sabato 8 agosto 2020

il sorriso delle suore

TAPPA 42 - Da Bolsena a Montefiascone 18 km Non capirò mai come le suore, evidentemente non avvezze alla compagnia (e al trambusto) dei bambini, possano essere così pazienti. Oggi siamo entrati nel convento delle benedettine di Montefiascone. Il Piccolo, esaltato dal lungo corridoio, ha iniziato a correre. Io volevo fingere di non conoscerlo, ma una monaca si è avvicinata con un gran sorriso: «Che gioia vedere questo meraviglioso bambino!» mi ha detto. Il corridoio rimbombava dei nostri passi. Il Piccolo, incuriosito dall’eco, ha pestato forte i piedi. Io volevo sotterrarmi all’istante. E un’altra monaca, invece di rimproverarlo, gli ha offerto un piattino di biscotti e acqua fresca, il tutto accompagnato da un sorriso soave. Per cena siamo sempre in convento. In questi casi ho insegnato ai miei figli a non esprimere nessuna preferenza, nemmeno a domanda diretta. «Quello che c’è andrà bene» li ho allenati a dire. Una monaca, però, si è avvicinata al Piccolo, si è abbassata al livello dei suoi occhi e gli ha chiesto: «Cosa mangeresti volentieri per cena?». Lui, tutto compito: «Niente carne, per favore. Sono vegetariano». La suora mi ha guardato, come a chiedere conferma. Non siamo vegetariani, non so da dove gli sia venuta una risposta così convinta. Io mi sono affrettata a negare, domandandomi nel frattempo se non fosse il caso di darsela a gambe. La suora è scoppiata a ridere, poi è tornata a girarsi verso il Piccolo e gli ha detto: «Va bene. Visto che sei vegetariano, ti preparo una frittata». E per cena la frittata è arrivata. È ufficiale: la Famiglia in Cammino ama le suore. Il monastero di San Pietro è spazioso, ha un bel chiostro dove il Piccolo gioca col suo nuovo camioncino (abbiamo perso l’unica macchinina portata da casa e ci stiamo impegnando per superare il trauma) e si trova a due passi dal giardino dei Papi. È una pazzesca terrazza verde da cui si riescono a vedere il lago di Bolsena - da dove siamo arrivati oggi - e la città di Viterbo, dove andiamo domani. Ci siamo arrivati dopo una tappa non lunga, ma nemmeno semplice. Il percorso è tutto in salita, senza punti d’appoggio o rifornimenti di acqua. Poco prima dell’arrivo in paese, un cartello annuncia ai pellegrini che mancano solo cento chilometri a Roma. Ci fermiamo, scattiamo le foto di rito. Ci sentiamo gasati per l’impresa (dal Passo del Gran San Bernardo ne abbiamo fatti novecento), ma subito dopo arriva una specie di malinconia: la nostra meravigliosa vita lenta sta arrivando alla fine. Una vita faticosa, certo. Fatta di sveglie all’alba, di lunghe salite e grande caldo. Ma anche spensierata, sempre all’aperto, solo con la preoccupazione di trovare un letto e un piatto di pasta la sera. Veniamo dalle esperienze verso Santiago, e sappiamo che non sarà facile tornare alla vita di prima. Nel frattempo faccio quello che posso per calmare l’euforia del Piccolo. Le monache rispondono alla sua vivacità con grandi sorrisi, ma un convento non è il luogo migliore per ridere rumorosamente. «Stai zitto» gli dico ad un certo punto. «Perché?» risponde lui, sinceramente stupito. «Perché le monache stanno facendo esercizi spirituali. Significa che devono pregare, concentrarsi e pensare. Hanno bisogno di silenzio». «Pensare? Ma a cosa pensano, mamma? Pensano a cosa preparare per cena?»

3 commenti:

  1. Il piccolo ha ragione : a cosa devono pensare se non cosa preparare a pranzo o a cena? E sono pazienti con i bambini perché la loro vita è senza responsabilità e i bambini vanno e vengono : non sanno cosa significa la fatica di crescerli . Beata vita inutile.... .! Leonessa sempre attiva

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  2. Santa innocenza,magari a noi "grandi" basterebbe essere ,anche solo qualche minuto,spensierati come lui...saremmo certamente molto più felici.Mam.

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