venerdì 31 gennaio 2014

il bacio del vombato

Tidal River
Ci siamo fermati una notte in un posto completamente selvaggio, a Ninety Miles Beach, una spiaggia incredibile lunga davvero 90 miglia (cioè circa 150 chilometri!) e completamente deserta. Purtroppo, proprio lì abbiamo conosciuto le famigerate mosche australiane, che ci hanno un po' rovinato la tappa. La Piccola, per esempio, ha avuto una crisi isterica. Peccato.
Ora siamo nel cuore del Wilsons Promotory National Park, in una zona camping gestita dall'ente pubblico, abbastanza a buon prezzo e vicina ad una spiaggia immensa. È uno dei parchi naturalistici più famosi d'Australia, e infatti qui le regole sul rispetto ambientale sono particolarmente severe. Ci sono cartelli che raccomandano di lavarsi prima di fare il bagno nell'oceano o nei corsi d'acqua, ed è proibito dar da mangiare agli animali. Confesso che non siamo stati proprio ligi alla regola (come ignorare lo sguardo speranzoso di una povera rosella affamata?), ma il divieto risulta un po' frustrante per le bambine, soprattutto per la Grande, perché qui di fauna ce n'è moltissima. Ci sono, per esempio, molte specie di uccelli: gabbiani oceanici, kookaburra, pappagalli di ogni colore; ci sono i mammiferi marsupiali, che si aggirano soprattutto nelle ore notturne. Dovrebbero esserci anche gli emù, ma al momento non siamo riusciti a vederli. In questi giorni siamo impegnati con la scelta dell'animale australiano preferito, e questa presenza così abbondante ci confonde le idee. La Grande, che ha preso questa classifica molto sul serio, sospende il proprio giudizio fino all'incontro, previsto per i prossimi giorni, con il koala. Canguri, uccelli  e opossum non le bastano. Andando a lavarci i denti, però (e prima, di sfuggita, durante la cena), abbiamo avuto un incontro speciale: una specie di orsetto si aggirava mansueto per il parcheggio, dondolando sulle quattro zampe e annusando il terreno. Le bambine si sono avvicinate, lo hanno accarezzato gongolanti, si sono stupite per il suo pelo ispido e hanno cercato di abbracciarlo (ci sarebbero pure riuscite, se la loro pavida madre non me avesse bloccate). L'orsacchiotto era in realtà un vombato. Per nulla infastidito dal nostro entusiasmo, il vombato ha continuato ad annusare il terreno, salvo fermarsi qualche secondo per ciucciare alla Grande le mani, che forse odoravano ancora della cena. La Piccola lo ha ribattezzato "bombato", non so se per personali problemi di pronuncia o per la forma, decisamente rotondetta, di questa specie di Teddy bear. La Grande, toccando sconosciute vette di entusiasmo, ha esclamato: - Mamma, il vombato mi ha dato dei bacini sulle mani! 
Non abbiamo ancora conosciuto il koala, ma il vombato ha ottime possibilità di finire in cima alla classifica.

giovedì 30 gennaio 2014

vero, verissimo

Ninety Miles Beach
La Grande ha un modo particolare di chiamare "mamma" quando deve fare una domanda scomoda. In quei casi, prima ancora di sentire cosa vuole chiedermi, io comincio a sudare freddo. Lei dice "mamma" e io sudo freddo.
Oggi ho sentito quel "mamma" provenire dal fondo del camper, mentre filavamo sulla corsia di sinistra, che a noi sembra sempre quella sbagliata.
- Mamma?
Sudo freddo.
- Mamma?
- Sì, amore?
- Stiamo per trasferirci in Australia?
Lo sapevo che dovevamo stare attenti. Mannaggia, ha sentito i nostri discorsi. In questi giorni io e il Papà abbiamo fantasticato spesso di venire a vivere qui. Pochi giorni fa, alla mia amica T che mi poneva la stessa domanda, avevo risposto decisa: - No, mai.
Eppure ci stiamo lasciando affascinare. Sarà che l'Australia è un Paese civile. Un Paese fiero delle proprie ricchezze, e rispettoso. In Australia la gente ti chiede come va, e pare davvero interessata alla risposta. L'altro giorno, mentre avevamo il camper in panne, tante persone si sono avvicinate per dare una mano. In Australia tutto è pulitissimo. Non ci si sente oppressi dalla mania dell'ordine, semplicemente tutto è ordinato. Non si trova una cartaccia per terra nemmeno a cercarla. Non ci sono abusi edilizi, non abbiamo mai visto ecomostri incompiuti. Il rispetto per l'ambiente è sacro. Soprattutto, si ha la sensazione che questa sia ancora una terra piena di entusiasmo e opportunità. Alle vetrine spesso sono appesi cartelli "staff needed". In Italia si cerca affannosamente lavoro, spesso senza speranza di trovarlo. Qui esiste ancora la ricerca di personale, di lavoratori, di gente che abbia voglia. Le mie figlie hanno davvero un futuro in Italia? Non farei meglio a portarmele via? A portarle in Australia?
Tutto il ragionamento mi sembra troppo complicato per la Grande, e cerco una risposta evasiva:
- Mah, amore... Trasferirsi non è così facile... Dovremmo informarci...
- Se ci trasferiamo, potrò comunque vedere i nonni  ogni tanto?
- Amore, al momento il problema non si pone... Comunque sì, i nonni li vedrai in ogni caso.
- Allora va bene. Sono pronta. Quando veniamo a vivere in Australia?
- Scusa, ma cosa ti piace così tanto dell'Australia? Se vivessimo qui non saremmo sempre in vacanza come ora. Dovresti comunque andare a scuola. Mamma e papà dovrebbero andare a lavorare. Non potresti fare surf tutti i giorni. Non sarebbe nemmeno sempre estate.
- Lo so.
- E allora perché vorresti trasferirti?
- Perché qui posso dare da mangiare ai pappagalli. I pappagalli sono rossi, verdi e bianchi. In Italia vedo sempre i soliti uccellini. 
A questo punto la Piccola non è più riuscita a trattenersi. Ha interrotto la discussione con la solita grazia da caterpillar, ha dato un pizzicotto alla Grande e ha proclamato: - Ma voi scherzate! Io voglio tornare nel nostro vero, verissimo mondo!

martedì 28 gennaio 2014

quando sarò più grande

Mallacoota
L'Australia è un Paese senza storia, eppure (o forse proprio per questo) gli australiani ci sembrano dei maniaci della storia. Oggi, a Eden, abbiamo visto indicato come sito "storico" uno spiazzo erboso in cui nell'Ottocento si teneva il mercato della frutta. C'erano perfino i nomi di tutti i venditori. A noi italiani, che come muoviamo un passo inciampiamo in un reperto archeologico, la cosa può far sorridere, eppure tutta questa mania di conservazione ha anche dei risvolti interessanti: oggi abbiamo visitato ben due musei. Il primo era sulla caccia alle balene: nel primo Novecento, su queste coste, esisteva un gruppo di orche addestrate, come cani da caccia, per aiutare i balenieri nella caccia (oggi però, era scritto a chiare lettere - l'Australia è una nazione contro la caccia alle balene. Anche la Famiglia in cammino, aggiungo io, è decisamente anti-caccia alle balene). Il secondo museo è stato la gioia delle bambine. L'oggetto era la fauna marina della costa, e tutto il padiglione era fatto per essere... toccato. La Grande e la Piccola hanno preso in mano granchi vivi, conchiglie, molluschi, anemoni. La Piccola ha perfino superato la sua storica paura dei granchi. A seguire, pic-nic in una gigantesca area attrezzata (qui è tutto gigantesco, perché hanno spazio da vendere, e si vede) e pomeriggio sulle onde. La spiaggia sarà stata lunga 5 km ed era tutta per noi. La Piccola ha definitivamente deciso che il surf non fa per lei. Oggi, sulla spiaggia, mentre la Grande e il Papà facevano acrobazie:
- Mamma - ha detto la Piccola - queste onde non sono per bimbi...
Io: - Amore, non esistono onde per bimbi, però, se non vuoi più provare, puoi stare qui con me.
- Non voglio più provare finché non sarò grande, anzi... Grandissima!
- Grande come mamma e papà?
- No, ancora più grande!
- Grande come i nonni?
- No, ancora più grande. Non voglio provare finché non avrò... Finché non avrò... 4 anni!
Ha tirato un sospiro di sollievo, come se avesse archiviato una pratica noiosa. E poi ha iniziato a strepitare perché non avevo portato niente da mangiare.
La Piccola ha un suo concetto del tempo, che a me, evidentemente, non è dato capire.

lunedì 27 gennaio 2014

questo mondo

Eden
La Famiglia in Cammino oggi ha avuto un unico argomento di conversazione: il surf. La Grande è riuscita a provarlo. Ha femminilmente blandito il Papà (il quale è un bersaglio notoriamente facile), si è fatta comparare una tavola, e si è lanciata fra le onde gelide. Qui, peraltro, la tavola da surf è comunissima, come da noi le biciclette al parco. E gli australiani, date anche le caratteristiche del loro mare (sempre molto freddo e perennemente mosso) hanno con la spiaggia un approccio diversissimo dal nostro. Non esistono ombrelloni, sdraio, lettini. Non esiste il mio tipico approccio alla spiaggia. Ma ci sono mute, tavole, muscoli scattanti dai 4 anni (età in cui più o meno vengono equipaggiati i bambini) in poi. Quindi oggi anche noi ci siamo adeguati ai costumi locali e la Grande ha sfidato le onde, ne è stata inghiottita ma ne è uscita vittoriosa e sorridente. Ha già chiesto quando potrà surfare in piedi, perché oggi stava ovviamente distesa sulla pancia. Il Papà, completamente contagiato dall'entusiasmo della primogenita, prima l'ha accompagnata sulle onde, poi, mentre la Grande asciugava sulla sabbia, ha indossato a sua volta la muta e si è dedicato a perfezionare la tecnica. A cena, i due discutevano di inclinazione della tavola e distribuzione del peso. Molto più distaccate eravamo io e la Piccola: lei, dopo un paio di tentativi, ha deciso che Non è un divertimento adatto per i piccoli. Riproverò se troveremo una spiaggia con onde "per bambini".
Anch'io, senza molto successo, mi sono lanciata. Per la verità avrei voluto tenermi alla larga, ma è stata proprio la Grande a convincermi: Mamma - ha detto - tu non provi?
- No, amore, l'acqua è troppo fredda.
- Fai male. Mamma, provaci, perché il surf nel nostro mondo non c'è. È una delle cose nuove di questo mondo. 

domenica 26 gennaio 2014

Australia Day

Merimbula
Siamo qui da una settimana e già ho ceduto le armi: questa sera abbiamo cenato con fish-and-chips. Il Papà, che ne aveva parlato per settimane, ha trovato una piccola gastronomia frequentata da gente del posto e ha piazzato l'acquisto. Per fortuna, e solo in extremis, sono riuscita a evitare che la Famiglia consumasse il fish-and-chips con le mani, sarebbe stato davvero troppo. A me la cena non ha dato particolare soddisfazione, ma la Grande e la Piccola hanno spazzolato porzioni invereconde, leccandosi a seguire le dita (e passandole sulla mia maglietta). È stata la degna conclusione dell'Australia Day, che ricorda l'arrivo della First Fleet il 26 gennaio 1788 e segna il compleanno dell'Australia. Il clima di festa si sentiva già ieri sera. Nel campeggio semplice (ma con pazzesco panorama sull'oceano) in cui ci siamo fermati, i bambini accendevano fiaccole, mentre gli adulti ci davano sotto con i barbecue. Per non essere da meno, e sentirci partecipi della festa generale, ci siamo muniti di bandierine australiane (in vendita ad ogni angolo di strada, insieme ad ogni tipo di gadget a tema), che le bambine hanno sventolato senza sosta tutto il giorno. Veramente non so se abbiano capito bene il senso del tutto, perché sventolando cantavano: Auguri di buon Natale! Auguri di buon Natale! Ma hanno, per lo meno, colto un po' di atmosfera di festa. Una festa controversa, pare di capire, perché passando abbiamo visto anche dei ritrovi delle comunità aborigene con grandi scritte "Survival Day", il Giorno della Sopravvivenza.
Oggi ci siamo svegliati con calma e abbiamo fatto il bagno in oceano (la Grande non fa che parlare di quanto vorrebbe un surf), poi abbiamo iniziato a scendere lungo la costa. I parchi e le riserve naturali sono letteralmente uno dietro l'altro. La strada attraversa lingue di terra, isolette e ponti. Si vedono centinaia di gabbiani (voracissimi! Bisogna stare attenti, altrimenti rubano il cibo), pellicani, pappagalli e - sorpresa di oggi - cigni neri.
Ora siamo fermi in un'area attrezzata a due passi da una spiaggia magnifica. Andiamo a letto col rumore, fortissimo, delle onde d'oceano.

sabato 25 gennaio 2014

mattinata al parco

Dalmeny
Questa mattina la Grande e la Piccola sono state felicissime. Ho detto loro, dopo colazione, che saremmo rimaste al parco giochi per tutto il tempo che avrebbero voluto. Bisogna sapere che qui in Australia i servizi "on the road" sono incredibili: parchi molto grandi, tavoli, panchine, barbecue e bagni puliti spuntano ad ogni angolo di strada. Gli atti di vandalismo sono semi-sconosciuti, e quindi tutto questo è gratuitamente a disposizione del visitatore. Oggi, quindi, io le bambine siamo rimaste al parco dalle 9 all'una. Tempo ne avevamo, del resto, perché il Papà era dal meccanico con il camper: ieri sera, all'uscita dalla stazione di servizio, il motore ha tossicchiato e si è fermato. In un attimo, gelati di terrore, abbiamo realizzato di aver fatto un bel pieno di gasolio su un motore a benzina. Il punto è che il nostro camper è piccolino nel suo genere, ma è comunque un grosso veicolo. La cilindrata, scritta in grande sul retro, è 2.4. Un furgone del genere in Europa va a gasolio, punto e basta. Quindi, felici e contenti e senza farci scomode domande, abbiamo messo nel serbatoio 40 litri di diesel. Poco importa se sullo sportellino del serbatoio campeggiava in bella evidenza la scritta "petrol" (che vuol dire, appunto, benzina). Eravamo talmente convinti che dovesse andare a gasolio, che non abbiamo visto nemmeno l'indicazione. Ci siamo rivolti al gestore della stazione di servizio, il quale ha avuto la delicatezza di non darci degli idioti e anzi ha gentilmente chiamato mezza città per trovare un meccanico. Ma il fatto è successo ieri, intorno alle 17.30, e quindi tutte le officine erano chiuse. Non abbiamo potuto far altro che dormire a bordo strada, lì dove il camper si era accasciato, e aspettare il mattino. Oggi abbiamo fatto trainare il camper fin dal meccanico (non il più vicino, purtroppo, ma l'unico aperto il sabato mattina), il quale per fortuna ha rimediato nel giro di qualche ora, assicurandoci che il motore non rimarrà compromesso. Lo scherzetto ci è costato 200 dollari, il che, considerando che tendiamo a risparmiare perfino sulla spesa alimentare, non è proprio il massimo. Ma la cosa peggiore è stata sentirci due sprovveduti.
Al parco, questa mattina, mentre il Papà era in officina, le bambine ridevano come matte sull'altalena, sullo scivolo, sulla teleferica. Felici che il contrattempo regalasse loro qualche ora. Io stavo distesa nell'erba e pensavo ad un giorno di tanti anni fa, quando lo stesso incidente capitò ai miei genitori, con una Regata 1.3 carica per un viaggio. Pensavo alla gioia di noi bambini nel salire, insieme all'auto, sul ponte del meccanico. La stessa gioia delle mie figlie oggi: Mamma - diceva la Grande - ma che meraviglia, un'intera mattinata al parco!
Risolto finalmente il problema, siamo scesi lungo la costa. Ora siamo fermi in un piccolo e spartano campeggio, a picco su una spiaggia pazzesca. Intorno a noi, gli australiani accendono fuochi e fiaccole, e si preparano a passare la notte in bianco, per festeggiare il compleanno del loro Paese.

venerdì 24 gennaio 2014

cielo d'Australia

Moruya
L'estate australiana è piuttosto bizzarra. Da quando siamo qui abbiamo preso molta pioggia e molto vento. Vento e pioggia che non scherzano: la temperatura può scendere, in un attimo, anche di venti gradi, e poi rialzarsi degli stessi venti gradi nel giro di un'ora. Questo mi crea qualche problema, visto che a trenta gradi noi italiani stiamo in canottiera, ma a quindici (e sotto l'acquazzone) ci mettiamo la giacca a vento. Tengo a portata di mano capi di vestiario per 3-4 stagioni diverse, e cambio  la Grande e la Piccola di continuo. Il cielo capriccioso non è necessariamente un male, visto che nell'unica giornata di vero sole che abbiamo avuto fino ad oggi, avventuratici per un paio d'ore in riva all'oceano, ci siamo arrostiti come gamberi. La Piccola, per esempio, ha i polpacci (l'unico punto in cui avevo scordato di spalmare la crema fattore 50) di un bel rosso fiammante. Il sole qui è particolarmente implacabile, lo avevo letto più volte, ma ora ne ho le prove. Gli australiani, peraltro, vivono il tutto con molta naturalezza, e infatti girano in canottiera tutto il giorno, che ci siano 40 gradi o 15. La pioggia arriva, inzuppa e smette in pochi minuti; ritmi da cielo irlandese, almeno per il nostro immaginario, ma anche a questo le famiglie locali sembrano non far caso: più volte abbiamo visto mamme australiane spingere in allegria i loro figli in altalena sotto uno scroscio torrenziale. Oggi, alla vista dell'arcobaleno, passate le nuvole, anche noi siamo usciti dal camper per andare al parco. Naturalmente ho vietato alla Grande e alla Piccola di salire sullo scivolo fradicio. Non così le mamme australiane, che si sorridevano fra loro e lasciavano che i pargoli si bagnassero completamente i pantaloni. Inoltre, forse per risolvere il problema delle scarpe bagnate, qui molta gente ne fa a meno: anche nelle cittadine, anche sotto la pioggia, non è raro vedere la gente passeggiare a piedi nudi. Il tutto mi fa molta invidia, in effetti, visto che io asciugo, lavo e cambio varie volte al giorno, mentre i locali sembrano molto più sciolti e rilassati, sotto il sole e sotto la pioggia. Il Papà dice che dovremmo solo imparare da loro. È vero, ma non so se ne sarò capace.

giovedì 23 gennaio 2014

paccaballi

La Piccola usa in scioltezza i congiuntivi, ma ogni tanto inciampa nel participio ("Chi ha aprito la porta?"). Costruisce frasi complesse, ma qualche volta si perde su una sciocchezza ("Mamma, questo cos'è per fare?"). Oggi, circondata di uccelli di un verde brillante, che le mordevano le manine e davano la scalata alla sua schiena, ha esclamato felice: "Mamma, guarda i paccaballi! Mamma, un paccaballo mi sta facendo il nido in testa! Evviva!". Non ho avuto la forza di correggere in pappagalli. Anche perché il concetto era reale: uno di loro stava rovistando col becco nei capelli della Piccola, mentre tutti gli altri, decine di altri, si contendevano i semini nelle sue mani. Io, che con gli animali (specie pennuti) non ho un grande feeling, non ero proprio a mio agio nel vedere le mie preziose creature trasformate in trespoli per uccelli esotici. Ma poi ho pensato che i bambini, fra le altre cose, sono facilmente lavabili. Mi sono concentrata sul pensiero della doccia e ho lasciato che loro si godessero il momento. Qui, peraltro, i momenti-wildlife non mancano, tra canguri, paccaballi e tutto il resto.
Un'altra giornata di campeggio, e ormai siamo quasi nuovi, nel senso che abbiamo smesso di aggirarci con espressione da zombie, prede di una gran voglia di andare a dormire, e siamo quasi pronti per iniziare il nostro grande viaggio. Ci stiamo anche uniformando alle abitudini locali, e abbiamo sperimentato il tipico pranzo australiano all'aperto: mega-bisteccona alla griglia, divisa per 4. I supermercati sono molto cari (il pane, tanto per dirne una, va sui 10-11 dollari al chilo), ma la carne, di cui pare ci sia largo consumo, è a buon prezzo. Temevamo che le bambine, non essendo troppo abituate a mangiarne (a casa preferisco dar loro il pesce), non gradissero. Timori allegramente svaniti al secondo boccone: io e il Papà abbiamo dovuto ridurre le nostre porzioni...
PS: Ci siamo lanciati in un nuovo esperimento: si chiama CanguroTv. Il Papà monta brevi filmati delle nostre avventure, come un piccolo telegiornale. Chi volesse vedere può andare su YouTube e cercare la Famiglia in Cammino. La nostra foto-logo è quella coi piedi intorno alla conchiglia. Bisogna però ricordarsi di selezionare la voce "mondo" dal menu in basso, perché YouTube "vede" che i video arrivano dall'Australia!

mercoledì 22 gennaio 2014

l'abbraccio del canguro

Lake Conjola
I nostri viaggi sono sempre itineranti e improvvisati. Ma questa volta, per smaltire fuso orario e traversata, abbiamo prenotato un campeggio dall'Italia, dove trascorriamo i primi tre giorni. Poi, ovviamente, andremo all'avventura. L'impatto è subito stupefacente. Enormi spazi verdi, alberi immensi (del resto, appena usciti da Sydney, guidando il camper pericolosamente a sinistra, abbiamo avuto l'impressione di essere in mezzo alla natura) e moltissimi animali. Avevamo immaginato di poter vedere una gazza ogni tanto, come succede da noi, e invece qui ci sono moltissimi uccelli diversi, quasi tutti canterini (il che non sempre è un bene) è disposti ad avvicinarsi. La Grande, che da sempre adora gli animali (mentre alla Piccola interessano il giusto) è letteralmente in visibilio. Ci sono, fra l'altro, pappagalli verdi piuttosto grossi che mangiano dalle mani dei bambini senza temere (anzi, forse quelli da temere sono i pappagalli, viste le unghie). Tra ieri e oggi la nostra missione è stata attirare stormi di pappagalli urlanti fino alla nostra piazzola. Il vicino di piazzola, per fortuna, al momento non si lamenta. Mentre la Grande si dedicava alla fauna, la Piccola ha trascorso momenti di euforia sul tappeto per saltare, che qui nei campeggi è piuttosto comune. Le famose venti ore di volo non sono bastate a fiaccarla: appena arrivata, la Piccola ha iniziato a saltare come una forsennata per ore. Io avevo difficoltà a sorvegliarla, perché non riuscivo nemmeno a stare in piedi.
Il campeggio, che si trova sulle rive di un lago (ma non abbiamo ancora osato il bagno, perché l'acqua è... freddina) ospita anche decine di canguri. Pure questi si lasciano avvicinare facilmente. La Grande non sa più dove voltarsi. Si arma di biscotto, di erba o di nulla, e si avventura ad accarezzare dove capita. I canguri hanno uno strano modo di saltare l'uno addosso all'altro, come per abbracciarsi. Non capiamo bene se in effetti si abbraccino o facciano a botte, ma dopo che un canguro è saltato in quel modo addosso alla Grande sorridente, abbiamo deciso che proprio di abbraccio si tratta. È stata la nostra accoglienza qui.
La Piccola salta, imperterrita ed energica, sul tappeto elastico. Ha appena deciso che è molto fortunata ad essere nata umana perché - dice seria - i canguri, con quella enorme coda e senza culetto, non possono salire in altalena... Mi sembra che il ragionamento abbia una falla, ma sono ancora troppo stanca per trovarla. La Grande si volta felice verso di me: Mamma - esclama - l'Australia è fantastica! Io pensavo che fosse desertata, invece è... Nel bosco!

martedì 21 gennaio 2014

partenze

Una delle mie prime preoccupazioni (se non altro perché era, in ordine di tempo, la prima cosa di cui avrei dovuto preoccuparmi) era il volo. Treno fino a Milano, partenza in serata, sei ore con arrivo nella notte a Dubai (dove però è mattina), nuovo decollo in mattinata, 14 ore di volo (ovviamente pigiati in Classe economica) e atterraggio a Sydney di nuovo al mattino (la sera italiana). 24 ore tra un aereo e l'altro, e in più il mostruoso cambiamento del fuso orario (10 ore di differenza).  Nei giorni prima del grande volo, ragionavo sui tempi della mia prima crisi isterica.
Alla partenza da Trento la Grande e la Piccola sono eccitatissime. Salutano i nonni con ampi cenni e chiedono loro di venire. Avvertono lo sbalzo di temperatura (il treno è caldissimo) e cominciano a colare dai nasini. Vogliono giocare a carte, a dama, vedere un film sul tablet, tutto nello stesso momento.
Alla partenza da Milano la Piccola, storicamente appassionata di tecnologia, è estasiata: ogni sedile ha uno schermo con telecomando. In tre secondi, mentre noi proviamo a staccare i nostri (senza riuscirci) dal supporto, lei lo ha già attivato e sta guardando Peppa Pig.
Alla partenza da Dubai, nuovo disorientamento di tutta la Famiglia: i tempi del volo, già dai primi minuti, sono regolati sul fuso australiano, quindi partiamo intorno alle 9 del mattino, ma dopo un'oretta ci servono riso e carne speziata: la cena. Subito dopo oscurano i finestrini e ci invitano a dormire. La Grande si interroga sul mistero della giornata brevissima (meno di 4 ore dall'alba alla cena), non mangia e non riesce ad addormentarsi. La Piccola spazzola con gioia il piatto, abbraccia il peluche e si addormenta: siamo ancora nell'emisfero boreale ma lei è già sul fuso di Sydney. Alla fine si addormenta anche la Grande, mentre io è il Papà rimaniamo svegli, guardiamo film, ascoltiamo musica. Contrariamente a qualsiasi pronostico, il volo non è affatto male.
La parte peggiore è l'arrivo: siamo sottoposti ad una serie di controlli estenuanti. Ci aprono le valigie, ci fanno annusare uno per uno dal cane, ci controllano i passaporti più volte (lamentandosi perché quello del Papà è "di scarsa qualità"), ci chiedono che lavoro facciamo, dove e perché, verbalizzano la nostra Tachipirina. Tutta l'operazione dura quasi due ore. Usciamo finalmente all'aperto e togliamo le felpe: è estate. Abbiamo alle spalle 24 ore di volo, i controlli, l'inquietudine per i bagagli. Ci sentiamo pieni di adrenalina e subito dopo caschiamo di sonno. Abbiamo capelli impazziti, una mano fasciata e briciole ovunque. Siamo a Sydney.

sabato 18 gennaio 2014

dall'altra parte

La mia amica T, che ha occhiali tondi e piglio deciso, mi ha chiesto se abbiamo intenzione di emigrare. No, non abbiamo intenzione di emigrare. La nostra vita ce la siamo fatta su misura, come un vestito, e ci va bene. A volte serve una toppa, un bottone nuovo, a volte bisognerebbe rifare un orlo ma non si riesce. Eppure il vestito mi sta bene. Amo il lavoro che faccio, amo la mia casa, ho delle amiche che considero sorelle. Ma voglio anche vedere cosa c'è dall'altra parte. Voglio che la mia vita sia un guscio protettivo, non una prigione. Voglio sentirmi libera, e sperimentare di essere libera, e sperimentarlo con la Piccola e la Grande. Voglio che siano libere anche loro, che vedano gli animali e la natura, che diventino selvagge per tre mesi; avranno tempo in abbondanza, dopo, per tornare a seguire mille regole, per la scuola, la spesa, l'inverno.  Chissà per quanto non potremo permetterci la macchina nuova, ma credo che le bambine non ci faranno caso.
Oggi qui piove e fa freddo. A Sydney non fa freddo, ma piove. Qui è giorno, dall'altra parte è notte.

P.S: mentre le mie paure convergono inutilmente sulla cubomedusa, il pericolo è sempre in agguato ovunque. Questa notte, in clamoroso ritardo con la preparazione del bagaglio, mettendo a posto in cima all'armadio i vestiti, sono caduta e mi sono schiacciata una mano. Per fortuna la radiografia non rivela fratture, c'è solo una forte contusione. Ora ho il polso fasciato, ma in qualche modo devo riuscire a portare il bagaglio, la Piccola e la Grande. Il nostro viaggio verso l'altro lato del mondo (Milano-Dubai-Sydney) è iniziato con una notte al pronto soccorso.

venerdì 17 gennaio 2014

il mio peggiore spettro

In macchina, sotto la pioggia, ascoltavo un brano pop che ho cantato tante volte con le bambine, tornando dalla scuola materna. Oggi avevo in mente i bagagli, le ultime frenetiche incombenze. Avevo in mente l'inverno, che per noi finisce con oggi, l'estate che inizia da domani. Gli spazi dell'Australia, coste, mare e animali.
Da qualche giorno, per entrare meglio nello spirito, mi documento sulla fauna australiana. Pensavo di trovare foto e notizie di koala coccoloni, canguri saltellanti e pesciolini colorati. Ho scoperto che in Australia esistono serpenti che hanno un veleno terribile. Ho scoperto il pesce pietra, che tendenzialmente ama stare per i fatti suoi, ma purtroppo si mimetizza con gli scogli. Se lo calpesti per sbaglio lui si arrabbia, inietta il suo veleno e uccide in pochi minuti. Ho scoperto, soprattutto, la cubomedusa, che è diventata la mia ossessione. Fino a ieri la cubomedusa se ne stava nelle sue acque, io nelle mie ed eravamo entrambe contente. Poi ho cominciato a leggere di lei: ha una calotta a forma di scatola, da cui il suo nome bizzarro, il che potrebbe anche incuriosire. Però ha anche, il simpatico animaletto australiano, tentacoli lunghi sei metri, occhi che vedono (è l'unica medusa con gli occhi) e tanto veleno da uccidere 60 uomini. La cubomedusa fa più morti dello squalo bianco (altra simpatica presenza dei mari australiani), e se avviluppa una persona, questa muore in un paio di minuti. L'antidoto più conosciuto ed efficace (pare) è l'aceto. In questi giorni, mentre il povero Papà si sorbisce le mie scenate isteriche (ma ben documentate) sulla fauna australiana, io ho deciso che il bagno in mare si fa soltanto con la muta integrale, in zone medusa-free e con litri e litri di aceto a portata di mano. Poco importa se la cubomedusa vive nell'Australia del nord, dove noi non andremo. Continua ad essere il mio peggiore spettro.
La canzone che ascoltavo in macchina dice "Ciao, semplicemente ciao".
Ciao, domani partiamo.

mercoledì 15 gennaio 2014

ora è il momento

Oggi è venuta a trovarmi la mia amica C con i suoi splendidi bambini, la femminuccia proprio uguale a lei, il maschietto una copia del suo papà (il che mi fa sempre un po' di invidia, perché nessuna delle mie figlie mi somiglia. Non in viso, almeno). Volevamo salutarci. Abbiamo guardato su internet decine di foto di canguri e koala. Le ho detto del piccolo camper che noleggeremo a Sydney, della nave per la Tasmania e dei 40 gradi di Melbourne. Le ho mostrato il campeggio che abbiamo prenotato per i primi giorni, con parchi giochi, tappeti per saltare e canguri che girano liberi, ma questo per ora non lo dico alla Grande e la Piccola, per non togliere il gusto della sorpresa. Le ho parlato del volo di 20 ore, del fuso orario che ci frullerà, delle mute che abbiamo comprato per tutti e 4, perché pare che l'oceano sia sempre freddissimo, anche in estate.
Ho detto alla mia amica che ho voglia di cambiare aria, che abbiamo sognato quest'avventura per anni e che ora è il momento, se non partiamo adesso non partiamo più, perché a settembre la Grande andrà in prima elementare, e mica si può stare per mesi assenti da scuola.
Non le ho detto della mia solita paura. Paura di non riuscire a chiudere lo zaino, di non riuscire ad andarmene. Di non riuscire a prenderlo, quel maledetto volo di 20 ore, che mi porterà lontano lontano da qui, dalla mia vita imperfetta e faticosa, ma molto simile a come la voglio. Ho paura di non riuscire a sistemare tutto, il passaggio di consegne col mio supplente al lavoro, il bagaglio che dev'essere leggero ma completo, l'iscrizione della Piccola e della Grande a scuola (ma poi, a quale scuola?). Ho tanta voglia di rimettermi in cammino e la stessa, sempre la stessa maledetta paura di non farcela.
Sabato pomeriggio partiamo per un viaggio di 3 mesi in Australia. Le bambine hanno avuto il solito taglio di capelli (modello ti-faccio-lo-scalpo) che precede ogni partenza.
Il resto è tutto ancora per aria.