martedì 17 luglio 2018

come una diga

Non ho mai capito perché il giorno prima di ogni partenza sia come una diga. In serie interminabile, come per effetto di una corrente diabolica e inarrestabile, si accumulano commissioni urgenti, corrispondenza da sbrigare, documenti da rinnovare. Solo in parte sono incombenze connesse al viaggio: il tizio che l'altro giorno ha tamponato il Papà, per esempio, certo non sapeva che di lì a pochi giorni saremmo partiti per la Georgia, e che quindi il carrozziere si sarebbe aggiunto alla (già lunghissima) lista di cose da fare oggi. Poi il dentista della Grande e la Media, da un po' di tempo dotate di lucenti e costosi apparecchi. La carta di credito scaduta, un incontro di lavoro, raccomandate da spedire. Solo adesso mi immergo nel vortice del bagaglio, con poche speranze di riuscire nell'impresa. Da qualche anno la Grande e la Media non chiedono più il peluche preferito, cosa che mi mette un po' di nostalgia. Mi rifaccio seminando ciucci per il Piccolo in tutte le borse. Lascio a malincuore a casa smalto e tacchi, pensando che in viaggio è meglio essere sportivi. Scelgo un vasetto gigante di crema antirughe, perché in fin dei conti tanto sportiva non sono.
La Media, evidentemente, ha ereditato l'ossessione materna per lo scalpo della vigilia: proprio oggi, dopo anni di capelli lunghi e qualche mese di un vezzoso caschetto, ha chiesto e ottenuto i capelli corti. Un bel taglio, del resto, è storicamente il nostro rituale pre-viaggio.
Non serve altro.
Domani voliamo a Tbilisi.

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