venerdì 26 luglio 2019

i castelli di harry

Dana
Oggi la Grande e la Media si sono ammutinate. Quando siamo arrivati di fronte al castello di Erode, vedendo la salita sotto il sole che avrebbero dovuto percorrere fino alla cima, in un silenzioso accordo sono rientrate in macchina ed hanno estratto con ostentazione i loro libri. Quindi sono rimaste sotto un grande ulivo a leggere, mentre noi, trascinando il Piccolo (che non è venuto esattamente di sua spontanea volontà) ci siamo arrampicati fin sulla sommità della collina. Ne valeva la pena non tanto per le rovine (che non sono ben conservate come molte altre che abbiamo visto) ma per il paesaggio mozzafiato (su una serie di alture bruciate dal sole, a picco sul Mar Morto) e per la leggenda che avvolge il luogo: si narra che qui la bellissima Salomé abbia ballato per Erode. Lui, ammaliato, le disse che avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cosa desiderasse. Lei volle la testa di Giovanni Battista, che pare sia stato decapitato in una delle molte grotte subito al di sotto del castello, oggi usate dai pastori come ricovero per le capre. Mi domando, tra l’altro, cosa mai mangino le capre qui, visto che non si vede nessun’erba, nemmeno un cespuglio, solo qualche ulivo e cardi rinsecchiti. 
A parte l’ammutinamento di fronte alla salita, i castelli di solito ci entusiasmano: la Media, immersa in pieno nella fase di Harry Potter, cerca le somiglianze fra le fortezze che vediamo e Hogwarts, dove i giovani maghi ricevono la loro formazione. La rocca di Karak, che abbiamo visitato oggi, ha talmente tante stanze e corridoi infilati l’uno nell’altro che le scale sembrano cambiare posizione, come succede a Hogwarts. Ma fino a questo momento il castello che più ha colpito la Media è stato quello di Ajloun, perché era una base di volo per i piccioni viaggiatori. Quando ha sentito questo, a lei è sembrato di veder volare Edvige, il gufo addomesticato che porta i messaggi al giovane Harry. E si sono moltiplicate le richieste di acquisto dei gadget di Harry Potter, primo fra tutti la bacchetta magica. A questo penseremo al rientro (scusa che al momento mi consente di cavarmela in molte situazioni spinose) e per intanto la Media lascia volare l’immaginazione e percorre in lungo e in largo i castelli alla ricerca di ogni feritoia. A Karak, divenuto tristemente famoso per un attacco di fondamentalisti islamici che ha provocato dieci morti tre anni fa, approfitto per raccontare la storia delle crociate, aggiungendo citazioni dalla Gerusalemme Liberata, una delle mie opere preferite in assoluto. L’effetto è quello di far fuggire i tre quinti della famiglia: solo la Grande mi dà soddisfazione e continua a chiedermi come sia possibile definire “santa” una guerra, come sia possibile definire “pietose” le armi. Domande di cui ovviamente non conosco la risposta, ma forse l’importante è avere un’occasione per parlarne. 
In serata, e non senza fatica (cominciamo a pensare che il nostro navigatore gps sia tarocco, visto che più di una volta ci ha portato fuori strada) arriviamo al villaggio di Dama, tutto costruito nella pietra e a pochi passi da una riserva naturale. Le case sono talmente aggrappate l’una all’altra che sembra di stare ancora dentro un castello. Troviamo una pensione, chiediamo una stanza per quattro. Il titolare ce la mostra, ma il Papà non è convinto, vorrebbe la vista sulla valle. Ci allontaniamo alla ricerca di qualcos’altro, ma l’alternativa - un lodge di lusso con vista mozzafiato - è davvero molto cara. Torniamo quindi sui nostri passi (i bambini nel frattempo sono rimasti in piazza, vicino alla moschea, con un gruppo di coetanei e una cucciolata di cani randagi) e annunciamo al titolare della pensione che prenderemo la camera. A questo punto lui fa l’offeso: non ha gradito il fatto che siamo andati a vedere altro; dice di non sapere se la stanza sia ancora disponibile. Vado su tutte le furie e mi volto di nuovo verso l’auto, decisa a mollare tutto; per fortuna - giacché altrimenti dovremmo vagare nella notte privi di alloggio - il Papà mi convince ad accettare le scuse del titolare. Questa volta non abbiamo incontrato una persona simpatica, al contrario della maggior parte dei giordani, che sono gentilissimi, ma quello che conta è avere un posto per dormire. Ci fermiamo in questa piccola pensione. La camera ha una lampadina minuscola, ci sono zanzare e scarafaggi. Ma prima di dormire posso stare un po’ seduta sotto le stelle, nella terrazza circondata di gelsomini. È sempre stato il mio fiore preferito. 

2 commenti:

  1. alcune volte bisogna far buon viso a cattivo gioco. Pap

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  2. Tutto emozionante e AFFASCINATE,con la mente ,si può vagare molto lontano ,in tempi REMOTI!!!!Mam

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