venerdì 20 luglio 2018

i progetti di tbilisi

Tbilisi
La compagnia di clown che abbiamo conosciuto ieri raccoglie fondi per ristrutturare il proprio teatro. A questo punto ci aspettiamo che venga intitolato alla Famiglia in Cammino, visto che da due giorni continuiamo a passare per la strada dove loro tengono gli spettacoli danzanti, continuiamo ad unirci al ballo (la Media si considera ormai parte della banda, e piroetta sul marciapiede come se l’avesse sempre fatto) e continuiamo a vuotare le tasche. Ma è che i progetti ci piacciono, e quindi li finanziamo. La città ci appare piena di suonatori ambulanti e di piccole orchestre. Raramente, purtroppo, si tratta di musica caucasica. Più spesso sono cover, qualcuna anche ben interpretata. Soprattutto, però, ci incuriosiscono gli artisti, che spesso espongono fantasiosi cartelli con la motivazione per cui chiedono spiccioli. 
Il Piccolo continua nel suo affannoso tentativo di capire come mai qui nessuno gli risponde. Ha imparato a dire kachapuri (il piatto nazionale georgiano; una base di pasta simile a quella della pizza, ma molto spessa e con sopra le uova), termine che ovviamente non aveva mai pronunciato; questo dovrebbe fargli venire dei sospetti, ma lui ancora cerca di attaccare discorso in italiano. Al momento non si è perso d’animo. Ieri, per attirare l’attenzione del tassista, ha esibito i suoi sandali (invero piuttosto brutti), con un trionfante: Hai visto le mie scarpe? Me le ha regalate la nonna! Di fronte al vago sorriso dell’interpellato, il Piccolo ha insistito: Me le ha messe proprio la nonna! Ma poi, non ottenendo risultati, ha dovuto gettare la spugna, preferendo balzare sulla pancia della sorella con un pauroso grido di battaglia. Non credo abbia capito che non tutti, nel mondo, parliamo la stessa lingua, giacché non si arrende e continua ad importunare i passanti nella propria. 
Oggi abbiamo visitato il parco Dedaena, che ospita tutti i giorni un mercato delle pulci con numerosi cimeli sovietici. Per la gioia del Piccolo, che è da sempre un cuoco appassionato, e per poter cucinare ogni tanto un piatto di pasta (la Barilla si trova) abbiamo acquistato una pentola di adeguata capacità. Ovviamente dovremo scarrozzarcela per il resto del viaggio, ma è noto che la comodità non ci appartiene. 
Siamo stati al parco Rike, per vedere le sculture folli che ospita (in più punti Tbilisi ricorda il Parc Guell di Barcellona) e per una sosta-kachapuri a pranzo. Siamo saliti in funivia al gigantesco monumento della Madre Georgia, un’enorme statua bianca che regge una spada e un bicchiere di vino. Da lì si gode di una vista pazzesca su tutta la città, oltre al fatto che ci siamo divertiti moltissimo nel volo in funivia. Ma soprattutto, proprio sotto la Madre Georgia, abbiamo finanziato il migliore dei progetti. C’era un ragazzo giovane, magrissimo, solo con la sua chitarra elettrica e le braccia vistosamente tatuate. Vicino ai suoi piedi, un cartello in georgiano e in inglese: Mia sorella minore vorrebbe diventare una fotografa. Io vorrei regalarle una buona macchina fotografica per il suo compleanno. Questa musica è per voi.
Trattengo non tanto bene le lacrime, elargisco con generosità e mi giro verso la Grande: Hai visto, tesoro, che bravo fratello? Suona qui perché vuole fare un regalo alla sorella…
La Grande: Mamma, ma se l’ha scritto e poi non è vero?
Può darsi che non sia vero. Ma è stato bello leggerlo, e anche crederci. 

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