domenica 5 agosto 2018

casa-casa mia

Sighnaghi
I bambini hanno un grande vantaggio: non vedono mai la fine, ma l’inizio. Sono per definizione proiettati nel futuro, e tutto ciò che è passato (o sta passando) non li riguarda più. Mentre il nostro viaggio in Georgia si avvia alla conclusione, e io e il Papà siamo sempre più nostalgici, loro pensano alle meraviglie che ritroveranno a casa, a quello che vorrebbero tanto fare, a cosa desiderano mangiare. In macchina, per strada, perfino al parco (oggi siamo tornati al parco, dopo molti giorni che non ne trovavamo uno) si sprecano discorsi su amici, spaghetti e giocattoli. 
Il Piccolo è un tantino confuso: poiché noi chiamiamo “casa” tutte le pensioni o gli appartamenti dove dormiamo in Georgia, la risposta “stiamo andando a casa” non lo soddisfa. Per evitare fraintendimenti, quando si riferisce a casa in Italia ha iniziato a dire “casa-casa mia”. A volte teme che qualcuno l’abbia occupata durante la nostra assenza e inizia a piangere. Noi, sperando di non mentire, lo rassicuriamo dicendo che casa-casa sua lo aspetta e citando tutti i giocattoli e il lettino di legno che ritroverà. E andiamo dalla nonna, vero? - aggiunge lui a quel punto, tutto speranzoso - la nonna mi sta aspettando? Mi prepara la pasta? 
La pasta in verità ricorre nei discorsi di tutti e tre. Alla Grande, inoltre, mancano i suoi libri: qualche giorno fa ha finito Oliver Twist e ora freme per leggere ancora, ma non si è portata altro. Voglio stendermi sul mio letto - dice pregustando il momento - chiudere la porta della camera e leggere tutto il giorno
La Media non ha finito il libro che si era portata, ma in compenso ha sviluppato un’atroce passione per il cubo di Rubik. Ne ha trovato uno a disposizione in un bar, ma dopo averlo provato è stata costretta a lasciarlo dov’era. Le abbiamo comprato il suo a Gori, su una bancarella, e da allora non se ne stacca più. Appena arrivo a casa - dice - mi chiudo in camera dei giochi. Io: E cosa farai? Lei: Voglio provare di nuovo tutti i miei giocattoli. Penso che ci vorrà un po’. Per favore, quando sarò chiusa dentro non chiamatemi. 

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