mercoledì 17 luglio 2019

i falafel del re

Amman
Il cordone ombelicale della pasta è sempre il più difficile da tagliare: nonostante i nostri figli siano ben abituati ai sapori diversi, il primo impatto è ogni volta un trauma. Sul tavolo del ristorante di oggi è rimasto quasi tutto: i migliori hummus e falafel di sempre (crema di ceci e polpette vegetariane), baba ganoush (a base di polpa di melanzana), perfino il pane arabo, che non è troppo diverso dal nostro. Non credo che i miei figli fossero turbati dalla presenza di decine di avventori chiassosi, dal fatto che i tavoli fossero apparecchiati con la plastica o dall’assenza di posate. Temo proprio che fosse banale nostalgia da spaghetti. E pensare che, stando alle leggende metropolitane di Amman, in questo ristorante si vede qualche volta perfino il re di Giordania, quando ha voglia di cibo da strada. La Grande assaggia un falafel solo perché costretta, il Piccolo rimane in piedi sulla sedia, tiene una conferenza sul proprio amico immaginario e si accontenta di qualche fetta di pomodoro; la Media piange lacrime amare sulle proprie braccia, non tocca nulla e continua a lamentarsi per il caldo. Oggi 38 gradi di massima, con un vento che sembrava un enorme asciugacapelli puntato addosso. Non era probabilmente la temperatura ideale per visitare le rovine della cittadella di Amman, che vanno dall’era romana al periodo omayyade. Ci siamo fermati di fronte al tempio di Eracle, di cui rimangono tre colonne altissime, visibili da qualsiasi punto della città. Il tempio era collegato al foro e risale all’epoca dell’imperatore Marco Aurelio. Abbiamo proseguito fino alla cisterna omayyade e la stanza del trono, ma più spettacolare era probabilmente la sala delle udienze, con pianta a croce e sormontata da una cupola. Tutto questo però, i bambini non l’hanno visto. Dopo le foto che li ho obbligati a fare sotto il sole alle colonne del tempio, hanno puntato con decisione l’unico albero di tutto il sito e si sono messi all’ombra. Prepariamo la zuppa del giorno! ha detto il Piccolo, trionfate, raccogliendo sterpi e rametti che frantumava con una pietra, del tutto incurante delle vestigia secolari che aveva intorno. Dopo poco usciamo, abbiamo parecchia strada da percorrere a piedi e il sole è al massimo. Appena fuori dal cancello, incrociamo decine di bambini urlanti. Li avevamo già adocchiati sulla cittadella, sono probabilmente una gita scolastica. Hanno un momento di pausa. Stanno sollevando in cielo decine di aquiloni rosa. 

2 commenti:

  1. sempre troppo bravi considerando anche il fatto che delle antiche vestigia a loro interessa poco

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