lunedì 10 agosto 2020

questione di mosse

TAPPA 44 - Da Viterbo a Vetralla 18 km La prima mossa l’ho sbagliata clamorosamente: si stava troppo bene, nel lettone dell’alloggio di Viterbo. Come nel più classico dei lunedì mattina, ho spento la sveglia e mi sono girata dall’altra parte. Non importa - ho pensato un’ora dopo, alzandomi in preda ai sensi di colpa - tanto oggi la tappa è breve e piana. Tutto vero, certo. Ma nell’alto Lazio fa di nuovo caldissimo. Partire alle 7 e mezza non è una grande idea. Dopo neanche due ore di marcia il sole è già alto. Il Papà, lentamente ma inesorabilmente, implode. Alle 10 abbiamo appena attraversato la splendida tagliata etrusca, che ci ricorda il canyon di Petra in Giordania, e già non riusciamo a proseguire a ritmi accettabili. Ad aggravare la situazione c’è il fatto che la tappa è totalmente priva di punti d’appoggio. Non c’è nemmeno una fontanella in tutto il tratto. Arriva piuttosto rapidamente il momento drammatico in cui si esauriscono le borracce. E in Famiglia scatta il panico. La Media sta per piangere, la Grande ammutolisce. Il Papà tace, ma si vede che soffre. Mi rifugio in un luogo zen della mente e sperimento una nuova strategia: fingo che non stia succedendo nulla. Faccio sedere la prole sotto un ulivo, mentre il Papà si stende poco lontano. Individuo un tubo d’irrigazione che perde. Bagno il cappello del Papà, poi lo uso per rinfrescargli fronte e nuca. Tiro fuori dallo zaino un residuato di prima infanzia: la storia della zebra Zeb, che faceva scorta di baci. Il Papà ha il tempo di riprendersi, noi leggiamo un libro. Cerchiamo di ripartire. Il morale della truppa è un po’ più alto, ma siamo sempre in mezzo alla strada e fa sempre caldo. Passiamo vicino ad una casa. Mi viene l’idea di suonare per chiedere ai proprietari di riempirci le borracce. Esperimento pessimo. Appena tocco il citofono due cani si lanciano contro il cancello, come se volessero mangiarmi. Rimango ferma e aspetto i padroni di casa. Sono certa che capiranno (e soprattutto che richiameranno i molossi). Invece non succede nulla. Il Papà si è steso poco lontano, cercando un filo d’ombra. I bambini sono sempre più agitati. Una signora si affaccia e mi osserva da lontano a braccia conserte. Deve avermi scambiato per una malintenzionata. Capisco il messaggio e faccio per allontanarmi mestamente dalla casa (chissà se ho un altro libretto nello zaino, o se ricorrerò di nuovo a Zeb), ma in quel momento si ferma accanto a noi un’auto. Sospetto che il guidatore stia per intimarmi di non disturbare le persone in casa loro brandendo le mie borracce. Invece apre lo sportello e mi passa un sacchetto: «Sono fresche - dice soltanto, e sorride - vi ho visto poco fa e ho pensato di portarvi qualcosa dal bar». Riparte. Dentro la busta ci sono bottiglie di acqua naturale, acqua frizzante, bibita energetica. Beviamo tre litri in tre secondi, e andiamo faticosamente avanti. Arriviamo a Vetralla finalmente reidratati (mai più sveglie oltre le 5 del mattino, promesso) e ragionevolmente in forze; il Papà si è ripreso. Ci concediamo una sosta al bar, poi ci guardiamo ben bene intorno: i gestori del bar sono gentili e offrono un the freddo ai bambini. Il paese, invece, è abbastanza deprimente. Ma la seconda mossa l’ho azzeccata: il nostro albergo, che ho prenotato alla cieca qualche giorno fa, si rivela il luogo più carino di Vetralla. Costruzione bassa, bell’ambiente, grande giardino dove possiamo rilassarci. È passata. Ma che bene prezioso è l’acqua, ragazzi. Che bene prezioso è l’acqua.

3 commenti:

  1. Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. :)

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  2. La "fortuna" aiuta gli audaci. E voi lo siete, altroché se lo siete.

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  3. Qualcuno che vi vuole tanto BENE,continua ad aiutarvi standovi accanto.Coraggio.Mam

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