sabato 3 agosto 2019

spiaggia libera numero 3

Aqaba
La temperatura è la stessa, anzi forse qui c'è perfino più caldo. Eppure ci fa uno strano effetto passare in un giorno dal deserto di Wadi Rum al Mar Rosso. Di fronte a noi adesso c’è un pezzettino di Israele, e poi la costa egiziana. Nel mezzo, la barriera corallina, che pare sia più bella dall’altro lato, ma sempre di barriera corallina si tratta. Non per nulla la Famiglia in cammino è arrivata in Giordania attrezzata di maschere e pinne per tutti, incluso il Piccolo, il quale al momento non ne vuole sapere e preferisce paletta e secchiello. 
Poiché si avvicina la fine del viaggio, e anche la fine delle finanze, optiamo per la spiaggia libera, e qui ci troviamo in mezzo a decine di famiglie giordane con relativi numerosissimi figli. Ma non è più questo a stupirmi; il fatto è che vedere come i giordani arrivano in spiaggia è qualcosa di non paragonabile con il nostro concetto di andare in spiaggia. È molto più vicino alla nostra idea di trasloco. Io ho la scusa del fatto che sono in viaggio, e quindi non posso avere molti oggetti con me; ma anche a casa, quando vado al lago, mi sento una madre previdente e organizzata quando mi ricordo il telo grande da stendere per terra. Niente a che vedere con l’organizzazione delle famiglie di qui. La madre giordana arriva decisa, curva sotto il peso dei bagagli e dei bambini piccoli, e comincia ad allestire un accampamento: stende per prima cosa un paio di enormi kilim. Ci sistema sopra qualche materasso di gomma piuma. Accomoda alcuni cuscini rigidi che facciano da schienale. Intorno a lei comincia a sciamare una moltitudine di creature saltellanti, e la madre giordana non si scompone; mentre io ho spedito i miei figli al corso di nuoto prima possibile, in modo da liberarmi di pensieri e braccioli, la madre giordana estrae da una borsa e gonfia salvagenti a ripetizione: abbiamo notato che molti, anche adulti, non sanno nuotare. Assegnata una papera gonfiabile ad ogni figlio, la madre giordana procede imperturbabile: mentre io ho portato la bottiglia da un litro e mezzo d’acqua, già diventata brodaglia nel tragitto dal parcheggio al bagnasciuga, lei dispone all’ombra un contenitore termico da venti litri, ovviamente munito di pratico rubinetto. Mi sento già annichilita e nel frattempo arriva il padre di famiglia giordano. Mentre io considero fondamentalmente scocciante mangiare al mare, e quindi accampo ogni scusa che possa condurre al digiuno di famiglia (ma il Papà mi ostacola fieramente, armandosi in autonomia di panini per tutti), il padre giordano dispone sui materassi, preventivamente sistemati dalla moglie, chili di carne, pane, verdura; mentre la moglie, serafica, infila cipolle nello spiedino, il padre giordano monta e accende il barbecue portatile che ha estratto poco prima dall’auto e comincia ad arrostire sul fuoco qualsiasi cosa. Il tutto raggiunge la sua apoteosi il venerdì sera (venerdì è il giorno festivo dei musulmani): ieri, alla spiaggia libera numero 3, sud di Aqaba, pareva che ci fosse una gara di barbecue, con relative fiamme alte. Ma anche oggi non si scherzava. C’è perfino chi ha portato da casa il proprio personale narghilè, in modo da rilassarsi mentre cucina. 
Il tutto, soprattutto se mi metto nei panni della madre giordana, assume i contorni della tortura, perché la giornata in spiaggia assomiglia ai lavori forzati. Non si dimentichi, inoltre, che pure il bagno rinfrescante non è una cosa semplice per la madre giordana, che entra in acqua coperta da capo a piedi, veste lunga e velo inclusi; di solito, quindi, le donne bagnano solo un po’ le gambe. I turisti occidentali tendenzialmente non vanno nelle spiagge libere e preferiscono gli stabilimenti a pagamento. La cosa mi crea qualche disagio, perché il mio bikini è l’unico in tutta la spiaggia, e quindi preferisco indossare una maglietta. Cerco di staccarmi di dosso la stoffa bagnata e intanto osservo il chiassoso, esuberante, eccessivo panorama umano intorno a me. I bambini continuano a sciamare ovunque, i padri ad arrostire sul fuoco, le madri a sistemare cuscini, sdraio, perfino mobiletti. E in questo enorme, divertente, colorato caos, oggi c’eravamo anche noi. 

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