mia mamma a casa...
Un po' mi facevano tenerezza, un po' mi sentivo lusingata. Soprattutto perché io in cucina sono uno zero.

domenica 23 febbraio 2014

la fiaba del naufragio

Princetown
Grande:- Ma voi come facevate a sapere che eravamo ancora vive? Come avete saputo in quale spiaggia avevamo fatto naufragio?
Papà:- Sapevamo che stavate andando a Melbourne. La nonna vi aveva fatto salire sulla nave in Inghilterra, e poi avevate fatto tutto il viaggio da sole, tu e la Piccola. Eravate state in mare per tre mesi, pensa, per tre mesi. Era l'ultimo giorno e avevate fatto una grande festa, con tutti i passeggeri e con l'equipaggio, perché eravate felici dell'arrivo. Ma ad un tratto la nave è stata sorpresa da una tempesta, con onde altissime, venti terribili...
Piccola:- Ma noi abbiamo messo il salvagente, vero? Abbiamo messo il salvagente, ci siamo buttate in acqua e abbiamo nuotato. Però abbiamo salvato anche una cassa piena di cose da mangiare, così potevamo aspettarvi sulla spiaggia...
Papà:- Ma quando si fa naufragio non si fa in tempo a salvare nulla, di solito si pensa solo a salvare se stessi...
Grande:- Noi no. Abbiamo salvato il cibo, i vestiti e anche una cassa di giocattoli. E siamo salite su una piccola barca a motore, vero Papà? Una barca a motore che ci ha portato a riva, e a riva ci siamo messe vestiti asciutti, così vi abbiamo aspettato al caldo e senza far arrabbiare la mamma, perché la mamma si arrabbia quando ci bagniamo i vestiti e non ci possiamo cambiare...
Alla località dei Dodici Apostoli, enormi e spettacolari faraglioni sulla spiaggia, è legata la storia di un famoso naufragio avvenuto nel 1878. La nave, partita dalla Gran Bretagna tre mesi prima, avrebbe dovuto gettare le ancore il giorno dopo, nel porto di Melbourne, se una tempesta non l'avesse inghiottita, lasciando solo due superstiti. Il Papà, affascinato dalla vicenda (e anche per coinvolgere le bambine nella passeggiata), ne ha fatto una fiaba per la Grande e per la Piccola, ovviamente inserendo loro stesse come protagoniste e uniche sopravvissute. Le bambine si sono lasciate coinvolgere e hanno cominciato a chiedere sempre maggiori particolari: Ma quanti anni avevamo quando c'è stato il naufragio? Ma di che colore era la cassa dei giocattoli che abbiamo salvato? E cosa stavamo facendo quando ci avete ritrovate sulla spiaggia?
Temiamo che la storia del naufragio diventi argomento unico di conversazione per le prossime settimane; ma intanto, tutte prese dalla storia, le bambine hanno camminato per due ore, su e giù nei sentieri a picco sul mare, mentre noi ammiravamo lo spettacolo dei Dodici Apostoli, uni dei paesaggio più famosi e fotografati d'Australia. Il sentiero arrivava a lambire la spiaggia prima di tornare in cima alla scogliera. Ovviamente, nei tre minuti che siamo rimasti sulla sabbia, la Grande ha fatto in tempo a farsi travolgere da un'onda (qui le onde sono imprevedibili, enormi e traditrici - fare il bagno è impensabile) e ha dovuto proseguire il percorso indossando la maglietta del Papà, che le arrivava alle ginocchia e le dava un'aria tenera e ridicola. Le rocce davano uno spettacolo impressionante, tanto che ci torneremo domani mattina. Pernottiamo a 5 chilometri di distanza, in un campground, una specie di via di mezzo fra campeggio vero e proprio e area attrezzata. Servizi spartani ma curati, grande parco giochi proprio davanti al camper e canguri liberi in giro sul prato.
Oggi, finalmente, è arrivato un bel sole estivo.

questione di misure

Johanna Beach
È un problema di misure: gli australiani non hanno il nostro stesso senso delle dimensioni. Chiamano "città" i piccoli agglomerati persi nel nulla con un centinaio di abitanti, a cui noi non daremmo nemmeno la dignità di paesi. In compenso, questi agglomerati hanno di solito parchi giochi delle dimensioni di un ettaro e "piccoli market" che ci sembrano ipermercati. Al take away (dove però da qualche tempo mi rifiuto di andare), quella che per loro è "una porzione singola" basta e avanza per tutti e 4. Per non parlare delle "confezioni famiglia", sufficienti in realtà per un pranzo di nozze. Non è sempre facile capire le categorie australiane di "piccolo" e "grande".
Oggi, capitando nelle vicinanze di un maneggio, abbiamo chiesto se ci fossero dei pony per far divertire le bambine. Ci hanno risposto sì certo, possiamo fare un giretto coi pony. Forse avrei dovuto insospettirmi quando ho visto il gestore avvicinarsi alle bimbe con due veri caschi da cavallerizze. Ma mi sono seriamente preoccupata quando sono arrivati gli animali. Quelli che gli australiani chiamano "pony" (e che io intendevo come mini-mini-cavalli) sono in realtà dei cavalli veri e propri, forse appena un po' più piccoli. Le bambine, naturalmente, sono andate in visibilio. Io ero agitatissima nel vederle sulla cima di animali che mi parevano enormi, altissimi, decisamente fuori misura. Speravo che il giretto si concludesse nel recinto del maneggio, invece la Grande e la Piccola sono entrate a cavallo nel bosco. Sorridenti e fiduciose, hanno perfino cercato di spronare i cavalli, che per fortuna erano ben mansueti. Io incrociavo le dita e tremavo (ah, l'indole della chioccia italiana!), loro si sono godute la passeggiata, oltretutto in una cornice fantastica: Cape Otway, dove siamo stati oggi pomeriggio, è una zona densamente popolata di animali (di persone neanche l'ombra, ma questa in Australia è condizione comune). Ci sono canguri, wallaby, echidne e soprattutto koala. Il koala non è un animale particolarmente difficile da avvistare. Se ci si trova in una zona in cui è presente, è sufficiente alzare il naso per trovarne uno su ogni albero. A Cape Otway la loro presenza è addirittura infestante, tanto da costituire una minaccia per i boschi: i koala mangiano tutti i germogli e quindi gli alberi muoiono. In effetti, abbiamo notato intere zone di alberi secchi, come in un paesaggio lunare.
Questa notte dormiamo in un'area attrezzata molto grande, affacciata su una spiaggia che ha nome di donna; qui, un secolo e mezzo fa, ha fatto naufragio la nave Johanna, tradita dagli scogli affioranti. Parte dell'equipaggio, come in un film, è riuscita a trascinarsi fino alla riva, a nutrirsi di frutti di mare e ad arrivare a piedi, allo stremo delle forze, con l'aiuto degli aborigeni, alla città più vicina. Racconto la storia alle bambine, che rimangono affascinate. E intanto continuiamo ad aspettare il sole: anche oggi abbiamo avuto nuvole, pioggerella e freddo. Poveri australiani, che non conoscono l'estate!

venerdì 21 febbraio 2014

la pipì del koala

Apollo Bay
Fra i tormentoni della Famiglia in cammino, oltre alle canzoni di Jovanotti (che intoniamo di continuo) c'è sempre la scelta dell'animale australiano preferito. Oggi la Grande, mentre si insaponava sotto la doccia, ha pronunciato solennemente il suo verdetto: - I miei animali preferiti sono due, il koala e l'echidna, perché entrambi possono appallottolarsi. Mi piace la posizione appallottolata. È come abbracciarsi e coccolarsi.
L'echidna si appallottola quando si sente in pericolo. Il koala, in effetti, trascorre appallottolato la maggior parte della propria vita, dato che dorme quasi tutto il giorno. Ieri, a Kennett River, abbiamo contato decine di koala sugli alberi intorno a noi. Quasi tutti erano appallottolati e dormivano. I pochi svegli passavano da un ramo all'altro lentamente, cercando i germogli. Oppure si dedicavano ad attività molto pericolose, quali far pipì dalla cima dell'eucalipto. Uno non ci pensa, ma il tenero koala fa una pipì impressionante, e se non si sta attenti si rischia di essere colpiti. Così è capitato al povero giovanotto che si era messo proprio sotto al koala per fotografarlo, ed è stato drammaticamente investito dal getto. La cosa ha particolarmente affascinato le bambine: - Mamma - hanno detto estasiate - il koala fa la pipì come noi! - La Grande e la Piccola avrebbero voluto vedere anche la cacca del koala (battute e storielle su cacca e pipì suscitano di solito il massimo delle risate) ma, per fortuna nostra, non ne abbiamo avuto occasione.
Comunque in Australia la vicinanza della fauna comporta pure qualche preoccupazione: i pappagalli, per esempio, rubano pane e simili. Ieri abbiamo dovuto stare molto attenti al piatto di popcorn che avevamo messo sul tavolo per la festicciola della Grande, perché i pappagalli continuavano a svolazzarci intorno con sguardo attentatore. Le bambine hanno pensato di risolvere il problema mangiando al volo tutti i popcorn. I kookaburra, curiosi uccelli grassotti e dal becco largo, rubano carne e prosciutto e sono assidui frequentatori dei barbecue. Non temono nulla, nemmeno la piastra incandescente (qui i barbecue sono quasi tutti a piastra elettrica). Canguri e wallaby invadono le strade al crepuscolo, tanto che in alcune zone è sconsigliabile guidare di notte. Per non parlare dei tratti di spiaggia dove non si può entrare perché ci sono le uova delle tartarughe, o delle acque dove non si fa il bagno per gli squali e i coccodrilli.
Oggi siamo in un campeggio pubblico (cioè gestito dalla municipalità, con servizi di base - ma puliti - e prezzi calmierati) in un'altra famosa località di mare e di surf. Percorriamo la Great Ocean Road molto a rilento, un po' per godercela (i tornanti a picco sulle onde sono uno spettacolo) e un po' perché vorremmo dedicarci alla vita da spiaggia e quindi aspettiamo il sole: da qualche giorno il cielo è grigio, fa freddo e di bagni ne abbiamo fatti proprio pochi. A parte il Papà, che anche oggi, sfidando gli elementi (onde altissime e gran vento), ha affittato una tavola e si è lanciato in acqua, provando e riprovando a salire in piedi sul surf. Ma lui è un vero duro, e io non aspiro ad esserlo.

giovedì 20 febbraio 2014

sei anni

Kennett River
Oggi compi gli anni. Compi gli anni e hai voluto che cantassimo "Happy Birthday" in  inglese. Ma subito dopo hai osservato "fortuna che noi parliamo italiano".
Compi gli anni e hai voluto uno skateboard, come i bambini australiani. Ti sei lanciata su una pista e guarda un po', sai già stare in equilibrio.
Oggi compi gli anni. Lo so, avresti desiderato una festa con tutti i tuoi amici, come l'anno scorso. Lo so, anche se non l'hai detto. Il Papà ha trovato per te un bosco di eucalipti. Sopra gli eucalipti ci sono decine di koala e pappagalli. Sono stati loro i tuoi invitati di quest'anno, e hanno mangiato patatine e torta con noi. Ma l'anno prossimo avrai una vera festa, promesso.
Compi gli anni ed è un passaggio importante. È quasi ora di andare a scuola e sei entusiasta. Io a volte sono entusiasta con te. Ma solo a volte. Poi mi prende la paura che tu te ne vada. Che andare a scuola sia solo un altro passo lontano da me.
Compi gli anni e rivendichi la tua posizione di primogenita. E ti lamenti dell'esuberanza di tua sorella, che non ti lascia mai stare. Ma poi con lei sei dolcissima, e se la rimprovero sei la prima a difenderla.
Oggi compi gli anni, e fai amicizia con tutti i bambini che incontri, anche in Australia. Sfoderi il tuo miglior sorriso e guarda un po', parli in inglese.
Compi gli anni, e mi fai domande a cui non saprò mai rispondere. Hai sempre voglia di imparare, di capire. E hai preso da me l'ansia della perfezione, provi e riprovi finché non raggiungi il tuo scopo.
Hai sempre voglia di coccole, ma a volte non lo dici, come me. Compi gli anni e sei ancora abbastanza piccola da poterti prendere in braccio. Per fortuna.
Ami la poesia, citi Manzoni. Napoleone ti affascina e racconti i Promessi Sposi come una fiaba.
Quando sei nata era inverno e faceva un gran freddo. Qui è estate. Un'estate fresca e bizzarra, ma pur sempre estate, da maniche corte e nuotate al mare. Che strano.
Quando sei nata era notte, e c'era un'eclissi di luna, la luna rossa. Qui la luna ha una faccia diversa, la guardiamo e ci sembra sempre strana.
Oggi compi gli anni e li compio un po' anch'io. Nella mia vita c'è stato un "prima" e ora c'è un "dopo". Li separa quel giorno di sei anni fa.
Auguri, amore Grande.

mercoledì 19 febbraio 2014

il signore che spostava l'acqua

Big Hill - Lorne
La Great Ocean Road è una serie di tornanti a picco sul mare. Un mare affascinante e terribile: gli scogli affioranti disseminati ovunque rendono il panorama molto fotogenico, ma sono stati la sventura di tantissime barche. Famosa per il surf e le onde, la strada è piena di località turistiche. Nonostante la bella stagione, comunque, non c'è nessun affollamento: questo è periodo di scuola e quindi le famiglie sono in città a lavorare.
L'unico problema è che ci sono pochissimi campground, cioè le aree attrezzate, di solito diffuse, in cui spesso ci fermiamo (gratis o quasi) a dormire. Il nostro libro-guida-salvezza ne segnalava una a dieci chilometri dall'oceano, verso l'interno, e abbiamo approfittato dell'occasione. Ora siamo in un campgruond in mezzo al bosco. Abbiamo preso quota e l'aria è piuttosto fresca. Sembra di essere in un bosco di fate. Non ci sono luci e non si sente rumore, se non quello della pioggerella leggera sul tetto del camper.
Oggi giornata bizzarra: il clima australiano continua a stupirci. Ieri sole e 30 gradi tutto il giorno, oggi nuvole e massima intorno ai 19. Questo non ha impedito al coraggioso Papà di seguire la sua prima lezione di surf. Mentre lui si lanciava in improbabili movimenti sulle onde, nel tentativo di alzarsi in piedi sulla tavola, la Grande lo guardava estatica dalla riva. È bravissimo - diceva rapita - non è colpa sua se cade, è quell'altro signore che lo fa cadere, perché gli muove l'acqua sotto il surf...
Non credo che l'istruttore si dilettasse a spostare il mare sotto i piedi del Papà. Ma non ho avuto il coraggio di correggere la Grande.
La Piccola nel frattempo scavava sabbia con le mani, si riempiva le tasche di sassolini (la Piccola si riempie sempre le tasche di qualsiasi cosa. E io ieri ho dimenticato di svuotarle prima di avviare la lavatrice...) e tentava di buttarsi in mare vestita (lo ha visto fare - ahimè - ai bambini australiani). Tutto nello stesso momento. Mentre io, ormai in preda ad una crisi di nervi, cercavo di bloccarla, lei mi ha fatto un gran sorriso: Mamma - ha detto - lo sai che sei la più brava mamma di tutte?
Io, come al solito, mi sono sciolta. Lei ha ricominciato, con maggior lena, a riempirsi le tasche, scavare sabbia e correre vestita verso il mare.

martedì 18 febbraio 2014

a forma di o

Una delle ragioni che ci hanno spinto ad andarcene in Australia, ad andarcene per tre mesi, è stata l'idea di libertà. Il camper è angusto e spartano, ma ci porta ovunque, dove vogliamo e quando vogliamo. Possiamo fermarci in un campeggio pieno di servizi o in un'area di sosta a bordo strada. Possiamo portare il tavolino sulla spiaggia o chiuderci a mangiare dentro se piove. Abbiamo un frigo piuttosto grande (anche se regolarmente compriamo troppo e facciamo fatica a farci stare tutto), un forno a microonde, lavandino e fornelli. Abbiamo sempre con noi tutti i vestiti e le scarpe, quindi ci sentiamo autosufficienti in ogni momento. Le bambine si svegliano, si mettono le scarpe ed escono. Stanno fuori tutto il giorno, vanno e vengono dal parco giochi (c'è sempre un parco giochi vicino a dove ci fermiamo) e trascorrono l'intera giornata all'aperto, a rotolarsi, sporcarsi e senza televisione.
Tutto questo produce alcuni effetti distorti. Oggi, poiché la giornata è stata caldissima ma la sera faceva freddo, abbiamo deciso di cenare nella sala comune del campeggio. La Piccola si è incantata davanti al televisore acceso, come se avesse avuto una visione: - Ma è meravigliooooooso! Esclamava rapita. Le si è avvicinata la Grande, notoriamente incline alla teledipendenza. Sono rimaste imbambolate, con la bocca aperta a forma di o, di fronte alla pubblicità di un disincrostante...
Oggi giornata trascorsa in acqua. Al mattino le bambine hanno sguazzato nella piscina del campeggio: la Piccola, che ama nuotare ma odia il freddo, chiedeva da giorni di potersi buttare in una bella, riscaldata e calma piscina. Oggi ha fatto tuffi "a bomba", tuffi di pancia, tuffi "molto mortali": così dice quando si butta di testa. A seguire, bagno alla spiaggia di Torquay, insieme a decine di surfisti. La Grande e il Papà non hanno sfigurato, mentre io e la Piccola ci siamo accontentate di un tuffo rapido e senza velleità.
Nel carrello della nostra costosissima spesa sono comparsi festoni, fiaccole e candeline: si avvicina il compleanno della Grande, per la prima volta in estate.
- Mamma - mi ha detto oggi - il giorno in cui compirò gli anni sarà come un nuovo inizio. Ma tu non preoccuparti, sarò ancora una bambina...

lunedì 17 febbraio 2014

quello che non c'è

Torquay
Ci lasciamo alle spalle la selvaggia Tasmania, attraversiamo il traffico di Melbourne. Passiamo di nuovo a salutare l'amica di nonno L, di cui la Piccola è perdutamente innamorata. Ora siamo all'inizio della Great Ocean Road, una delle strade più famose d'Australia. Qui ci sono alcune località marine molto frequentate, soprattutto da surfisti, e il paese in cui abbiamo parcheggiato sembra molto trendy. Il tutto ci fa un effetto un po' strano, soprattutto perché siamo (felicemente) reduci da due settimane di spiagge solitarie, boschi delle fate e foreste pluviali.
Ormai siamo in viaggio da un mese. La Famiglia in cammino ogni tanto ha un vago sentimento di nostalgia, che ognuno catalizza su un oggetto preciso.
La Grande sente la mancanza dei suoi biscotti. Il risveglio per lei è sempre un passaggio piuttosto critico, da accompagnare con carezze e coccole, ed è anche un momento di vera fame (come del resto lo è per me). Da anni, per la Grande l'unica consolazione possibile, mentre ha ancora il pigiama e gli occhi aperti a metà, è una tazza di latte con i Pan di Stelle a bagno, a creare un unico pastone cioccolatoso. In Australia i Pan di Stelle non ci sono. La Grande ha trovato biscotti vagamente simili, che non mancano mai nella nostra spesa, ma ogni tanto, fra una cucchiaiata e l'altra, tira un sospiro: Però, i miei biscotti di casa...
A me manca la doccia. Non che qui non possa farla (anzi, in Australia le docce pubbliche, anche calde a gettone, sono molto diffuse. Oltre, ovviamente, a quelle dei campeggi). Ma mi manca la doccia di casa mia, con quel bel getto abbondante, bollente e soprattutto alto sopra la testa. Gli australiani, per motivi del tutto misteriosi, tendono a costruire docce basse, e quindi per sciacquarmi le lunghe chiome mi tocca piegare le ginocchia e abbassarmi. Il tutto può sembrare un problema risibile. Lo penserei anch'io, se avessi la mia doccia a disposizione... E invece la doccia a ginocchia piegate mi logora.
La Piccola è in una situazione particolare: lei è un carro armato, si butta di testa in ogni nuova avventura e ride di tutto, beffarda; però a 3 anni non è facile capire che i nonni, le bambole, gli amici sono molto lontani, e tuttavia esistono ancora. Quindi ogni tanto mi chiede se nella nostra "verissima casa" ci sia ancora il passeggino-giocattolo. Se ci siano ancora le costruzioni. Se sul letto (a proposito, il letto c'è?) la stia davvero aspettando la sua pecorella di peluche. E se la pecorella di peluche per caso non stia piangendo di nostalgia.
No, amore - rispondo io - la pecorella non piange, perché sa che tornerai presto da lei...
Il Papà non lascia trapelare alcuna nostalgia "mirata" come le nostre. Non per niente  la guida riconosciuta del viaggio è lui.

domenica 16 febbraio 2014

ebbrezza da figlio unico

Melbourne
La Famiglia in cammino, con l'immaginazione che la contraddistingue, pensava al ritorno in Australia come ad una crociera. La Grande era certa di potersi finalmente godere il cinema di bordo, piacere che due settimane fa le era stato rovinato dal mal di mare.
La Piccola sognava di andare al ristorante, a mangiare chissà quali golosità, e stare per ore intere nella stanza dei giochi, oltre che, naturalmente al cinema. Il Papà voleva trascorrere la giornata (9 ore di viaggio) a ricaricare cellulari, macchine fotografiche e apparecchi vari, leggendo nel frattempo la Lonely Planet per programmare le prossime settimane. Io speravo semplicemente che la famiglia stesse bene, e di potermi finalmente rilassare senza reggere sulle mie sole spalle il peso dei congiunti che vomitano.
Fantastiche idee che si sono scontrate con l'amara realtà: il mare, pur essendo meno agitato dell'altro giorno, ha comunque regalato emozioni; la Grande ha iniziato a star male poco dopo la partenza. In quei casi, si sa, l'unico sostegno di qualche efficacia sono le coccole materne, e quindi sono stata impegnata con lei in braccio, passandole un apposito sacchetto dietro l'altro, praticamente da subito.
Tuttavia, memore dell'altra volta, ho adottato la tecnica di farla stendere sul divanetto e dormicchiare. Il Papà, in condizioni simili (pur non ridotto male come l'altra volta) è stato ben contento di farle compagnia e la Piccola, a quel punto, è stata padrona della scena. Lei, del resto, il mal di mare non sa proprio cosa sia. Mollati i due quarti della Famiglia nell'angolino-divano, io e la Piccola abbiamo fatto lunghi giri della nave, tenendoci romanticamente per mano. Abbiamo rosicchiato untissime patatine guardando "Bee Movie" e ridendo sulle stesse battute. Abbiamo bevuto succo d'arancia; e si sa, mangiare patatine e bere succo, per di più nello stesso giorno, è una trasgressione non da poco, soprattutto se condivisa con la rigidissima madre. Ma il top l'abbiamo raggiunto quando, da una  giovane animatrice per bambini, ci siamo fatte disegnare la stessa farfalla rosa sull'avambraccio. Siamo uguali, mamma! ha esclamato lei tutta fiera. Per qualche ora la Piccola ha gustato l'ebbrezza della figlia unica, e non le è parso vero. Mi sono chiesta se la condizione ideale non sia quella del figlio unico, che non deve dividere nulla e ha i genitori sempre per sé. Mentre me lo chiedevo, però, si è svegliata la Grande. Si sono messe a disegnare insieme. Hanno partecipato ad un laboratorio per bambini, creando due spille identiche. Hanno chiesto alla giovane animatrice di avere loro due lo stesso disegno sulla mano. E mentre consideravo di nuovo la questione del figlio unico, la nave è entrata in porto a Melbourne. Tutto sommato il viaggio è andato meglio dell'altra volta.

sabato 15 febbraio 2014

bye bye Tassie

Devonport (Tasmania)
Salutiamo la Tasmania. Dormiamo su una spiaggia, nelle vicinanze del porto da cui partiremo domani mattina presto, di nuovo per l'Australia, dove arriveremo la sera. Salutiamo la Tasmania e ci viene un po' di nostalgia. Forse è perché sappiamo che qui non torneremo mai, è troppo lontano dalla nostra "verissima casa". A meno di non trasferirci a Melbourne. Vedremo, ma intanto ce ne andiamo.
In Tasmania abbiamo visto una natura ancora lussureggiante e spettacolare. Siamo stati da soli su spiagge lunghe e bianchissime. Il Papà e la Grande hanno sempre fatto il bagno, sfidando le temperature e le onde: li accomuna la recente passione per il surf. Io e la Piccola, invece, siamo accomunate dalla scarsa resistenza al freddo, e quindi il più delle volte siamo rimaste sulla sabbia.
Abbiamo visto grandi foreste pluviali, verdi e umide, ed enormi cascate. Questa mattina siamo stati a vedere le St. Columba Falls, un precipizio d'acqua di 90 metri che non si ferma mai, nemmeno adesso che è estate. Nei 30 secondi che abbiamo avuto a disposizione, prima che la Piccola iniziasse a correre in giro, rischiando di farsi male e costringendoci alla fuga, siamo rimasti impressionati.
Abbiamo visto moltissimi animali, tanti dei quali vicinissimi e in libertà. Wallaby, echidne, kookaburra. E c'è stata, per la Grande e per me, l'indimenticabile serata dei pinguini.
Abbiamo avuto la sensazione che la Tasmania abbia una propria identità, diversa e complementare rispetto a quella dell'Australia. In Tasmania ci sono, per esempio, ottimi e tipici prodotti gastronomici: ostriche cicciotte e saporite (ma quelle speriamo di trovarle anche in Australia), vino rosso (che costa un'enormità, ma è un piacere) e formaggi prodotti con metodi tradizionali. Questa mattina siamo stati a visitare una fabbrica di formaggio che basa la propria qualità sulla felicità delle mucche, a cui sono garantiti pascoli abbondanti e sistema di mungitura rispettoso. I metodi della lavorazione sono gli stessi da 100 anni, e la bambine sono andate in visibilio con gli assaggi.
In Tasmania abbiamo conosciuto anche la terribile storia di Truganini, che non cessa di colpirci, poi le assurde atrocità del carcere di Port Arthur, dove erano esiliati dei poveracci colpevoli di aver rubato un paio di scarpe. E qui erano maltrattati, usati come manodopera a bassissimo costo.
Pochi giorni fa ci siamo persi nel caleidoscopio del Salamanca Market di Hobart, abbiamo sperimentato l'arte contemporanea al Museum of Old and New Art. Spettacolare.
Adesso, qui accanto, un gruppo di ragazzi suona musica reggae. Salutiamo la Tasmania, che gli Australiani chiamano Tassie, e ci viene un po' di nostalgia. Ma forse è solo paura del traghetto: se il mare sarà mosso, come all'andata, e la Grande e il Papà staranno male, come all'andata, mi aspetta una traversata faticosa...

selvagge

St.Columba Falls (Tasmania)
La Grande e la Piccola hanno l'animo del cantastorie. Tutti i loro giochi sono rappresentazioni. La Grande immagina e fantastica e ricorda e racconta. La Piccola immagina e racconta e costruisce. La Piccola sviluppa intere fattorie, città e foreste: il tutto sempre in orizzontale. Non fa torri, ma occupa ettari di prato. Insieme raccontano, costruiscono e occupano intere aree di gioco con le loro creazioni.
Qui in Australia non hanno giocattoli. Non ne hanno molti nemmeno nella nostra "verissima casa", ma qui c'è un problema di spazio, non possiamo riempire il camper di pupazzetti e quindi si arrangiano con quello che c'è. Hanno un peluche a testa e una piccola busta di animali di plastica. Ma hanno anche distese di sabbia, rametti, conchiglie.
Pochi giorni fa, la pittrice che abbiamo conosciuto a Burnie ha regalato loro due vecchi contenitori di colori, subito trasformati in secchielli. Oggi, sulla spiaggia, hanno passato ore a costruire un castello enorme, decorandolo poi con conchiglie (e, ahimè, orride piume di gabbiano).
Hanno i pennarelli: li abbiamo portati perché ognuna di loro possa fare un disegno al giorno, sulla propria agenda, ricordando il viaggio. Ma i pennarelli, secondo l'estro, possono anche formare grandi recinti per gli animali.
Hanno a disposizione decine di parchi giochi: tra le meraviglie dell'Australia c'è il fatto che si trovano aree per bambini ovunque, anche in mezzo al nulla, e quindi la Grande e la Piccola hanno il privilegio di dilettarsi, più volte al giorno, in acrobazie sempre più pericolose, sotto lo sguardo terrorizzato, e spesso fra le urla isteriche, della povera madre-chioccia italiana (gli australiani, naturalmente, mollano senza problemi bimbi piccolissimi, lasciandoli a penzolare pericolosamente dallo scivolo o a gettarsi vestiti nelle fontane; il fatto strano è che tutti i bambini australiani sopravvivono in allegria).
Oggi dormiamo in mezzo al bosco, sotto alle cascate più alte della Tasmania. Andremo a vederle da vicino domani, appena alzati, ma intanto sentiamo il rumore dell'acqua. Mentre il Papà preparava le uova per la cena (e io leggevo l'immenso Guerra e Pace), la Grande e la Piccola hanno raccolto rametti, foglie, pigne e sassi. Hanno costruito per terra un enorme collage: l'albero, il recinto, le nuvole e la pioggia.
Tutto molto poetico, ma le nostre bambine sono sempre luride: hanno i vestiti sempre pieni di sabbia, le mani nere, i visi pure. Per quanti sforzi io faccia, mettendole sotto la doccia ogni volta che posso, loro dimostrano un'incredibile capacità di accumulare tonnellate di sporcizia in pochi secondi. E hanno i pantaloni bucati, le scarpe strappate e scollate. Fortuna che siamo lontani dalla nostra "verissima casa" e nessuno può riconoscere queste due piccole selvagge...

venerdì 14 febbraio 2014

pinguini-fata

Bicheno (Tasmania)
Da tipica neo-mamma, terrorizzata dalla propria inadeguatezza, anni fa ho fatto indigestione di manuali di pedagogia, cura del bambino, storie di bambini. Alla fine non ne potevo più, ed ero ancora terrorizzata. Poi ho opportunamente dimenticato tutto quello che avevo letto, salvo riflettere su alcuni spunti di buon senso. Del resto, me l'aveva detto anche la maestra dell'asilo nido: bisogna cercare di creare momenti esclusivi. I fratelli non devono stare sempre insieme per forza. A casa il problema di dovermi sdoppiare è insormontabile, ma in viaggio a volte si riesce.
Ieri, lasciata la Piccola al Papà, con licenza di vedere tutto "Bee Movie" e bere bibita gassata in libertà (la Piccola, quindi, era ben contenta), ho proposto alla Grande una passeggiata da sole. Ci siamo messe scarpe e felpa pesante (la sera rinfresca sempre parecchio, soprattutto sul mare) e siamo partite. Lei si è messa in marcia di buona lena. Prima, per cena, ci eravamo divisi in 4 una pizza margherita, neanche tanto male, presa in un take away qui vicino: la nostalgia della pizza ogni tanto è più forte di noi.
Io e la Grande siamo andate a vedere i pinguini in una spiaggia qui vicino. Bicheno è il miglior posto, in tutta la Tasmania, dove osservare i pinguini minori, detti anche "fairy penguins", cioè "pinguini-fata". In effetti questi animali hanno tutto l'aspetto delle fate, piccoli e graziosi come sono. Non superano il mezzo metto di lunghezza, hanno andatura ondeggiante e piumaggio blu. Il tour per vederli, organizzato da privati, è in collaborazione con la riserva faunistica, e quindi la prima ferrea regola è non disturbare gli animali, che dopo il tramonto emergono dal mare puntuali per dar da mangiare ai piccoli nei nidi.
Quindi niente macchine fotografiche, parlare poco e a bassa voce, non fare movimenti bruschi davanti ai pinguini. Se vogliono passarvi addosso - ammoniva la guida, con aria da mastino - lasciateli fare senza muovervi. Non strisciate i piedi per terra. Non ridete.
La passeggiata partiva dalla spiaggia, nel punto in cui i pinguini emergono al tramonto, e attraversava una vasta zona di nidi. Ogni nido era ad un passo da noi. Vedevamo arrivare gli adulti, sentivamo i pulcini chiamare, dovevamo perfino stare attente a non urtare gli animali. Ne abbiamo visti decine, vicinissimi, tanto da poterli toccare (se fosse stato permesso toccarli...). Piccoli di poche settimane che aspettavano affamati i genitori. Mamme e papà che si affannavano a raggiungere i nidi. La Grande, l'unica bambina del gruppo, era in visibilio. Si è goduta il momento in cui emergevano dal mare. Ha scovato nidi sotto i cespugli. È rimasta immobile, tremante-sorridente, mentre un fairy penguin le passava sui piedi. Si è riempita le mani di piume cadute. Si è lanciata in una specie di "caccia al tesoro" trovando e indicando, in preda all'eccitazione, pinguini grandi, pinguini piccoli, coppie di pinguini. - Mamma - mi ha detto - sono così emozionata che potrei piangere...
La Grande guardava i pinguini; io vedevo solo la mia bambina, per una volta tutta mia, che bisbigliava, sorrideva, aveva gli occhi lucidi di stanchezza, ed era felice.

giovedì 13 febbraio 2014

delle pene

Mayfield Bay (Tasmania)
Il Papà, nonostante fosse gravemente ammalato, è stato tenuto ai lavori forzati. La Piccola è stata condannata "perché dava il cattivo esempio" agli altri bambini, la Grande punita per aver perso le sue scarpe durante la detenzione: ha dovuto trascorrere due settimane a pane secco e acqua. Ma quello che ha spaventato più di tutto le bambine è stato sapere che, dopo numerose tentate evasioni, io sono stata uccisa con un colpo alla schiena mentre scappavo per l'ennesima volta dal carcere.
Gli australiani si confermano amanti dell'effetto "ricostruzione-carosello" e quindi la visita al sito storico di Port Arthur, penitenziario famoso per i terribili trattamenti dei detenuti, inizia con l'associazione di ogni visitatore ad un prigioniero. Prima dell'ingresso vero e proprio, si attraversa un labirinto di stanze con le sagome di questi prigionieri e gli sfondi dei loro ambienti di vita e di lavoro. Il tutto mi fa un po'  sorridere, ma le bambine sono vivamente impressionate, perfettamente calate nella parte. La Piccola posa orgogliosa davanti alla sagoma del "suo" condannato, la Grande mi chiede di continuo come si possa punire un ragazzino per aver perso le scarpe. Aggiungo che, pochi giorni fa, lei ha davvero perso una scarpa, poi fortunatamente ritrovata.
Ripeto più volte che non è vero che mi hanno sparato alla schiena, è tutta una finzione, come una fiaba. Rassicuro la Grande solo dopo lunghi minuti, e finalmente ci dirigiamo al complesso principale, quello del carcere vero e proprio; a Port Arthur ci sono anche ospedali, celle di rigore, alloggi per gli ufficiali e chiese: è praticamente una cittadina. Dal punto di vista architettonico, il complesso è di una bellezza stupefacente. Ma è meglio non pensare alle sofferenze atroci di chi si trovava qui, magari solo per aver rubato qualche portafogli in Inghilterra. Saliamo sulla barca che ci mostra il sito dal mare, poi torniamo sulla terraferma. Ha smesso di piovigginare, la giornata è calda. A un certo punto la Grande mi guarda con aria molto seria, disapprovando un mio sorriso: - Mamma - dice - qui non c'è niente da ridere. Le prigioni non sono posti allegri. Non dovrebbero proprio esistere.
- Sono d'accordo. Ma senza prigioni come si farebbe?
- Non lo so. Non mi viene in mente. Comunque bisognerebbe tenere la gente in prigione per poco tempo, e non per tutta la vita. Soprattutto, bisognerebbe aver cura dei carcerati, dar loro da mangiare cose buone, come pasta al pomodoro o pizza, e non pane e acqua. Non è che perché uno ha sbagliato, allora lo si può trattar male...

martedì 11 febbraio 2014

la beccata dell'emù

Nubeena (Tasmania)
Lo so, lo so, la caccia fotografica nei parchi faunistici non ha molto senso, o comunque non dà la stessa emozione di riprendere l'animale in libertà. Lo so che accarezzare i canguri in una zona dedicata non ha lo stesso sapore che vederne un gruppo, da lontano, a passeggio in mezzo all'erba alta. Questo, però, è il punto di vista dell'adulto.
Il punto di vista della Grande e della Piccola è ben diverso: per loro qualsiasi cosa ha senso, ed è reale, solo se si può toccare. E non di sfuggita, ma toccare per bene, soffermarsi, sporcarsi, e possibilmente puzzare di selvatico. Oggi, quindi, abbiamo deciso di regalare alle bambine un pomeriggio al parco faunistico di Bonorong, un centro di conservazione delle specie autoctone (una specie di pronto soccorso-riabilitazione per animali) che si trova vicino ad Hobart. Ed è scoppiata la felicità. La Grande e la Piccola si sono trovate in mezzo ad un gruppo di canguri, che non aspettavano altro se non mangiare dalle loro mani. Le nostre ragazze non sapevano più dove voltarsi, e il cibo non bastava mai. C'erano canguri di ogni dimensione, grandi, piccoli, medi, un piccolissimo ancora nel marsupio della madre. C'erano grandissimi emù, che beccavano forte dalle manine, tanto che la Piccola si è spaventata e si è allontanata. Si è allontanata anche la Grande, ma poi è tornata più volte. Altissimo e con lo sguardo un po' allucinato, l'emù l'ha conquistata. C'erano i koala, che si potevano accarezzare, ma solo uno era sveglio, perché il koala, beato lui, trascorre 20 ore al giorno dormendo. C'erano lucertole dalla lingua blu, diavoli della Tasmania che si contendevano un gran pezzo di carne. Ma i diavoli della Tasmania tendono a mordere, non si potevano prendere in braccio o toccare. C'era un cucciolo di vombato rimasto orfano, che se ne stava in braccio all'operatrice, convinto che fosse la sua mamma. A Bonorong gli animali vengono tenuti finché non sono in grado di affrontare di nuovo la libertà. Il piccolo vombato, ci spiegavano, verrà riportato nel suo ambiente quando avrà 18 mesi. Un piccolo gufo, invece, rimasto cieco da un occhio dopo un investimento, non potrà più lasciare la gabbia, non sarebbe in grado di trovare da solo il cibo. C'erano poi wallaby, echidne, pappagalli. Le bambine li hanno toccati tutti. Alla fine del giro, io pensavo che avrei voluto lavar loro le mani con la candeggina. Pensavo che questi animali sono affascinanti, ma vederli in libertà, come già ci è capitato spesso, è un'emozione speciale. Poi ho guardato le bambine, sporche per essersi rotolate per terra insieme ai cangurini, con le mani unte per le leccate del koala e le beccate dell'emù. Le bambine che ridevano e si abbracciavano ed erano eccitate come non mai. E ovviamente puzzavano di selvatico, ma andava bene così.
In serata, cena davanti al tramonto e grande scorpacciata di ciliegie "a chilometri zero". In febbraio non ci era mai capitato.

truganini

Adventure Bay - Bruny Island (Tasmania)
Quando ci arriviamo, dopo i danni spaventosi della tempesta di ieri, Bruny Island è un luogo-fantasma. Gli edifici hanno avuto molti danni (tant'è che quasi tutte le attività commerciali sono chiuse, mentre i proprietari tentano di rimettere a posto) e in tutta l'isola non c'è energia elettrica. Salutiamo il suo ritorno solo a sera inoltrata, ma intanto non abbiamo potuto lavare, lavarci, ricaricare il telefono, tirare l'acqua in bagno. L'atmosfera spettrale è amplificata dal cielo ancora grigio, dal vento sempre forte, dal freddo; ci saranno dieci gradi. Più le raffiche. Ma in Tasmania, pare, condizioni climatiche simili sono abbastanza normali, anche in piena estate.
Peraltro il ritorno ad uno stato di natura, al freddo e senza le comodità dell'energia elettrica, è abbastanza in linea con il luogo. Bruny Island è selvaggia, poco abitata, ed è un'isola nell'isola: qui ci sono animali diversi che nel resto la Tasmania e dell'Australia. Ci sono wallaby bianchi, ma non ne vediamo. Vediamo, invece, moltissime echidne, che hanno meno spine e più pelo rispetto a quelle australiane.
Bruny Island è interessante anche dal punto di vista storico: qui viveva la tribù di Truganini, la leggendaria ultima "vera" aborigena australiana. Racconto la sua storia alla Grande e alla Piccola, omettendo i particolari più cruenti. Nonostante il massacro della sua famiglia, Truganini si era illusa che coloni e nativi potessero convivere pacificamente. Aveva cercato di favorire un accordo, prima di rendersi conto che le promesse erano solo bugie, e quindi ribellarsi.
Un po' perché la storia mi affascina, un po' per verificare che la Grande abbia capito, riprendo l'argomento a cena.
- Grande... Ti ricordi la storia di Truganini?
- Certo, mamma. È come quella di Pocahontas.
- Ah. E cioè?
- Gli aborigeni vivevano tranquillamente qui. Poi siamo arrivati noi... Non intendo proprio noi 4, perché noi non c'eravamo. Intendo... Siamo arrivati noi dell'Europa, abbiamo detto che questa era la nostra terra, e l'abbiamo rubata agli aborigeni. Li abbiamo anche cacciati via. E non è stata una cosa bella, perché invece la terra era loro. Però si poteva forse stare insieme, se chiedevamo il permesso e se ce lo davano, perché tanto noi siamo uguali... Cioè, non proprio uguali, perché ci vestiamo in maniera diversa, ma a parte i vestiti siamo proprio uguali... Mamma?
- Dimmi.
- Se incontriamo un aborigeno, possiamo chiedergli scusa?
- Mah... Mi pare un po' difficile...
- Ah. E allora... Se incontriamo un australiano, possiamo dirgli che deve chiedere scusa agli aborigeni?


domenica 9 febbraio 2014

ballo interrotto

Gordon (Tasmania)
Peccato che ci abbia sorpresi l'uragano. Un vero uragano, con raffiche fortissime (tanto da scuotere il camper e impedire la marcia), decine di alberi sradicati e schiaffi d'acqua da ogni lato.
Peccato davvero, perché quando è scoppiato, verso l'ora di pranzo, eravamo sul prato del M.O.N.A. Di Hobart, a ballare musica balcanica di una band multicolore, con un gruppo di sconosciuti, dopo uno spuntino sdraiati per terra. Ma tant'è, siamo stati costretti a correre immediatamente ai ripari, chiudendoci nel nostro guscio a 4 ruote mentre fuori si scatenava il finimondo.
Avevamo appena concluso la visita al Museum of Old ad New Art (appunto M.O.N.A.), una struttura stupefacente, donata alla città da un miliardario forse un po' eccentrico, ma certamente filantropo. Il museo, disposto su 3 piani, ospita una collezione permanente di opere soprattutto contemporanee (di antico ci sono solo alcuni pezzi egizi), soprattutto di artisti locali. La mostra temporanea di questi giorni è dedicata all'inconscio e agli incubi, con una serie di installazioni che sono piaciute molto anche alla Grande e alla Piccola, perché a tutte le opere ci si può avvicinare, molte si possono toccare o si può "entrarci". In alcuni casi le bambine sono "entrate" nell'installazione tanto a lungo che sembravano farne parte. E infatti numerosi visitatori hanno fatto lavorare le macchine fotografiche, mentre io e il Papà non ce la sentivamo di allontanare la prole dal gusto dell'arte (e dai vari cuscini, divani, scalette e corridoi). Bella esperienza, comunque. Il museo ha anche un grande giardino, dove i visitatori, sazi di cultura, si possono stravaccare ascoltando musica, dormicchiando e ballando. Attività a cui ci siamo prontamente dedicati, non fosse stato per il maledetto uragano.
Passata la tempesta (che tra l'altro ha fatto orrendamente calare le temperature) ci siamo rimessi in viaggio e ora siamo a Gordon, in un'area di sosta gratuita ma servita. Una delle meraviglie, per chi viaggia in Australia, è avere a disposizione tantissime aree verdi dove campeggiare gratis o quasi. I servizi sono molto basic, ma ci sono: qui, ad esempio, abbiamo tavolini, un parco giochi e bagni decenti. Oltre ad una piazzola super-fronte-mare: da qui all'acqua ci saranno 5 metri. Siamo stati accolti da uno stormo di gabbiani oceanici; e gli alberi qui fuori sono pieni di opossum.

sabato 8 febbraio 2014

mushroom e alice

Hobart (Tasmania)
Il Salamanca Market, che si tiene ogni sabato nell'omonima piazza di Hobart, è un immenso ritrovo di artigiani, artisti, suonatori di strada e hippy vecchia maniera; è un luogo in cui perdersi. Per questo ho il terrore che la Grande e la Piccola si perdano in mezzo alla confusione, e le tengo per mano senza mollarle un attimo. Per fortuna loro capiscono bene il pericolo, e fanno in modo di attaccarsi ai miei pantaloni (a rischio di tirarli giù, ma va bene lo stesso) ogni volta che devo lasciar loro le mani per qualche secondo.
Compriamo e mangiamo enormi ciliegie biologiche, ovviamente sporcandoci senza ritegno. Ci fermiamo ad ascoltare un ragazzo altissimo, dall'aspetto vichingo, che suona musica aborigena. Assaggiamo formaggio e cioccolato. Dietro un angolo nascosto vediamo una ragazza dagli occhi a mandorla che sta disegnando, seduta per terra. Ha un buffo cappello, eccentrici pantaloni a fiori e dice di chiamarsi Mushroom. Viene da Taiwan e ha la passione del fumetto. Sogna di pubblicare un libro con i suoi disegni, e intanto guadagna qualcosa lavorando per strada in cambio di libere offerte. Noi abbiamo appena saputo che la Grande è stata ammessa alla scuola elementare che volevamo. A settembre entrerà nel mondo meraviglioso della scuola, lo stesso da cui io non sono mai più uscita. Chiediamo a Mushroom di disegnare il primo giorno di scuola della Grande. Lei sorride e comincia a lavorare. Disegna la Grande così come la vede oggi, abbronzata e con un largo cappello rosso. Alle sue spalle traccia un edificio su cui sventola la bandiera australiana. Non sarà esattamente così, ma il disegno ci piace molto.
Proseguiamo il nostro giro. La Grande e la Piccola si fanno dipingere il viso di farfalle rosa e blu. Ci stendiamo su un prato a riposare, mangiamo il gelato seduti sul cassone di un camion (sempre con grande sofferenza di tutte le magliette) e poco più avanti incontriamo Alice. Alice ha la mia età ed è bellissima. È un'artista: scrive reportage di viaggio (il che ce la rende subito simpatica) e libri per bambini. Confeziona ciondoli in legno antico della Tasmania.
Alice ha scoperto di essere gay a 6 anni. Ha tenuto il segreto per più di vent'anni, temendo di non essere più accettata nell'ambiente molto religioso in cui è cresciuta. Ha riflettuto e sofferto. Poi ha detto tutto ai suoi genitori, e loro hanno accolto la notizia con un abbraccio. Alice ha raccontato la sua pena e la sua gioia in un libro per bambini: si intitola "Labels are gay". Me ne innamoro all'istante. Lo compro, chiedendo ad Alice una dedica per la Grande e la Piccola.
La Famiglia in cammino si butta sull'erba e legge il libro di Alice, un po' in italiano e un po' in inglese. Le bambine amano il libro, non hanno nessuna perplessità. Intorno a noi Salamanca Square continua a sciamare. E io spero che le mie figlie non abbiano mai, mai, mai paura di essere se stesse.

venerdì 7 febbraio 2014

aspetto il treno

Hamilton (Tasmania)
Finalmente abbiamo visto da vicino l'echidna. Per la verità rischiavamo che l'incontro finisse in tragedia, visto che l'incauto animaletto ha attraversato la strada a poca distanza dal nostro camper; ma invece siamo riusciti a dare la precedenza all'echidna (come insistentemente prescritto dai cartelli stradali), ad accostare e guardare con calma, per la gioia della Grande.
Attraversiamo la Tasmania in direzione di Hobart. Questa notte, per fortuna, nessun poliziotto è arrivato a farci sgombrare, e in mattinata a Strahan abbiamo attraversato una piccola jungla fino alle cascate Hogarth. La Piccola non aveva troppa voglia di camminare, ma lo spettacolo dell'acqua l'ha rimessa in forze. Più tardi, attraversando l'interno, ci siamo fermati nella zona di Frenchman's Cap. Il fascino di questa maestosa montagna, oltre che nell'ambiente incontaminato (in questo gli australiani sono maniaci: estirpano, per esempio, le piante non autoctone), sta proprio nel nome: "il cappello del francese" è il modo in cui la chiamavano i galeotti evasi dal Macquarie Harbour, che la usavano per regolarsi sulla direzione da prendere; era per loro il simbolo della libertà, come la Rivoluzione Francese. Abbiamo letto storie incredibili di evasioni rocambolesche, spesso finite con la morte per fame dei fuggitivi. La Tasmania era una colonia penale paurosa. Noi ci siamo limitati a percorrere il primo tratto di sentiero verso il Cap, fino ad un ponte tibetano sospeso su un fiume: ovviamente la Grande e la Piccola si sono divertite moltissimo ad attraversarlo, tenendosi alle corde e sentendolo dondolare sotto i piedini. In serata, passeggiata sulle rive di Lake St Clair. Ma il top della giornata è stata la sosta a Queenstown, un centro minerario che conserva una stazione storica. Per noi europei il concetto di "storico" degli australiani è un po' ridicolo, e la stazione ferroviaria di fine Ottocento, completamente restaurata e tirata a lucido, sembrava un carosello; mi faceva un po' l'effetto del trenino di Gardaland. Non così per le bambine, che sono rimaste a bocca aperta davanti al trenino a vapore, alle rotaie e al personale (dal macchinista agli addetti alle pulizie) tutto in costume d'epoca. Mentre la Piccola, per una volta silenziosa, si avvicinava alla sagoma di un passeggero impettito, la Grande ha sentenziato: - Aspetto il treno.
- E dove vuoi andare?
- Da Don Rodrigo, al lazzaretto.
La Grande adora Manzoni. Ma forse dovrei parlargliene un po' meno.

so chi sono

Strahan (Tasmania)
La Grande (con espressione soddisfatta) - Finalmente so chi sono!
La madre (un po' interdetta): - Ah,  sì?
- Sì. Sono un wallaby.
- Ah. E perché?
- Perché i wallaby sono teneri, sono grandi ma sembrano cuccioli. Quindi un po' grandi e un po' cuccioli...
Da qualche giorno, segretamente gelosa del soprannome della Piccola (il "vombatino") la Grande cercava un animale in cui identificarsi. Il canguro doveva sembrarle troppo banale, o troppo imponente (molti di quelli che abbiamo visto erano decisamente più alti di lei). Finalmente, dopo la passeggiata di ieri, vedendo musetti di wallaby spuntare da ogni cespuglio, ha trovato il suo alter ego selvatico. Così adesso andiamo in giro per l'Australia con un minuscolo camper, un vombato e un wallaby. Ci manca solo la camicia di forza, poi siamo a posto.
Oggi altra giornata di panorami mozzafiato. Siamo stati a vedere una delle icone della Tasmania: Cradle Mountain, una montagna dalla cresta frastagliata, che si riflette in un lago blu. L'accesso alla zona, nell'omonimo parco, era vietato ai camper, quindi siamo saliti fino alle pendici del monte col pulmino, cosa che le bambine hanno trovato sommamente eccitante, molto più del paesaggio. Siamo stati oltretutto fortunatissimi col tempo: la guida dice che intorno a Cradle Mountain splende il sole in media solo un giorno ogni dieci, e oggi il sole c'era. In serata, discesa verso Strahan e la sua spettacolare laguna. Prima di arrivare al paese c'è una vasta area di dune di sabbia, come in un deserto. Il sito ha un fascino particolare, anche perché è stato abitato per migliaia di anni dagli aborigeni (ci piacerebbe saperne di più sulla cultura aborigena. Peraltro la Tasmania è il luogo in cui i nativi, i primi australiani, sono stati trattati nella maniera più crudele). Volevamo fermarci vicino alle dune per la notte, ma l'unica area possibile, a meno di non andarsi ad insabbiare, confinava con una pineta ed era piena di zanzare. Improponibile. Ora abbiamo trovato un piccolo posteggio proprio sulla riva della laguna, ma non abbiamo capito se qui sia permesso stare a dormire oppure no (su questo le forze dell'ordine australiane sono sempre inflessibili, ma di solito i cartelli di divieto sono chiari, e qui non ne abbiamo visti). Speriamo che nessuno ci venga a svegliare di notte.

mercoledì 5 febbraio 2014

noi e loro

Abbiamo prenotato il camper dall'Italia, con l'unico criterio del massimo risparmio. Paghiamo 80 dollari al giorno, il che non è male, ma il mezzo è proprio... Essenziale. Il pesantissimo asse del tavolo interno, per esempio, serve anche per il letto mio e del Papà. Sia l'opzione "tavolo da pranzo" sia l'opzione "letto" comportano l'occupazione dell'intera cabina. Quindi dobbiamo scegliere, in sostanza, se tenere il letto, tenere il tavolo o muoverci, magari per aprire l'armadietto delle mutande.
Il camper è piuttosto snello e non molto più ingombrante di una monovolume, ma non abbiamo il bagno, il frigo è piccolo, la dispensa minuscola.
A volte (soprattutto in giornate come oggi, in Tasmania, quando fa troppo freddo per mangiare all'esterno) ci sentiamo un po' claustrofobici. Soprattutto se gettiamo uno sguardo ai potenti equipaggiamenti degli australiani. Gli australiani hanno camper di 10 metri (alcuni sembrano piccoli autobus riadattati) e roulotte che non finiscono mai. Soprattutto, gli australiani si portano appresso l'impossibile. Tutto quello che potremmo avere in una villa non fa un decimo di ciò che l'australiano medio tira fuori dalla roulotte. Tutti hanno barbecue portatili, e ciò si capisce meglio considerando che cominciano a friggere uova e bacon al mattino e non si fermano fino a sera. Hanno luminarie di Natale a forma di renna. Ogni ragazzino (ma adesso, a scuola iniziata, di ragazzini se ne vedono meno) ha una bicicletta, uno skateboard, un monopattino, un surf. Le famiglie portano con sé televisori da 32 pollici, antenne paraboliche, corredi da cricket. Le nostre bambine hanno ricevuto l'altro ieri palette e secchielli, e già ci sembra che il camper sia troppo ingombro. Noi abbiamo 4 sedie pieghevoli, gli australiani tirano fuori il divano. Noi abbiamo mute e braccioli, gli australiani si portano le canoe. Abbiamo poche mollette per stendere: ogni volta mi devo ingegnare. La madre di famiglia australiana tira fuori, sorridendo, lo stendino. Noi abbiamo 4 bicchieri che continuiamo a lavare. La coppia australiana mette a tavola (di solito un vero tavolo, non un cosino pieghevole come il nostro) bicchiere per l'acqua, bicchiere per vino, birra con apposito fodero refrigerante, calice per champagne. Potrei andare avanti, ma mi fermo perché la claustrofobia sta subentrando.
Oggi volevamo fare un'escursione in barca (su un'isola qui vicino ci sono le otarie orsine) ma il vento troppo forte ha impedito alla barca di partire. Abbiamo cercato di consolarci visitando l'acquario di Stanley, dove le bambine hanno potuto toccare paguri grandi come il pugno di un uomo, e poi dando la scalata alla collina che domina l'istmo, dove abbiamo incontrato molti wallaby, che sembrano canguri, ma più piccoli.
La sera, poiché non potevamo mangiare all'aperto, ma non volevamo chiuderci nel camper, abbiamo cenato nel salone-cucina del campeggio. Gli australiani avevano una montagna di braciole accompagnate da birra e whisky. La famiglia cinese ha preparato un pentolone gigante di pannocchie bollite e mangiava riso e carne coi bastoncini. La famiglia russa pasteggiava accompagnando con mega-tazze di tè caldo. La Famiglia in cammino, colta da irrefrenabile italica nostalgia, aveva spaghetti al pomodoro.

martedì 4 febbraio 2014

si vede la luna

Stanley (Tasmania)
Gli australiani avranno pure i loro difetti, ma con noi si sono sempre dimostrati gentilissimi. Si avvicinano, sorridono, chiacchierano. Purtroppo chiacchierano sempre velocemente e con un forte accento, quindi a volte li capiamo a fatica, ma va benone lo stesso. Questa mattina siamo stati al centro per l'artigianato di Burnie. Si tratta di un grande padiglione moderno, dove numerosi creativi locali hanno il proprio angolo per lavorare ed esporre. La lavorazione più caratteristica è quella della carta, ma ci sono anche vetro, legno, formaggio (ottimo quest'ultimo). Mentre ci aggiravamo fra gli stand tentando di tener basso il volume della Piccola (cosa che non ci riusciva bene), probabilmente impietosita dal nostro aspetto eternamente spaesato, un'anziana pittrice ci ha dato, così, spontaneamente, molte indicazioni: dove comprare verdura e frutta a buon prezzo (un capannone lungo la strada dove mai ci saremmo fermati - tutto ottimo ma i kiwi venivano dall'Italia, e questo ci ha fatto sorridere), dove trovare il supermercato più economico, in che spiaggia andare a fare il bagno. Si trattava effettivamente di una località magnifica. Io però, data la temperatura dell'acqua, ho lasciato che solo la Grande e il Papà si avventurassero fra le onde, e per pochi minuti. Stavano in acqua in allegria molte famiglie locali, ma ormai si è capito che gli australiani hanno concetti di freddo e caldo non sempre coincidenti con i nostri. La pittrice di Burnie ha scritto, sul retro di uno schizzo, molti altri consigli che riguardano le tappe future del nostro giro in Tasmania, e non vediamo l'ora di sperimentarli. Meglio di un'agenzia.
Stasera ci siamo concessi un vero campeggio; siamo su un promontorio con caratteristica montagna dalla forma mozza (lo chiamano "the neck", il collo), affacciati su una meravigliosa baia. Lavatrice, cena con bisteccona (ormai mangiamo come gli australiani, il che non è sempre positivo: la mia battaglia contro il fish-and-chips, per esempio, si fa sempre più difficile) e uno sguardo al cielo; è tutto stellato e, salvo il freddo, fa ben sperare per domani. Per la prima volta, da quando siamo in Australia, si vede una falce di luna.

lunedì 3 febbraio 2014

il passo del pinguino

Burnie (Tasmania)
La Famiglia in cammino, per sua natura, non ha mai un facile approccio ai mezzi motorizzati. La Famiglia in cammino sbaglia i Terminal all'aeroporto e rischia di perdere l'aereo, mette il carburante sbagliato nel camper e rimane a piedi, e così via. L'approccio alla navigazione, sulla nave Spirit of Tasmania, non è stato da meno. Il mare era mosso solo un po', ma tanto è bastato per mettere rapidamente fuori combattimento il Papà e la Grande. Appena la nave ha iniziato a ballare, la Grande ha assunto un'espressione smarrita. Oltre ad un pallore piuttosto indicativo. In tutti gli angoli della nave sono comparsi appositi sacchetti da vomito, di cui abbiamo fatto larghissimo uso. Per fortuna non era previsto un sovrapprezzo calcolato a sacchetto, altrimenti saremmo rovinati. C'è da dire che la Grande ha affrontato il tutto con adulta dignità e solo una volta si è lasciata sfuggire, con un filo di voce: - Ma io non ci voglio più andare, in Tasmania! Si può scendere?
Nel frattempo, anche il Papà dichiarava la sconfitta, e si piazzava su una poltroncina, con viso abbassato e occhi chiusi, per cercare di affrontare il malessere. Dalla Piccola, nessun segno di disagio. Ecco uno dei momenti in cui si coglie il ruolo chiave della madre di famiglia, perché ho dovuto contemporaneamente coccolare la Grande (spaventatissima, convinta di essere ammalata e molto bisognosa di abbracci), contenere la Piccola (che sapientemente approfittava della mia distrazione per darsi alla pazza gioia) e tenere d'occhio i nostri zaini, visto che il Papà stava ad occhi chiusi. Considerando che il viaggio è durato 9 ore, si può capire come la giornata non sia stata facile. Abbiamo ovviamente saltato il pranzo, e quindi siamo sbarcati in Tasmania con una fame feroce e il frigo vuoto (qui è vietato portare qualsiasi tipo di cibo fresco, anche dall'Australia). Il tutto ha creato qualche complicazione. Oltre al fatto che la Tasmania è ventosa e fredda, e quindi siamo passati dal caldo torrido di Melbourne ad una specie di autunno inoltrato. Ieri in canottiera, oggi in pile e giacca a vento. Ma abbiamo comunque avuto una piccola soddisfazione: a Burnie, accompagnati da una volontaria del Centro di osservazione, abbiamo visto i pinguini minori tornare ai nidi dopo la giornata di pesca. Su molte spiagge della Tasmania (e anche in Australia, ma soprattutto sulle isole al largo della costa, non sempre raggiungibili facilmente) nidificano colonie di pinguini. I pinguini minori sono alti circa 50 cm e molto abitudinari: ogni sera, al crepuscolo, escono dal mare e si avventurano verso la scogliera per dar da mangiare ai piccoli. Oggi il loro arrivo era previsto alle 21.20. E alle 21.20, puntualissimo, abbiamo visto arrivare il primo (seguito poi da altri), col tipico incedere dondolante. Per la verità, la serata non è stata fortunata: i pinguini da vedere erano pochi, e il vento fortissimo faceva sì che si avvicinassero molto lentamente. Ma la Grande ha preso questo evento come fosse dedicato a lei: - Il pinguino è il mio contrassegno a scuola materna! - ha commentato, distrutta ma felice, mentre la aiutavo ad infilarsi nel sacco a pelo.

domenica 2 febbraio 2014

aspettando la nave

Melbourne
Abbiamo parcheggiato il camper lungo la spiaggia di Melbourne, nelle vicinanze del porto, in modo da essere pronti, domani mattina presto, all'imbarco per la Tasmania. Adesso è notte, fa caldissimo (mai sentito un caldo del genere da quando siamo in Australia! Soprattutto, mai a quest'ora) e c'è ancora gente che fa il bagno. Noi il nostro bagno l'abbiamo avuto questa mattina, prima di salutare, con un po' di malinconia, il Wilsons Promontory. Oggi abbiamo visitato la spettacolare Squeaky Beach, circondata di enormi massi rossi (caratteristici di tutto il parco) e con una particolare sabbia bianca che dava uno strano rumore sotto i piedi (Squeaky Beach significa appunto "spiaggia scricchiolante").
Nel pomeriggio siamo arrivati a Melbourne. Qui vive un'amica di vecchia data del nonno L, che siamo andati a trovare in un sobborgo della periferia cittadina. La chiacchierata con lei è stata interessante, soprattutto perché ha un po' abbattuto il mito australiano che ci stavamo costruendo. A detta di chi ci vive, qui non tutto è perfetto, democratico ed evoluto come ci era parso. Abbiamo parlato di canguri e vombati, di università e di aborigeni. Dopo un primo momento di timidezza, le bambine si sono letteralmente buttate sulla malcapitata con pericolosi slanci di affetto. La Piccola, soprattutto, ha preso fin troppa confidenza, di quella confidenza che mette in imbarazzo le madri, ma che per la Piccola è rara: ha chiesto di essere presa in braccio, ha pianto quando le abbiamo detto che dovevamo andarcene. Dopo, con calma, mentre percorrevamo le strade di Melbourne alla ricerca di un posto per la notte, le ho chiesto come mai si fosse affezionata così tanto: - Mamma - mi ha risposto - io le volevo troooooppo bene! Ci ha offerto del succo si frutta, ci ha fatto vedere un cartone animato sul tablet, parlava italiano! E poi somigliava tanto alla nonna A! Io le volevo troooooppo bene!

sabato 1 febbraio 2014

uragano e zucchero

La Piccola è fondamentale per la riuscita delle nostre giornate. Nella Famiglia, beninteso, non c'è un componente più importante degli altri. Ma c'è, senza dubbio, un componente dall'umore più variabile degli altri. La Grande è saggia, riflessiva ed affidabile. La Piccola è volubile, lunatica ed energica: sempre e comunque un'incognita. Da due giorni, colpita dai numerosi "Teddy bear " che ha visto, lei si fa chiamare "vombatino". Noi stiamo al gioco volentieri, anche perché ci pare che questo cucciolone selvatico, morbido e dal pelo ispido le somigli proprio.
Per goderci la natura selvaggia del parco (siamo sempre al Wilsons Promotory, che prevediamo di lasciare domani) abbiamo approfittato dei numerosi sentieri naturalistici, che corrono nei boschi o vicino ai fiumi. Questa mattina, bellissima passeggiata di un chilometro e mezzo lungo il fiume, a contemplare rocce rosse e cercare uccelli (i mammiferi, di giorno e con questo grande caldo, non escono). La Grande e la Piccola si sono tenute per mano, hanno fatto insieme castelli di sabbia lungo le rive, e insomma sono state adorabili per tutto il percorso. Nel tardo pomeriggio, altra passeggiata nella pianura, fra cespugli, erba alta e alberi bassi: abbiamo visto moltissimi canguri, uccelli e un vombato. Vedere gli animali nel loro ambiente naturale è emozionante. Anche in questo caso le bimbe sono state collaborative e coinvolte, nonostante fosse sera e avessero sulle spalle tutta la giornata. Visto il ritmo con cui camminava, uno potrebbe dire che anche la Piccola è pronta per lunghe passeggiate in montagna, ma dirlo sarebbe un azzardo: ieri avevamo scelto un percorso di 6 chilometri nel bosco. La Piccola è arrivata fino in fondo con le sue gambe, certo, ma sempre gridando, sempre gridando, senza sosta. Né l'ambiente fiabesco, né le storie del Papà sono servite a placare le sue urla, corredate di moccolo al naso: - Voglio andare al caaaaamper! Voglio andare al caaaaamper!
I pochi altri escursionisti che abbiamo incontrato sorridevano educati e fuggivano imbarazzati. Ambiente fantastico, certo, ma fatica doppia per tutti.
La Piccola è così: un giorno zucchero, il giorno dopo uragano.