Stepanakert (Nagorno Karabakh)
L'altra cosa fantastica delle fontanelle armene è che permettono di lavare rapidamente bocca e mani (e braccia e collo) dopo un dolce mangiato per strada. Oggi la Grande e la Media hanno concluso la giornata con una mela caramellata. Si sono allegramente riempite la faccia di glassa, ma per una volta non sono state necessarie decine di salviette: c'era la fontanella. La mela caramellata fa un po' "vecchio stile", ma a loro è piaciuta moltissimo.
Trascorriamo a Stepanakert una giornata in più del previsto, ed il motivo è... l'albergo. Niente di memorabile, in effetti: è un palazzo enorme e vuoto, con corridoi coperti di moquette stile "Overlook Hotel" (in effetti ogni tanto guardo se per caso non spunta Danny in sella al triciclo); la colazione è decisamente ordinaria (anche se il Piccolo apprezza molto le fette di salame, con questo schierandosi decisamente insieme alla parte di famiglia che gradisce il salato di prima mattina - cioè tutti tranne la Mamma). Però, proprio sotto la finestra della nostra stanza, c'è l'unica piscina che abbiamo trovato fino ad oggi in Armenia; la Grande e la Media adorano tuffarsi; probabilmente questa per loro è l'ultima occasione. Quindi ci siamo fermati. Alla piscina si accede dalla strada, senza passare alcun cancello, e ci vengono anche tanti bambini che abitano nelle vicinanze. Le nostre ragazze oggi hanno socializzato con un gruppo di ragazzini armeni; argomento in comune: la Juventus; chissà in quale lingua ne hanno discusso, visto che qui nessuno parla inglese. Ma i bambini, si sa, si capiscono sempre.
Approfittando della giornata non prevista, siamo andati a vedere i due musei sulla guerra contro l'Azerbaigian: quello dei soldati dispersi e quello dei soldati caduti. Entrambi sono impressionanti: le sale sono cupe, c'è una struggente musica di duduk (il flauto tradizionale armeno) e alle pareti sono appese centinaia di foto in bianco e nero, tutte della stessa grandezza. Sono i ragazzi morti. La guerra in Nagorno Karabakh mi era sempre sembrata distante. Ma oggi tutte quelle foto di ragazzini, le loro chitarre con gli adesivi, i loro orologi tornati dal fronte, io proprio non riuscivo a sopportarli. Pensavo alle madri che li hanno cullati. Pensavo che anche loro, come oggi fa il Piccolo, tendevano le manine per essere presi in braccio. I musei, tra l'altro, sono curati dai parenti delle vittime. Una madre anziana indica la foto di un ragazzo con una gran massa di ricci, ripreso in un giorno di festa: Mio figlio - dice - si era appena sposato. Poi si china e abbraccia la mia Grande.
Io per un attimo mi chiedo se sia stato giusto portare qui le mie ragazze, se la guerra non sia troppo per loro. Ma la memoria è fondamentale. Entrambe impugnano la penna e si avvicinano al libro degli ospiti. Siamo nella sala con le foto dei dispersi. La Grande scrive: Spero che tutti questi figli tornino a casa dai genitori. La Media: Sono sicura che non sono morti, sono da qualche parte a curarsi le ferite.
Sorrido, ma so che non sono pensieri infantili: so che tante madri, anche dopo 25 anni, aspettano ancora.
Non sono riuscito a leggere senza piangere.pap
RispondiEliminaVivono ancora e in un mondo migliore.mam
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