lunedì 27 luglio 2015

c'era un monaco che spazzava il sentiero

Arugam Bay
Il trattamento ayurvedico ha avuto effetti sorprendenti: dopo due giorni di continui bagni in mare, i capelli delle bambine sono ancora lucenti e morbidi. Immagino anche anche i pidocchi abbiano gradito, visto che sono ancora tutti al loro posto. E io posso anche aver commesso qualche errore nell’applicazione; ma a questo punto vorrei solo trovare una bella, concertata e aggressiva permetrina, in modo da chiudere la faccenda. Purtroppo, anche qui, si trova solo una lozione ayurvedica. La boccetta è diversa da quella del nostro caro olio e immagino lo sia anche il prodotto, ma confesso di non avere molta fiducia. 
Al di là del problema delle teste abitate, la tappa ad Arugam Bay si sta rivelando più interessante del previsto. Il posto continua a sembrarci fuori contesto, come se non avesse niente a che fare con lo Sri Lanka, ma ha un suo fascino; qui si raduna una sorprendete quantità di giovanotti “alternativi”, molti dei quali hanno capelli rasta (da cui la Grande e la Piccola sono rimaste molto colpite), girano scalzi a torso nudo e hanno l’aria di chi vive in un’altra dimensione. Una specie di hippie dei nostri giorni; grazie alle indicazioni di uno di loro, un ragazzo-padre inglese, abbiamo scoperto una favolosa spiaggia qualche chilometro fuori dal paese: pochissima gente, sabbia con cui giocare e onde perfette per il surf, su cui recentemente si è lanciata anche la Piccola. 
Ancora un po’ più oltre c’è il monastero buddista di Kudimbigala, che abbiamo visitato oggi pomeriggio; Kudimbigala non risponde al nostro concetto di monastero: si tratta di alcune decine di piccole grotte disseminate in un’area di 47 chilometri quadrati. Un tempo qui vivevano, nella povertà più assoluta, circa 200 monaci. Oggi i monaci sono una decina, e il nucleo abitato è soltanto quello centrale. Ogni monaco, che vive in castità e in povertà assoluta, ha a disposizione una piccola cella ricavata sotto un masso, con una doccia esterna. Nessun bene materiale, nemmeno un paio di scarpe. Su una collina, vicino ad una statua bianca di Buddha, c’è un’area comune dove i monaci tengono i loro libri, conservano il cibo e mangiano. Poiché non hanno energia elettrica (e quindi nemmeno il frigorifero) mangiano solo cibi secchi come riso e legumi, offerti dai fedeli in visita al monastero. I monaci vivono di carità e accettano offerte di cibo. Sul sentiero che passa in mezzo alle grotte incontriamo un monaco molto giovane, intento a pulire il sentiero con una scopa. Confesso che l’immagine di una persona che spazza con grande cura un sentiero di montagna, come se pulisse il soggiorno di casa, mi lascia interdetta per qualche secondo. Sono invece le bambine a farsi avanti. Il monaco spiega loro che questo luogo è abitato da più di mille anni. Che lui si è ritirato qui circa un anno fa, e che lo ha fatto per dedicarsi alla meditazione e allo studio del buddismo. A questo punto parte la mia domanda:- Ma non è difficile vivere qui…così? Lui mi guarda come se non capisse, poi sorride e risponde:- No. Non è difficile. 
Ci allontaniamo un attimo. Poi, all’improvviso, la Grande:- Perché hai chiesto se la vita qui è difficile?
Io:- Mah… secondo te non lo è?  
- Un po’ all’inizio, forse… Ma poi ci si abitua.
Interviene la Piccola:- A me piacerebbe venire ad abitare in una di queste grotte.
Io ci penso un attimo. Forse hanno ragione i monaci. Forse la strada giusta è mollare tutto. Auto, vestiti, cellulare. Mollare tutto e andare in un bosco a meditare tutta la vita. Forse per un periodo. Forse un’altra volta. Forse in una prossima vita. Chiedo alla Piccola:- E perché vorresti vivere così?
Lei si ferma, allarga le braccia e sorride:- Non lo so.
Risponde la Grande:- Perché si è liberi. 

2 commenti:

  1. Sarà difficile ma forse è più difficile essere prigionieri della civiltà.bisognerebbe provare, boh.pspi

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  2. Bisogna vivere con gli "altri" e per gli "altri"non solo per se stessi!Mam

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