martedì 24 luglio 2018

è un tiranno

Gori
Il figlio celebre di Gori era Stalin; la città ha con la sua memoria un rapporto ambivalente. La statua che troneggiava in centro è stata abbattuta (di notte, pare) ma qui tutto porta ancora il nome dell’Uomo d’Acciaio: la strada principale, il parco più grande, l’edificio più sontuoso. Quest’ultimo, peraltro, ospita il museo dedicato proprio a Stalin. La storia del ragazzino poverissimo partito alla conquista dell’Unione Sovietica ha degli elementi di fascino: il padre alcolizzato che lo picchiava, la madre ortodossa fervente. Tuttavia Stalin è stato e rimane un tiranno: uno che mandava a morire nei gulag gli oppositori veri o presunti, uno squilibrato colpevole di crimini contro l'umanità, e questo non bisogna dimenticarlo, nemmeno per un attimo. Siamo un po’ combattuti sull’opportunità di visitare il museo, ma alla fine decidiamo di cogliere l’occasione per spiegare qualcosa alla Media e alla Grande. 
Dentro ci sono foto di Stalin in mille contesti diversi (nemmeno un cenno ai gulag o al genocidio per fame in Ucraina). La sua valigia personale, i cappotti, la scrivania che usava al Cremlino. C’è perfino, portato qui chissà in che modo, il vagone ferroviario personale, con bagno e sala riunioni. L’ingresso sul treno è il momento preferito del Piccolo, che guarda in tutte le cuccette prorompendo ogni volta in urla di entusiasmo. 
Mamma - mi chiede la Media guardando un quadro - perché dici che era cattivo? A me sembra buono… Guarda come tiene in braccio questa bambina…
Amore - rispondo io - si chiama propaganda. Tutti i tiranni, soprattutto i più cattivi, vogliono far credere di essere buoni. Quindi diffondono immagini in cui appaiono sorridenti e nel frattempo ammazzano le persone.
Ah - risponde lei - e mentre ammazzava le persone quindi si nascondeva…
La Grande ha un lampo di memoria: Ma non è lui - dice ad un certo punto - che aveva fatto rapire lo scrittore armeno?
Effettivamente l’anno scorso, in Armenia, abbiamo visitato la casa di Aksel Bakunts, un intellettuale vittima delle purghe di Stalin. Sono contenta che se ne ricordino.  
Esatto - rispondo - tutti i regimi totalitari diffidano degli intellettuali. Vogliono pubblicare solo i libri e i film che a loro piacciono, e non quelli che li criticano, o che mostrano semplicemente la realtà.
La Grande: Anche Mussolini faceva così, vero? 
Io: Certo. Si chiama censura. Tutti i regimi totalitari la applicano.
Quando ragiona su qualcosa che le dico, la Grande gira lo sguardo di lato. Sembra quasi che non stia ascoltando, ma invece è il momento in cui è più attenta. Rimane zitta e riprende a camminare. Uscendo dal museo, in fila per il pane appena sfornato, mi guarda e dice: I tiranni bruciano i libri. Chi brucia i libri è un tiranno

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