martedì 6 agosto 2019

meravigliosamente relativo

Aqaba
Il viaggio in Giordania è stato caratterizzato da forte nomadismo, come piace a noi. Massimo tre, più spesso una o due notti nello stesso posto, tanto che i nostri figli a volte si sono lamentati di questo continuo spostarsi. I bambini crescono in altezza, e per questo hanno bisogno di radici. Ad Aqaba siamo ormai da quattro giorni, e già ci sembra di essere autoctoni. Il Piccolo chiama “casa” il minuscolo appartamento in cui alloggiamo. C’è un fornello con bombola arrugginito, il bagno si allaga ad ogni singola doccia e in giro si vede pure qualche scarafaggio, ma lui si lamenta solo perché non ha giocattoli. Il resto non lo vede: è casa. Ha anche imparato a fare capolino nella stanzetta del custode, facendosi regalare ogni volta un lecca lecca. Il lecca lecca viene prontamente sequestrato dalla Madre, perché fa male ai denti, e ogni volta il Piccolo ribatte: Ma io mi ero affacciato a salutare apposta…
Alla spiaggia libera numero 3, dove siamo tornati più volte in questi giorni, ormai la gente viene a salutarci. Appena arriviamo ci prestano un paio di tappeti da stendere all’ombra (probabilmente, così mal equipaggiati, facciamo un po’ pena) e ci offrono un tè preparato sui fornelletti che i giordani portano da casa in spiaggia. Un ragazzo conosciuto l’altro giorno, che ha uno zio in Norvegia e il sogno di trasferirsi in Europa, oggi si è avvicinato e ha indicato la Grande e la Media: Le vostre figlie - mi ha detto - sono bellissime. Sono chiare come pesci e dolci come gattini. Stateci attenti. Poi ha imbracciato le pinne e si è diretto verso il Japanese Garden, una formazione corallina dove bazzicano anche le tartarughe, che noi purtroppo non siamo riusciti a vedere. Abbiamo però affrontato la nostra seconda immersione, questa volta a 18 metri di profondità, entrando nel relitto di un aereo. Le guide hanno più volte fatto i complimenti alle ragazze, che sono state all’altezza della situazione; la Media ha avuto un problema con la maschera, ma non ha fatto una piega ed è riuscita a cambiarla mentre era in acqua. La Grande ha ricevuto in regalo la collana che un istruttore si è sfilato poco dopo l’immersione: Così - le ha detto - ti ricorderai della Giordania
La sera ci sentiamo a casa anche nel ristorante economico dove siamo andati tre volte. Oggi, dopo cena, ci hanno regalato il dolce per tutti: mutaqqab, a base di pasta sfoglia, tantissimo zucchero (i dolci arabi possono essere stucchevoli) e ricotta. Per i vostri figli - ci ha detto il cameriere - che sono davvero educati. 
Oggi, peraltro, siamo andati a mangiare molto tardi; prima di cena, a fine giornata, ci siamo fatti preparare un narghilè alla mela sulla spiaggia (qui i narghilè sono praticamente ovunque) e ci siamo goduti il tramonto. Mentre guardavamo il sole sparire dietro le colline dell’Egitto, e intorno a noi imperversava il trambusto delle famiglie giordane con le loro grigliate, si è avvicinato un altro ragazzo con cui abbiamo a volte scambiato qualche parola: Volevo salutarvi - ha detto - e farvi i complimenti. Siete una bella famiglia. I bambini sono molto educati; non li ho mai sentiti urlare, è incredibile.
Aspiro un po’ più forte, l’acqua della pipa gorgoglia. È la terza volta, solo oggi, che qualcuno ci fa i complimenti per i bambini. Mi rendo conto che qui sembriamo molto chiari di pelle, quando in Italia abbiamo la carnagione scura. Qui siamo una famiglia piccola, in Italia spesso i più numerosi siamo noi. Qui siamo i più silenziosi, in Italia ci facciamo sempre riconoscere. Poco, molto, chiaro, scuro. Come possiamo essere diversi, ma a casa anche qui. Com'è tutto meravigliosamente relativo. 

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