venerdì 24 luglio 2015

miraggi e sogni

Batticaloa
La Grande e la Piccola hanno i capelli morbidissimi e lucidi: tutto merito dell’olio ayurvedico, che negli ultimi due giorni ho distribuito sulle loro teste in abbondanza (e che poi si è distribuito anche sui vestiti, sui peluche, sui sedili del tuk tuk); prossimamente vedrò se, fra gli altri benefici effetti, ha anche estirpato i pidocchi, che in effetti era il motivo per cui l’avevo comprato. 
Oggi siamo di nuovo sul mare: Batticaloa, anzi, si trova in mezzo ad una laguna. Dai fondali di queste acque, secondo la diceria popolare, si sentono cantare i pesci. Pare che il modo migliore per sentirli sia mettere un remo in acqua, poggiando l’orecchio ad un’estremità. Noi non abbiamo sperimentato, ma abbiamo ugualmente avuto un’apparizione eccezionale: un parco giochi. Era il primo, da quando abbiamo iniziato il viaggio. Le bambine lo hanno visto al termine della passeggiata, salutandolo come un miraggio e correndo sugli scivoli come se li sperimentassero per la prima volta. 
In mattinata abbiamo visitato le rovine di Polonnaruwa, che sono veramente spettacolari. L’area archeologica, che ha circa 800 anni, copre una superficie di 4 km quadrati ed è divisa in varie zone; il sito più noto è un gruppo scultoreo di 4 Buddha, di cui uno disteso lungo 14 metri. Notevole è anche il cosiddetto Quadrilatero sacro, che ospita una serie di edifici religiosi, ma le bambine sono rimaste deluse nell’apprendere che la reliquia del dente di Buddha, una volta custodita in uno di questi templi, non si trova più qui. 
Nel primo pomeriggio, trasferimento impegnativo fino a Batticaloa, coprendo una distanza di circa 110 km. Poiché il tuk tuk viaggia a velocità molto ridotte (30 all’ora, a volte qualcosa in più), abbiamo impiegato un bel po’. Per ingannare l’attesa oggi impazzavano i discorsi sul cibo. La cucina cingalese di piace. Quando non è troppo piccante, le bambine amano il riso saltato con le verdure o con i gamberetti. Di recente abbiamo scoperto gli hoppers: pastella di farina di riso e cocco, cotta in un piccolo wok. Il risultato è una specie di crespella circolare, sottile e croccante ai bordi e morbida al centro. Molto buono anche nella variante con l’aggiunta di uovo. Tuttavia, per quanto la cucina locale sia gustosa, la Famiglia in cammino comincia ad avere nostalgia dei sapori di casa. Il Papà è un vero duro, e quindi a lui non manca proprio nulla: trangugia, in silenzio  e di gusto, enormi quantità di riso, lasciando a noi deboli donzelle la nostalgia dei menu d’Italia. A me manca molto il caffè espresso. La Grande vorrebbe una fetta di pizza. La Piccola:- Mi mancano i mirtilli, le more e i lamponi. Mi manca la pizza. Mi mancano la pasta al pomodoro che prepara la mamma, il ragù che prepara la nonna. Le lenticchie che prepara la mamma…
- Le lenticchie? Ma se le abbiamo mangiate un sacco di volte, qui, le lenticchie.
- No. Ho detto “le lenticchie che prepara la mamma”. Qui le lenticchie non le sanno fare.
Per la cronaca: le “lenticchie della mamma” sono bollite e basta, perché io sono un disastro in cucina. E siccome sono anche fissata, non aggiungo nemmeno condimento. Lenticchie bollite, senza olio, senza sale, senza nulla. Mi sorprende che se ne possa avere nostalgia. 

2 commenti:

  1. La cucina della mamma è la migliore in assoluto e in relativo. Pap

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