martedì 4 agosto 2015

buddha, san sebastiano e gli altri

Kandy
Assolutamente per caso, arriviamo al Tempio del Dente nel momento dell’ostensione della reliquia; non che si veda proprio il dente di Buddha (c’è anche chi sospetta che sia un dente di bufalo: troppo grande per essere umano; ma questo non importa, non più della questione del sangue di San Gennaro); ma almeno si vede, per un attimo passando insieme alla fila, la teca dorata in cui è custodito. La folla è inverosimile. Ovunque c’è gente che porta fiori, soprattutto gelsomini e loto, perché il loto è un germoglio bianco che nasce in mezzo al fango, e quindi simboleggia la possibilità di trovare in sé la luce, o Buddha stesso; ovunque c’è gente che si inginocchia e prega, che solleva i bambini per avvicinarli alla teca del dente. La devozione è affascinante. E soprattutto è sempre la stessa, qualunque sia la fede. 
Il tempio è sorvegliato con inusuali misure di sicurezza (anni fa c’è stato un attentato da parte delle Tigri Tamil) e sorge in un complesso molto grande, di cui fanno parte anche luoghi di culto minori e alcuni musei. Il più curioso di questi è quello dedicato a Raja, un elefante maestoso che per 50 anni ha portato sulla schiena la reliquia del dente durate la grande processione di Kandy, che si tiene annualmente. Raja è imbalsamato e accanto a lui ci sono alcuni dei paramenti che usava per le feste. Tuttora è oggetto di venerazione, tanto che molti fedeli si fermano a pregare davanti al suo corpo. Non è stato ancora ufficialmente sostituito dopo la sua morte nel 1988 (aveva più di 60 anni) perché per prendere il suo posto sono richieste caratteristiche specifiche in dimensioni e proporzioni; tra queste c’è perfino la grandezza del pene, cosa che provoca l’ilarità della Grande e della Piccola: in questa fase, qualsiasi riferimento a cacca, pipì o parti intime suscita scoppi irrefrenabili di risate. E al momento va bene così, se uno ci pensa.
Nel pomeriggio visitiamo il Devale di Kataragama: è un santuario colorato, come tutti i templi induisti, ma contiene al suo interno anche una statua di Buddha, perché il dio Kataragama è riconosciuto dalle due religioni. Mentre visitiamo il Devale siamo raggiunti da un monaco buddista che, un po’ nostro malgrado, ci coinvolge in un complesso rito di benedizione e augurio di buona fortuna. Mette le mani sulle teste delle nostre bambine, ci chiede insistentemente se siamo felici. Dice di vivere nel tempio da 25 anni; poi vuole sapere i nostri nomi per darci una benedizione solenne; ci tocca il viso più volte, usando alternativamente le mani e un ventaglio; poi annoda ai polsi di tutti dei braccialetti bianchi. Ad un certo punto io e il Papà ci rendiamo conto che probabilmente tutto questo sfocerà in una richiesta di denaro; ma la situazione è talmente divertente, la Grande e la Piccola talmente impressionate, che decidiamo di stare al gioco. Il monaco ci tocca le fronti e ripete il nome di Buddha, ma aggiunge anche Cristo, Kataragama, San Sebastiano e la Madonna di Fatima. Ovviamente alla fine lasciamo il nostro obolo. Ma adesso abbiamo la certezza che, in virtù della benedizione, faremo un ottimo viaggio di ritorno, le nostre bambine andranno benissimo a scuola e la nostra famiglia rimarrà unita per sempre. Parola di monaco. 

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