lunedì 3 agosto 2020

l'acqua della coffa

TAPPA 37 - Da Buonconvento a San Quirico d’Orcia 22 km 
«Mamma, per caso c’è acqua nella coffa?». È una concessione al dialetto (e al lessico familiare): il termine siciliano “coffa” allude al sacco che viene talvolta appeso alla testa degli equini per dar loro da mangiare. Nella Famiglia in Cammino si tratta di una borsa ormai priva di forma, che teniamo appesa alla maniglia del passeggino fin dai tempi della prima rotta su Santiago. Nella coffa infiliamo quel che non sappiamo bene dove mettere. Qualche volta, quando le tasche del passeggino sono tutte occupate, ci metto anche una bottiglietta d’acqua di scorta. Poi regolarmente me ne dimentico, lasciandola sepolta in mezzo al resto. E non c’è momento più gioioso di quello in cui, quando le ragazze hanno ormai svuotato le loro borracce, faccio comparire mezzo litro d’acqua dalla coffa. Spesso si tratta di acqua del giorno prima (la coffa ha le facoltà di un dimenticatoio, oltre che di un buco nero) ma non ci formalizziamo: in Cammino si conosce la sete, e si finisce col bere qualsiasi cosa si sia in grado di tracannare. La fame è fastidiosa, certo, ma tutti la sopportiamo senza grandi patemi fino a fine tappa. La sete, invece, è un tormento terribile. Le fontane lungo la strada (poche, in questo tratto) sono regolarmente prese d’assalto dai pellegrini e diventano luoghi di ritrovo. L’informazione più frequente che ci si scambia è quella sulla dislocazione dei punti acqua. 
Salutiamo qualche amico, oggi. Domani c’è la tappa più faticosa della Via, da San Quirico a Radicofani. Noi però la spezziamo; altri vanno avanti e probabilmente non ci vedremo più. Scambiamo numeri di telefono e inviti. Durante la giornata parlo con le mie ragazze dell’importanza dell’acqua. È terribile pensare come ci siano persone, nel mondo, che non hanno accesso all’acqua potabile. E non perché stiano vivendo un’avventura a piedi come la nostra: è la loro condizione di vita. Ai miei figli sembra impossibile: abbiamo avuto una grande fortuna, a nascere da questo lato del mondo. Una volta a casa, ci ripromettiamo di cercare una onlus che costruisca pozzi e finanziarla. Proseguono, intorno a noi, i paesaggi incredibili della Val d’Orcia. Qui siamo nelle zone del Brunello di Montalcino. Le viti sono disposte in file ordinatissime. Il Piccolo, che è un patito della raccolta selvaggia, ne vorrebbe un grappolo. Ma lo blocco in tempo: con quel che vale qui un singolo acino, temo che ci siano sofisticati sistemi d’allarme pronti a impallinarci al primo tentativo. L’acqua la prendiamo in testa, alla fine: sull’ultima salita per San Quirico (lunga, sterrata, e in forte pendenza) scoppia il temporale. Filiamo a ripararci sotto la tettoia di una casa privata. Il proprietario ci avverte che possiamo rimanere, ma nel frattempo la Media scalpita. Sogna da sempre di ballare sotto la pioggia, ma il divieto di bagnarsi a casa nostra è un imperativo assoluto. Perché? Mi chiedo all’improvviso. Perché buttarsi sotto l’acqua dovrebbe essere un problema? Le faccio, all’improvviso, un cenno con la testa. Si lancia sotto l’acquazzone, incredula e felice. Un attimo dopo la raggiunge la Grande. Ancora un attimo dopo le raggiungo io. Balliamo sotto la pioggia, tutte e tre. E pensare che a casa sono sempre la prima ad aprire l’ombrello e l’ultima a chiuderlo. Ma sulla Via non ho la schiavitù dei capelli da lisciare, nessuna piega che possa rovinarsi con l’umidità. Sono libera di prendere l’acqua in testa insieme alle mie figlie, e ridiamo come matte. 

2 commenti:

  1. avete fatto bene. le regole sono fatte per essere trasgredite(qualche volta)

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  2. Molto bello ballare sotto la pioggia ,e...chi le ha scritte le regole!!!?????!!!!

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