domenica 6 agosto 2017

vita contadina

Getik
Abbiamo abdicato a qualsiasi regola di una corretta alimentazione. Oggi i bambini hanno mangiato nell'ordine: minuscole pere, grandi come caramelle e altrettanto dolci, che avevano appena raccolto; piccoli cetrioli, anche quelli appena raccolti. Formaggio artigianale. Chicchi di grano tostato e zuccherato, che è un dolce tipico armeno. Poi, insieme alla nonna di 92 anni, hanno macinato a pietra dell'altro grano tostato (ogni pietra pesava 30 chili) e hanno preparato dei dolcetti con zucchero e burro. Il Piccolo li ha particolarmente apprezzati. Gli abbiamo però impedito di bere il latte appena munto, cosa che invece ha fatto la Media, leccandosi con trasporto le mani subito dopo faver munto la mucca. La nostra giornata contadina  è stata particolarmente intensa, oltre che punteggiata da surreali conversazioni mute con cellulari e traduttore. Sarebbe certamente più rapido e gratificante parlarsi sul serio, ma anche l'uso intensivo della tecnologia ha degli aspetti divertenti, ed è l'unico modo per capirsi almeno un po'. Oggi, a colazione, Lilit (che ha il ruolo di padrona di casa di questa numerosa famiglia) è riuscita a spiegarmi che le uova erano state strapazzate insieme ad una parte del formaggio che le bambine avevano preparato. Mi ha anche detto che nel piattino sul tavolo non c'erano olive, come mi era sembrato, ma noci raccolte acerbe (il traduttore dava "imberbi"), faticosamente sbucciate e trasformate in marmellata. Mi ha chiesto come facessero le bambine a conoscere il genocidio armeno (è la prima volta, tra l'altro, che in questa struttura vengono dei bambini) e ha raccontato che questa piccola valle è popolata in gran parte da armeni fuggiti dall'Azerbaigian. Il turismo responsabile per loro è una risorsa importante, infatti più famiglie disposte ad affittare stanze si sono messe in rete per partecipare al progetto, coordinato da Artine, una delle sorelle di Lilit. Oltre a seguire la campagna, Lilit è maestra eleme ntare nella scuola del paese.Concordiamo sul fatto che sia "il lavoro più bello del mondo", quindi lei si mette all'opera con la Grande e la Media. Tira fuori il materiale di scuola e comincia una lezione montessoriana ("pedagogo piace sempre fare" esce sul traduttore). Le ragazze sono entusiaste: scrivono i loro nomi, contano ossessivamente fino a cinque, ripetono più volte i pronomi personali. Il pomeriggio inizia con la lavorazione del formaggio. La mamma e la nonna di Lilit, con la Grande e la Media, lo tagliano a pezzi, lo immergono in acqua calda per ammorbidirlo e lo trasformano in fili e trecce, dal sapore simile a quello della mozzarella. Anche il Piccolo partecipa al gioco: indica il formaggio, ne prende dei pezzi e se li infila in bocca, succhiandoli come spaghetti. Si aggira per il giardino in cerca di mele e pere cadute dagli alberi. Osserva rapito la nonna che alimenta il fuoco per tostare il grano e letteralmente impazzisce per i dolci armeni. A sera, oltre a puzzare di stalla, anche lui è lurido, stanco ed eccitato. Lo trattengo a stento, altrimenti credo che parteciperebbe  volentieri perfino al brindisi molto alcolico degli uomini di casa...

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