sabato 12 aprile 2014

quante Australie

L'abbiamo visto. Abbiamo visto cosa c'è dall'altra parte, o per lo meno un pezzetto di quel che c'è dall'altra parte del mondo. Torniamo alla nostra vita di sempre, come brave formichine operose. Ma abbiamo visto che il nostro formicaio non è l'unico possibile. Ci sono altri formicai, dove si parla, si ragiona e si vive in maniera diversa. C'è anche chi vive fuori dal formicaio.
Non siamo pronti per tornare, ma dobbiamo tornare. Almeno per il momento.
Questa notte, alle 3, percorrendo le strade di Sydney verso l'aeroporto, la Grande ha voluto ricordare con me i giorni più belli del nostro viaggio in Australia.
Il primo - ha detto - è stato il giorno del mio compleanno.
Eravamo sulla Great Ocean Road, circondati di pappagalli e coi koala che dormivano sopra le nostre teste. L'Australia è natura selvaggia. In Australia si è spesso circondati di animali strani, amichevoli o ladri o assassini. Molti animali possono uccidere un uomo in due minuti. A volte c'è da stare attenti, ma sempre, sempre, si rimane a bocca aperta di fronte allo spettacolo della natura. E, rimanga agli annali, abbiamo deciso che il nostro animale australiano preferito è il vombato, quell'orsetto schivo e dal pelo duro che dorme di giorno e si sveglia la sera. Il koala... Troppo scontato. Dorme troppo. Rovina i boschi. Fa pipì in testa a chi passa.
Il secondo dei tre giorni più belli - ha continuato la Grande in taxi - è stato quando ci siamo fermati alla fattoria, ad allattare il cangurino e a mungere le mucche. 
L'Australia dell'outback, caldissima, arida e piena di mosche insistenti. L'Australia delle fattorie da migliaia di ettari, dove le mucche girano libere ma i cavalli vanno richiamati ogni mattina.
Proprio in mezzo all'outback c'è il Grande Centro, il Red Centre, dove l'Australia è soprattutto degli aborigeni. Tutta l'Australia, in effetti, era degli aborigeni, prima che qualcuno inventasse il contrario a suon di armi. Gli australiani sono sempre stati gentili con noi, ma la cultura aborigena... È magica. I giochi della Grande e della Piccola da giorni sono popolati di storie e leggende sul colore dei corvi, sulle stelle, sul serpente arcobaleno. Il patrimonio degli aborigeni era inestimabile. Speriamo che ne rimanga almeno qualcosa.
Il terzo giorno più bello è stato quello dello snorkelling, quando abbiamo incontrato le tartarughe. 
Meno male. Temevo che il mal di mare cancellasse tutto con un ricordo cattivo, invece le bambine si sono godute la barriera corallina, troppo bella e perfetta per raccontarla, con quel mare turchese e i pesci di mille colori. Un giorno torneremo a Lady Musgrave, un'isola di corallo dove si può campeggiare in tenda, da soli su un puntino nell'oceano. Un paradiso. L'Australia è anche il suo incredibile mare, con le onde per il surf, le tartarughe appena un metro sotto la superficie. E pazienza se in alcune zone c'è anche la cubomedusa, il mio incubo: ho scoperto che basta allacciare la muta fin sotto il collo.
Quante Australie diverse abbiamo visto. E non abbiamo nemmeno girato tutta l'Australia: tre mesi sono troppo pochi.
In taxi, andando verso l'aeroporto, la Piccola ha sgranato gli occhi e ha chiesto:- Ma quando torniamo al nostro camper? È da ieri che continua con questa domanda.
Non abbiamo più il nostro piccolo camper economico ed equipaggiato male. Non siamo più selvaggi e liberi.
Ma voi ricordatevi, ricordatevi bambine, che dall'altra parte c'è qualcosa di diverso da vivere.

venerdì 11 aprile 2014

la boccia del pesce rosso

In questi tre mesi abbiamo evitato del tutto le città. Forse è per questo che Sydney ci fa davvero impressione. È enorme. Ci sono grattacieli, traffico, negozi pieni di gente e lunghe distanze da coprire a piedi. Il cielo è grigio, ma non piove. Camminiamo fino al porto e all'Opera House. Il colpo d'occhio è notevole, ma non ci emoziona. Scattiamo qualche foto, compriamo due costosissimi gelati per le bambine e ci sediamo su una panchina. Stiamo fermi un po' e poi ci rimettiamo a ciondolare. Ieri pomeriggio, il tassista nepalese ci assicurava che Sydney è piena di opportunità e c'é lavoro per tutti. In effetti incontriamo moltissimi ragazzi stranieri che servono ai tavoli, stanno alle reception o nei negozi. A noi europei, schiacciati dalla crisi, il tutto fa un certo effetto. Sydeny ci appare vivace, colorata, multietnica. È un peccato soltanto non incontrare aborigeni australiani, che qui evidentemente non vivono.
Io e il Papà passiamo la giornata a galleggiare. Ci sentiamo spaesati, come se guardassimo una cartolina. Dopo tre mesi di assoluta libertà, qui siamo come pesci fuor d'acqua. Anzi, siamo come il pesce rosso nella hall del nostro ostello, che vaga da un lato all'altro della sua boccia. Non così le bambine, che sembrano felicissime, si stupiscono e si godono qualsiasi cosa. La Piccola è tutta eccitata quando un'artista di strada le regala uno smalto per unghie. Entrambe saltano di gioia quando proponiamo di dividere una pizza al self-service. La Grande è contentissima di mettere le fette di pizza nei piatti, usando la paletta. Entrambe sono di nuovo felici quando entriamo in un'enorme libreria. In questi mesi, peraltro, le biblioteche non sono mancate: io e il Papà avevamo spesso bisogno di accedere ad un computer per scaricare foto e video sulle memorie esterne. Di solito, mentre il Papà provvedeva al travaso, io leggevo alle bambine una storia dietro l'altra. Abbiamo frequentato tante biblioteche di paese. Questa è una grossa libreria con l'aria condizionata troppo forte, e mi sembra molto meno poetica.
A volte penso che bisognerebbe imparare a vivere come i bambini. Loro riescono davvero a vedere sempre il bello, a cogliere il lato eccitante. Per noi adulti è impossibile, e comunque il gioco di Pollyanna (o di Mary Poppins) non è mai stato il mio forte.
Passiamo la nostra ultima notte australiana nel dormitorio di un ostello pieno di ragazzini con lo zaino. Io e il Papà abbiamo appena finito la sistemazione del bagaglio più grande del mondo. Alle quattro del mattino prenderemo un taxi per l'aeroporto.

giovedì 10 aprile 2014

quindicimila

Sydney
Il camper era casa nostra: lasciarlo è stato triste e faticoso. Come in tutti i traslochi, spuntavano oggetti da ogni cassetto, dagli armadietti, dagli angoli. Proprio quando pensavamo di aver finito, si presentava un altro lavoro da terminare, un'altra cosa a cui trovare spazio in valigia. Come in tutti i traslochi, abbiamo buttato via un sacco di roba potenzialmente utile; in compenso abbiamo tenuto giocattoli, vecchie sorpresine Kinder, varie stupidaggini che in quel momento ci sono sembrate un ricordo.
E in un attimo il nostro viaggio in Australia è finito.
Nell'outback avevamo guidato per centinaia di chilometri senza incrociare un veicolo. Oggi arrivare a Sydney, e soprattutto attraversarla, è stato un delirio di traffico congestionato e lavori stradali. Abbiamo vissuto un'estate caldissima, ma qui piove, fa freddo, c'è bisogno di ombrelli e felpe. Per tre mesi abbiamo cucinato sempre, tre pasti al giorno. Questa sera abbiamo camminato un po', e siamo finiti in un ristorante malese alla buona. Non che fosse male: anzi, le bambine hanno ingurgitato enormi piatti di riso saltato e germogli di bambù. Ma era strano trovarsi in un locale, pigiati, a sentire le chiacchiere degli altri e con una gentilissima signorina che ci portava i piatti. E com'è che sopra le nostre teste non si vedeva la Via lattea, ma solo luci al neon?
La Grande e la Piccola giocavano da sole sull'erba, sulla sabbia, al parco. Correvano incontro agli animali e poi da noi, di nuovo. In città, sui marciapiedi, bisogna tener loro la mano, e ci agitiamo al pensiero che si allontanino.
Dormiamo in ostello spartano, ragionevolmente vicino al centro (ora siamo a piedi) e carissimo, come tutto qui a Sydney. Ci sentiamo in cattività. Entrando nel dormitorio, piccolo piccolo, con mura in cemento e nessuno sfogo sull'esterno, abbiamo avuto una vaga sensazione di claustrofobia. Più che vaga, in effetti. Siamo animali selvatici catturati e messi in gabbia.
Prima di abbandonare il camper abbiamo dato un ultimo sguardo ai chilometri percorsi: in questi tre mesi ne abbiamo fatti quindicimila.

mercoledì 9 aprile 2014

goanna grande, piccolo squalo

Nelson Bay
Oggi pensavamo di arrivare a Sydney, sistemarci in un campeggio cittadino e dedicarci a preparare la partenza, che si annuncia impegnativa come un trasloco. La Famiglia in cammino, tuttavia, è specialista nel comportarsi "come se non". Ci siamo fermati per colazione in una bella località sulla costa. Abbiamo visto il mare, e c'era di nuovo il sole sopra. Abbiamo deciso di parcheggiare qui il camper e goderci anche questa giornata. Come se non dovessimo prendere l'aereo a breve. Come se i bagagli non fossero ancora tutti da fare. Come se non ci fosse da riordinare, pulire, sistemare.
Siamo di nuovo circondati di animali selvatici: al nostro arrivo, ad attenderci, abbiamo trovato il più grande goanna mai visto in questo viaggio. La Piccola lo ha definito un dinosauro, e non del tutto a torto: era un lucertolone lungo circa un metro e mezzo, giallo e verde, che muoveva avanti e indietro la lingua biforcuta. Subito dopo ci siamo accorti che ce n'erano molti altri. I goanna non sono velenosi, ma possono mordere, quindi ho ricordato alla Grande e alla Piccola di stare attente. Loro, peraltro, sono corse velocemente al parco: di altalene e scivoli non ne hanno mai abbastanza.
Il posto è anche pieno di kookaburra, che hanno un verso caratteristico, come una risata sguaiata: la Grande dice che sembrano scimmie. I kookaburra sono ladri abili e voloci. Ovviamente si sono avvicinati a noi durante il pranzo, ma siamo riusciti a lasciarli a bocca asciutta. A cena, invece, abbiamo avuto la compagnia di un grosso opossum, che saltava irrequieto sull'albero proprio sopra di noi.
La località è famosa per le enormi dune di sabbia dorata, tipo Sahara, che costeggiano la spiaggia per chilometri. Lo spettacolo effettivamente è suggestivo.
Il paese sorge su una lingua di sabbia. Da un lato ci si affaccia sull'oceano e sulle onde. La Grande e la Piccola non se le sono fatte scappare, e si sono buttate per l'ultima volta sul surf (a Sydeny nei prossimi giorni si prevede pioggia, quindi non credo che andremo al mare). La Piccola ad un,certo punto è precipitata rovinosamente in acqua, ma siamo riusciti a convincerla di aver fatto una capriola. Incidente risolto.
Dal lato opposto, la spiaggia è protetta da una specie di laguna. Il mare era piuttosto freddo ma piatto. Abbiamo indossato le maschere e ci siamo concessi un'oretta di snorkelling: ne siamo tutti appassionati. La laguna non può certo competere con la Barriera corallina, ma anche qui c'erano moltissimi pesci. In mezzo alle alghe stava nascosto anche un piccolo squalo. Era grigio, a pallini bianchi, si muoveva a scatti e non scappava. Pare che si tratti di una specie innocua. Noi però abbiamo guadagnato rapidamente la riva, anche perché iniziava a far freddo. Ormai in Australia l'autunno è arrivato.

martedì 8 aprile 2014

donne in piena crisi di nervi

Johns River rest area (Pacific Highway)
Per la prima volta in tre mesi facciamo davvero fatica a sistemarci per la notte. Abbiamo bisogno di fermarci sulla strada per Sydney, ma la Pacific Highway è tutta un cantiere: molte aree di sosta sono chiuse, o si possono usare solo di giorno, o sono dall'altra parte della strada ed è impossibile cambiare direzione. Riusciamo a posteggiare tardissimo e siamo tutti distrutti. Ci accontentiamo di una cena fredda, uova, fagioli e tonno in scatola.
Ho pensato più volte alla frase della contadina di Myella Farm; giorni fa, quando le ho chiesto come mai preferiscano usare cavalli maschi con i principianti, mi ha risposto: "Perché i maschi sono prevedibili. Il loro carattere è tutti i giorni lo stesso". Io non sarò un cavallo, ma sono orgogliosamente femmina, e oggi ammetto di essere stata intrattabile per tutto il giorno. Sarà la stanchezza (se non altro per i mesi di sveglia alle 5.50 e partenza alle 6, domenica inclusa), sarà la tristezza per la fine del viaggio, non so. Fatto sta che oggi non mi si poteva avvicinare. Il peggio è che mi sforzavo di stare allegra; e più mi sforzavo, più diventavo apatica e antipatica. Peggio del peggio: le altre due femmine del gruppo sono state contagiate, e si sentivano evidentemente come me. Hanno passato l'intera giornata a picchiarsi, a lamentarsi, a piangere, rendendo il camper un inferno.
Domani dobbiamo essere a Sydney; quindi eravamo obbligati a percorrere un bel po' di chilometri, e altrettanti ne dobbiamo ancora fare. Tuttavia abbiamo tentato di goderci lo stesso la giornata. Programmavamo qualche sosta in spiaggia, ma il meteo non ha aiutato: anche oggi freschino e showers, il che ha ulteriormente peggiorato l'umore delle donne di famiglia. Ne ha fatto le spese ovviamente il Papà, che ha catalizzato tutte le sfuriate, le frustrazioni e i capricci dei tre quarti del gruppo. Bisogna dire che lui in questo ormai è specialista, e infatti è riuscito a controllarsi per tutto il giorno, lasciandoci sfogare senza reagire.
Ci siamo fermati a Yamba per colazione, ma ha iniziato a piovere e abbiamo abbandonato in fretta la spiaggia. Gli australiani, che ancora ci stupiscono, facevano il bagno come niente fosse, ma noi non abbiamo assorbito i costumi locali fino a questo punto. Abbiamo proseguito per Coffs Harbour: la Grande è entrata in oceano solo pochi minuti, il tempo di dare un ultimo saluto al surf. Siamo passati da Bellingen: paese eccentrico, artistico, hippy e divertente.
Entrando nell'ennesimo bagno pubblico, per una volta abbastanza spazioso e abbastanza decente, la Piccola ha avuto un moto di tenerezza (sono sempre le situazioni di completa intimità a scatenare i suoi moti di tenerezza):- Mamma - ha detto - hai visto che meraviglia questo bagno? È bello... Grande... Si può fare la cacca, senza problemi! 
Poi mi ha abbracciato le ginocchia e ha proseguito:- Tu sei bellissima, carinissima e avventurosa!
Io:- Avventurosa?
- Sì!
- Ma tu sai cosa vuol dire?
- Certo. Vuol dire che ci fai provare tante avventure.
- Per esempio?
- Per esempio... Venire in Australia!

lunedì 7 aprile 2014

sotto le docce

Sto sicuramente invecchiando: un sintomo evidente è che i ragazzi di Byron Bay, con la loro aria hippy e alternativa, mi ispirano tenerezza. Certo, avrei voluto essere come loro, e forse lo vorrei ancora. A volte vorrei essere una ventenne, piena di piercing e coi capelli rasta, senza lavoro, senza arte né parte, a spasso per l'Australia. Si potrebbe dire che la mia è solo invidia, e il ragionamento sarebbe fondato. Tuttavia continuo a provare tenerezza per queste orde di post-adolescenti che camminano scalzi, con l'aria da poveri in canna, e intanto prenotano lanci sky-diving da 350 dollari per 10 secondi. Si sentono vicini allo stato di natura, e intanto affollano locali dove un gelato costa 7 dollari, dopo aver parcheggiato il loro camper hippy in un posteggio da 5 dollari l'ora. Noi abbiamo preferito parcheggiare lontano e abbiamo passeggiato un po' verso il paese e poi in paese. Altro oggi non si poteva fare, perché il cielo è stato molto capriccioso. Ha piovuto non meno di 10 volte (qui spesso le piogge durano pochi minuti, infatti le chiamano showers, cioè "docce") e la temperatura è stata bassina. Sta arrivando l'autunno.
Tolta la tenerezza-invidia, e tolto il freddo, la giornata è stata piacevole. L'atmosfera di Byron Bay è rilassata e il campeggio ha tratti di strada asfaltata dove la Grande e la Piccola hanno potuto lanciarsi con lo skate (come del resto facevano i post-adolescenti hippy).
Con la scusa del clima non ho portato le bambine con me a fare la doccia, evitando che percorressero, gocciolando, i 50 metri dai servizi al camper; quindi mi sono goduta un fantastico momento di solitudine insaponata, che ha favorito i pensieri. Certamente in questi 3 mesi mi è mancato un bagno tutto nostro, dove lasciar andare le ragazze da sole, senza accompagnarle di continuo e senza l'incubo che tocchino in giro. Per il resto, abbiamo imparato perfettamente a vivere nei 4 metri quadri del camper. Abbiamo pochi vestiti ma non importa, basta lavare. Non abbiamo televisore, radio e lettore DVD. Ma non importa, chiacchieriamo fra noi. Le bambine hanno pochi giocattoli, ma non importa, si sono rotolate in centinaia di parchi diversi, hanno accarezzato centinaia di animali, hanno corso su centinaia di prati. Ora stiamo per tornare a casa nostra, che è piena di oggetti, di obblighi e di responsabilità. Torno ai miei cassetti pieni di magliette, al tappeto bellissimo che va spazzolato, ai fornelli grandi che bisogna pulire.
Cerco di abbandonare tutti questi pensieri, esco dalla doccia e mi guardo allo specchio. I miei capelli hanno abbandonato qualsiasi disciplina, e corrono ricci in tutte le direzioni. Ora torno alla mia piastra lisciante, al rossetto vermiglio e alle scarpe col tacco 12. Ne ho davvero bisogno?

domenica 6 aprile 2014

la più saggia

Byron Bay
Aggrappati ai piccoli riti della nostra verissima casa, abbiamo mantenuto quel che si poteva. Le coccole della mamma la mattina nel letto. Dieci minuti di cartone animato prima di andare a dormire. L'uovo Kinder una volta alla settimana, la domenica.
Oggi, per colazione, abbiamo montato il nostro tavolino blu vicino ad un parco giochi lungo la strada per la Gold Coast. Abbiamo bevuto il latte, mangiato i biscotti al cioccolato (che non sono come i Pan di Stelle, ma a tutto ci si adatta) e aperto le ultime uova Kinder dell'Australia. Non avremo un'altra domenica qui.
La Grande:- Ma allora fra poco ce ne andiamo? Sul serio? Pensavo che rimanessimo ancora tre settimane...
Io (sorpresa):- Ti dispiace? Credevo fossi contenta di tornare a casa...
- Sì, sono contenta, ma mi dispiace lasciare la mia amica Australia. Qui è così bello, ogni giorno facciamo qualcosa di diverso e siamo sempre in giro. A casa dobbiamo fare sempre le stesse cose... Sveglia di corsa, lavarsi i denti, poi a scuola...
- Allora ti piacerebbe se ci trasferissimo qui?
(pensierosa) - Mah... Penso che, se vivessimo qui, dovrei comunque andare a scuola tutti i giorni, e svegliarmi di corsa e lavarmi i denti in fretta. Se vivessimo qui, anche qui faremmo sempre le stesse cose. È meglio tornare in Italia, che almeno ci sono i nonni.
A volte non ho dubbi su chi sia la più saggia della famiglia.
Proseguiamo il nostro tragitto di ritorno verso Sydney e verso il nostro volo di rientro. Oggi siamo un po' frastornati. Ci siamo fermati per la mattinata a Surfers Paradise, una delle mete più gettonate del turismo australiano. Noi ci siamo sentiti come pesci fuor d'acqua: per la prima volta in tre mesi imbottigliati nel traffico, fra grattacieli impressionanti, negozi di ogni tipo, residence di lusso. Sembrava la Florida. Un delirio. Il tempo di fare un bagno, scampare al temporale e ci siamo rimessi in viaggio. Siamo arrivati a Byron Bay, un'altra località molto frequentata, ma con una personalità totalmente diversa: qui è pieno di figli dei fiori, gente dall'aria "alternativa". Capelli rasta, piercing e tatuaggi in misura ancora maggiore che nel resto dell'Australia (gli australiani amano molto i tatuaggi, meglio se vistosi). A Surfers Paradise grattacieli luccicanti, negozi di souvenir e disco music a tutto volume in spiaggia. A Byron Bay casette basse, negozi di erbe terapeutiche e musica reggae per le strade. In entrambe le città (che distano solo un'ottantina di chilometri l'una dall'altra) gran confusione, traffico e prezzi alle stelle.

sabato 5 aprile 2014

molto tanto

Browns Creek rest area (Old Bruce Highway)
La passione per il surf conosce una stagione nuova.
Ci siamo fermati per due giorni a Rainbow Beach, che ha una strana sabbia luccicante, marrone, dorata e grigia. La leggenda aborigena vuole che sia nata dai frammenti di un arcobaleno, ucciso per amore. La spiaggia è lunghissima e poco frequentata. Il mare è tiepido e ha onde ottime per il surf. La Piccola si butta sulla pancia con entusiasmo e sicurezza. All'inizio del viaggio praticamente non voleva saperne, ora anche lei non vede l'ora di lanciarsi. La Grande è praticamente una campionessa. Oggi è perfino riuscita, più volte, a salire in piedi sulla tavola che il Papà aveva noleggiato.
In tre mesi di viaggio, la Grande ha provato moltissimi sport. Ha iniziato con la canoa, pagaiando appassionata e lamentandosi perché doveva portare il giubbotto salvagente (Ma io so nuotare!). Ovviamente in canoa ci è andata col Papà; io me ne sono ben guardata: troppa fatica. Poi è stata la volta dello skateboard. Se l'è fatto prestare in un campeggio, ha provato e si è innamorata. Lo ha voluto in regalo per il suo compleanno. Da allora, siamo diventati assidui frequentatori delle piste da skate pubbliche, che qui in Australia sono molto diffuse. La Grande ha imparato piuttosto bene a tenersi in equilibrio e ad affrontare le curve. La Piccola prova occasionalmente, di solito sedendosi a cavallo dello skate. Non ama assumersi il rischio di cadere. C'è stato naturalmente molto nuoto: la Grande ormai se la cava benone, e anzi ha insegnato anche alla Piccola a stare a galla senza l'aiuto dei braccioli. In assenza di mare, ci sono stati il frisbee e il boomerang, ma quest'ultimo è un po' una nota dolente: la Grande, notoriamente perfezionista, non riesce quasi mai a farlo tornare e ogni volta si arrabbia. Soprattutto perché la Piccola un paio di volte ce l'ha fatta. Le ragazze hanno provato l'equitazione, lungo la Great Ocean Road e pochi giorni fa, nei prati intorno a Myella Farm. Più di recente, c'è stato lo snorkelling, ma bisogna perfezionare la tecnica di respirazione dal boccaglio: nessuna delle bambine l'ha capita ben bene, ed entrambe devono spesso tornare a galla a prendere il respiro. Nei sogni della Grande e della Piccola è entrato recentemente lo sky-diving, una specie di paracadutismo con atterraggio in spiaggia che qui è piuttosto diffuso, ma che per ora preferisco rimanga solo nei sogni. Del resto lo sport del momento è senza dubbio il surf. Oggi il Papà aveva noleggiato una tavola per sé. La Grande ha chiesto di provare anche lei a stare diritta, alta sulle onde. Tentava, cadeva, traballava e riusciva finalmente a mettersi in piedi. Ci è riuscita più volte, allargando le braccia come fanno gli equilibristi e ridendo come fanno solo i bambini.
Io e la Piccola facevamo il bagno poco lontano. Mi affannavo a correrle dietro, sollevarla e tenerle la mano: qui le onde sono sempre alte e capricciose, non si può lasciare che i bambini (e gli adulti) semplicemente sguazzino. Il bagno in oceano è sempre e comunque un'attività sportiva, il che non sempre mi rende felice. Vedevo davanti a noi dei ragazzi coi loro surf e li ho indicati:- Hai visto - ho detto alla Piccola - come sono bravi quei ragazzi?
- - mi ha risposto, prima di girarsi, ammirata, a guardare la Grande - ma anche mia sorella è brava. È molto tanto brava. 

mystique, ella e squirt

Questa storia inizia sessant'anni fa.
C'era una volta un delfino. Era stato gravamente ferito alla schiena, probabilmente dall'elica di una barca da pesca. Non riusciva a procurarsi il cibo, non riusciva a nuotare. Si trascino' fino ad una spiaggia, per riposarsi. I pescatori e la gente della baia cominciarono a dargli pesce fresco tutte le mattine. Il delfino pian piano inizio' a star meglio, e fu di nuovo in grado di prendere il largo. Ma spesso tornava nella baia, a ringraziare i pescatori e a prendere di nuovo il pesce dalle loro mani. E nella baia porto' anche la sua famiglia.
Ancora adesso, tutte le mattine, nella baia di Tin Can Bay tornano i nipoti del delfino ferito. C'e' Mystique, un maschio di 37 anni che pesa un quintale e mezzo ed e' lungo 2 metri e 70. C'e' Ella, una bella femmina di 35 anni. Ella ha il corpo schiarito e una cicatrice sul muso. Se l'e' fatta forse nello scontro con uno squalo, poco dopo aver dato alla luce il piccolo Squirt, che oggi ha 2 anni. Probabilmente la madre lo ha difeso dall'attacco del predatore. Squirt ha un bel colore grigio scuro e una spruzzata di lentiggini sul naso. Sta sempre attaccato alla sua mamma, che lo allatta. Il cucciolo non puo' ancora mangiare pesce, ma frequenta la baia di Tin Can Bay da quand'era neonato. Allora non riusciva ad arrivarci nuotando per l'intero tragitto, e quindi la sua mamma, insieme ad un'altra femmina, lo trasportava. I delfini arrivano alla baia quasi tutte le mattine (a volte non rispettano l'appuntamento: sono pur sempre animali selvatici) fra le 7 e le 7 e mezzo. Ad aspettarli c'e' un gruppo di volontari che offre loro la colazione di pesce (non troppo abbondante, perche' non diventino dipendenti dall'uomo) e controlla le loro condizioni di salute; i volontari offrono anche ai visitatori, per una cifra simbolica, la possibilita' di partecipare al momento.
Oggi, a Tin Can Bay, c'erano anche la Grande e la Piccola. Si sono alzate prestissimo (noi non abbiamo dormito a Tin Can Bay, e quindi siamo arrivati in barca - tragitto di circa mezz'ora), tutte eccitate. Sono entrate coi piedini nell'acqua fino alle ginocchia. Mystique, Ella e il piccolo Squirt erano proprio la', davanti a noi, a tiro di carezza. I delfini nuotavano fin quasi alla spiaggia, si coccolavano fra loro, giocavano e si rincorrevano. Si giravano sulla schiena e soffiavano, aspettando il loro pesce. Passavano lenti, per guardarci, andavano un po' al largo e tornavano. Finalmente, alle 8, e' arrivato il momento del pasto. La Grande e la Piccola hanno ricevuto un pesciolino, con la raccomandazione di porgerlo ai delfini sott'acqua, dal lato della testa (la coda e' troppo spinosa). Entrambe hanno dato da mangiare a mamma Ella, prima che se ne tornasse al largo, libera, col suo cucciolo.

venerdì 4 aprile 2014

lacci e catene noi spezzerem

Inskip Peninsula
E va bene, lo ammetto: sono femminista. Ma non troppo, eh. Solo quel tanto che basta per credere nella forza e nell'intelligenza delle donne: per confidare nella solidarieta' femminile e per esser fiera delle mie due creature femmine. Nella speranza che, quando saranno adulte, non esista piu' l'iniquo "tetto di cristallo", o che loro siano in grado di romperlo a testate. Per questo una delle canzoncine che amiamo, e che intoniamo spesso in camper, viene dal film di Mary Poppins. Tra parentesi: il film, per quanto datato, mi piace sempre e piace anche alla Grande: ci sono due bambini terribili, una tata (appunto Mary Poppins) che li ama, un padre scostante e una madre svampita e suffragetta. All'inizio del film la madre canta: "Lacci e catene noi spezzerem, e tutte unite combatterem!". Non e' stato facile spiegare alla Grande e alla Piccola l'importanza del diritto al voto, ma adesso hanno capito, e cantiamo tutte e tre con convinzione. Il Papa' di solito si dissocia.
Oggi, quindi, siamo state felici e sorprese di arrivare (ovviamente per caso) a Maryborough, dove e' nata Pamela Travers, la creatrice di Mary Poppins. Nella cittadina c'e' perfino una statua di bronzo della famosa tata, custodita come patrimonio "storico". Ovviamente la cosa va presa col giusto spirito, ma siamo stati contenti di fare due passi e visitare il paese: la Piccola scrutava il cielo nella speranza di veder spuntare la mitica tata col suo ombrello aperto; la Grande, con l'aria di chi la sa lunga, le spiegava che non e' possibile che arrivi, perche' questo non e' il paese di Mary Poppins. E' il paese di una sua parente. Piu' tardi, nel camper, abbiamo ricominciato a cantare sempre piu' convinte e sempre piu' forte: "Marciam! Suffragette, urra'!".
Siamo arrivati a Rainbow Beach, che ha effettivamente una spiaggia lunghissima e curva come un arcobaleno. Dormiamo in una camp area poco attrezzata ma poetica: siamo a pochi metri dalla sabbia, in mezzo agli alberi (e ai kookaburra), fuori dal centro abitato e sotto un cielo pieno di stelle. La Grande e' fiera di aver imparato a riconoscere la Via lattea, con le sette stelle, sette sorelle, della storia aborigena che amiamo di piu'.
Di recente anche la Piccola ama il surf, e oggi ha potuto lanciarsi con la tavola su onde ben piu' alte di lei. Leggera com'e', saltava sulla schiuma e sfrecciava per decine di metri con la pancia sulla tavola, le manine ben strette e un sorriso largo. Dopo, durante l'aperitivo (la Famiglia in cammino e' godereccia e specializzata in momenti-relax), ha sgranato gli occhioni, come quando deve dire una cosa di somma importanza, e ha chiesto:- Mamma, sul surf mi sembrava di volare, ma... Volavo davvero?
Certo, amore mio. Volavi davvero.

mercoledì 2 aprile 2014

la grazia della tartaruga

Granite Creek rest area (Bruce Highway)
I giocattoli-tartaruga, acquistati in un momento di tenerezza dissennata, hanno portato fortuna sul serio: oggi abbiamo nuotato con le tartarughe marine. Non in un acquario, in un parco, in una piscina: eravamo nell'oceano, sulla Grande barriera corallina.
Alla fine del viaggio, col camper che ormai cade a pezzi (un fornello rotto, una sedia sfasciata, il portellone dietro che a volte non si apre), abbiamo trovato il coraggio per un'ultima follia: escursione a Lady Musgrave Island, uno dei gioielli al largo del Queensland. L'isola è completamente disabitata ed è chiusa in una laguna naturale, tutta recintata di corallo. Facendo il bagno nella "laguna" di mare si trova un'acqua piatta, limpidissima, libera dalle meduse (che ormai abbiamo lasciato alle nostre spalle, più a nord) ma piena di tutto il resto: polpi, tartarughe, pesci e coralli a migliaia.
L'unico problema è stato il tragitto di andata: il mare era un po' mosso, il catamarano ha ondeggiato paurosamente per tutti i 60 chilometri di distanza, e la Famiglia in cammino ne ha risentito. L'intera componente femminile, pur signorilmente e con discrezione, ha vomitato molte volte. Solo il Papà è riuscito a resistere, dominando la nausea. E tutto questo nonostante non avessimo fatto colazione. Il buono del mal di mare, però, è che passa appena si scende; infatti, presa una boccata d'aria, ci siamo goduti la giornata. La nave ha attraccato su una piattaforma, dentro il recinto corallino. Da lì si poteva guardare il mare scendendo al piano di sotto, semi-sommergibile con pareti trasparenti. Oppure si poteva salire su una chiatta con fondo trasparente, guardando i coralli senza bagnarsi. Si poteva scendere in acqua con pinne e maschera o farsi portare alla spiaggia.
Noi non ci siamo fatti mancare nulla. Prima abbiamo passeggiato a piedi sull'isola, con la Piccola molto contrariata per il divieto di raccolta sassi e rametti: la zona è parco naturale iper-protetto. Non si può toccare assolutamente nulla. Non ho chiesto quali fossero le pene previste, ma sospetto che si trattasse di punizioni corporali; meglio non rischiare.
Poi abbiamo preso la chiatta e girato tutta la laguna, alla ricerca di pesci-pagliaccio e corallo nero. E poi, dopo aver doverosamente onorato il buffet (il Papà, debilitato dalla colazione mancata, ha mangiato non meno di 20 gamberi; oltre a pasta, prosciutto, pollo e frutta), ci siamo calati in acqua. L'acqua era turchese, i pesci avevano tutti i colori. Il rosso, il giallo, il blu. Non avevano paura e si lasciavano avvicinare.
Tenendo per mano la Grande, nuotando attraverso i coralli, ad un certo punto ho visto una tartaruga. Il tempo di girarmi, per controllare che anche la Grande stesse guardando, e la tartaruga era sotto di noi. Nuotava lenta, con grazia, tenendo il collo in su per guardarci. Poi ne abbiamo vista un'altra, enorme, che si riposava in mezzo ai coralli. Poi un polpo, che schizzava qui e là. E questa volta, in mezzo a centinaia, migliaia di altri pesci, grandi, piccoli, argentati e colorati, c'era anche il piccolo Nemo.

ritorno alle origini

Agnes Water
Ho ceduto. Da settimane le bambine non ricevevano un regalo, tranne l'uovo Kinder la domenica. Le uova Kinder sono diffuse anche qui in Australia, con la stessa carta bianca e rossa. Questo ci ha consentito di mantenere una piccola tradizione della nostra "verissima casa", ovvero l'ovetto la domenica, dopo colazione. Ma regali veri e propri cerchiamo di non comprarne, per ragioni di soldi e di spazio.
La Grande, però, aveva puntato da giorni un giocattolo. Oggi, all'ennesima richiesta, ho sentito un raro moto di tenerezza e le ho detto di sì. Il problema è che il giochino non è dei più pratici per chi fa vita da nomade: si tratta di un uovo simile a quelli di una gallina, da lasciare immerso in acqua per 48 ore, finché non si apre e ne esce una tartaruga. L'operazione non è banale, perché il camper ovviamente si muove. Ma abbiamo sacrificato uno dei nostri contenitori ermetici per alimenti alla causa della tartarughina, e ora l'uovo aspetta di schiudersi sul bancone del camper. Ovviamente ho comprato un regalino anche alla Piccola, che ha optato per il peluche di una tartaruga.
Ci troviamo effettivamente in zona di tartarughe marine. Chissà che gli incauti acquisti non portino fortuna, e magari riusciamo a vederne qualcuna in libertà. Questo forse lenirebbe il disappunto del Papà: lui, severo censore dei costumi e ligio controllore delle finanze, disapprova totalmente i regalini. Ma tant'è, ormai le tartarughe fanno parte dell'equipaggiamento del camper, sempre più numeroso e debordante. Alla dotazione iniziale, molto ridotta ma pur sempre moltiplicata per 4, abbiamo aggiunto nell'ordine: tavola da surf; skateboard; enorme catino in plastica per lavare i piatti nella campagna; tanica da 20 litri (che teniamo sempre piena) per doccia selvaggia; e perfino due lunghissimi tubi galleggianti, di quelli che si usano in piscina per imparare a nuotare, regalati alla Grande e alla Piccola da una sconosciuta signora. Mettere ordine, e trovare uno spazio per ogni cosa nel nostro minuscolo camper, è un puzzle sempre più complicato.
Questa mattina abbiamo lasciato Myella Farm, che le bambine ricorderanno per un pezzo, e siamo andati di nuovo verso il mare. Il tutto ha un vago sapore di ritorno alle origini: anche adesso, come all'inizio del viaggio, troviamo lunghe spiagge solitarie, mare freddino e onde adatte al surf; la Grande è stata ben felice di rispolverarlo, e anche la Piccola si è buttata senza paura.
Dormiamo in una camp area gestita dall'ente pubblico; è molto spartana, ma ormai anche le bimbe si sono abituate alla doccia fredda. Come all'inizio del viaggio, abbiamo avuto una giornata calda, ma in serata la temperatura è scesa notevolmente. Mentre gli australiani rimangono in canottiera e infradito, io ho tirato fuori calzini e felpe.