sabato 22 luglio 2017

previsioni errate

Yerevan
Rimaneva il terrore del volo: fatto a tutti il vaccino per l'epatite, inserito un ciuccio di riserva in ogni tasca, il viaggio di andata era la preoccupazione più grossa. Il primo motivo è che - ma sì, confessiamolo - un po' di paura di volare mi è sempre rimasta, e questo nonostante la baldanza di chi dice, statistiche alla mano, che un pezzo di autostrada in macchina è ben più pericoloso di una tratta di aereo. È una frase che uso spesso anch'io; ma vallo a spiegare al mio inconscio, sempre saldamente ancorato a terra.
Il secondo motivo di terrore erano gli orari del volo: partenza da Bergamo alle 4.40 per Kiev. Due ore e mezza per aria (sì, ma il tratto di autostrada... eccetera), stop di due ore, poi altre due ore e mezza da Kiev a Yerevan. Il tutto in notturna, senza mai dormire (siamo usciti di casa a mezzanotte, giusto una decina di minuti dopo aver raffazzonato il bagaglio) e con il Piccolo da gestire sempre in braccio, poiché lui ancora non ha diritto al posto.
Contrariamente a qualasiasi previsione, il Piccolo ha urlato di gioia entrando in aereo, ha teso un'inutile imboscata ai (pochi) capelli del signore seduto davanti, ha deciso che le cinture di sicurezza sono noiose, e ha trascorso quasi tutto il viaggio dormendo. Io sono scesa con le gambe totalmente anchilosate e un bisogno tremendo di far pipì: per tutto il tempo non ho potuto muovere un muscolo (figuriamoci alzarmi dal posto) ma almeno ho evitato il terribile stress delle urla del neonato in cabina. Sempre contro qualsiasi previsione, la parte difficile è al momento in corso: sono le dieci e mezza e lui non vuole saperne di chiudere occhio, nonostante due ore di tentativi materni (invero non sempre pazienti). La Grande e la Media sono a letto da un pezzo, perfino il Papà ha ceduto. Io, a forza di cullare il dolce angioletto, adesso ho le braccia a pezzi, e prego di non trascorrere un'altra notte insonne: fuori Yerevan ci aspetta.

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