giovedì 30 luglio 2015

tuk tuk sì e tuk tuk no

Ella
La Famiglia in cammino invidia l’Ape; che esistessero due classi sociali di mezzi a motore lo sapevamo già; ci sono i guidatori di mezzi grossi e i guidatori di tuk tuk, che i mezzi grossi ritengono di poter buttare fuori strada. Da poco abbiamo capito che anche la classe dei tuk tuk è divisa in due. Ci sono quelli con l’Ape Piaggio, che ha un inarrestabile motore diesel e soprattutto è più grande e ha perfino una specie di bagagliaio; e ci sono quelli col Bajaj, di fabbricazione indiana, notevolmente più piccolo e molto più diffuso. Noi naturalmente abbiamo il Bajaj. Rosso fiammante, cilindrata 200. Una scatoletta. Questo comporta, diciamocelo, alcuni notevoli svantaggi; il primo è che, stando io seduta dietro tra le due bambine, praticamente viaggio con le ginocchia in bocca. Oltretutto, poiché non c’è bagagliaio, noi occupanti del sedile dietro abbiamo un po’ di borse fra le gambe. Durante la marcia quindi devo: assicurarmi di avere la bandana ben stretta, perché arriva aria da tutte le parti, come se si fosse su una decappottabile. I primi giorni non ci avevo fatto molto caso e infatti avevo la saggina al posto dei capelli. Devo tenere le gambe rigidamente nella stessa posizione, con le ginocchia in bocca e una borsa da bloccare con le caviglie. Tenere ben stretta con le mani la carta stradale, che rischia in ogni momento di volare fuori. Al momento attuale, la carta sembra un residuato bellico, segno di tutte le volte che in effetti mi era scappata, ma l’ho riagganciata in volo. Devo inoltre coccolare a turno la Grande e la Piccola, che mi si strusciano addosso dai due lati e tengono il conto delle coccole con una precisione ragionieristica. Sempre a turni rigorosi, inoltre, permetto loro di dormire con la testa sulle mie gambe già anchilosate. A tutto questo oggi si sono aggiunte due novità: la prima è l’enorme palloncino rosa, a forma di squalo, che la Piccola ha ricevuto in regalo ieri alla fiera di Kataragama; è davvero grandissimo, plasticoso e rischia di volare fuori in ogni momento. Bloccarlo dentro al tuk tuk ha richiesto tutti i miei sforzi. D’altronde avevamo promesso alla Piccola che, se fosse stata brava durante la processione, avrebbe potuto scegliere un regalino, e questo è stato l’infausto risultato. La seconda novità è un’enorme busta di frutta, dono per gli elefanti selvatici: ieri, pochi chilometri prima di arrivare a Kataragama, abbiamo trovato in mezzo alla strada un elefante. Gli altri guidatori gli porgevano frutta dai finestrini; d’altronde è noto che dar da mangiare agli elefanti porta fortuna, e su questo immagino che il pachiderma fosse d’accordissimo, visto che non accennava a spostarsi, ma tendeva speranzoso la proboscide verso qualsiasi veicolo passasse. Credo che su quel tratto di strada ci sia stato il senso alternato per ore, perché lui di spostarsi non ne aveva intenzione, e occupava per intero una corsia. Le bambine ci sono rimaste male perché non hanno potuto dargli nulla; quindi, nella speranza di incontrare altri esemplari, oggi abbiamo aggiunto al nostro carico anche un casco di banane. Elefanti a cui darle, ovviamente, non se ne sono visti. Però, nonostante i capelli da buttar via, le gambe anchilosate e la mappa stradale a rischio decollo, viaggiare in tuk tuk ci piace un sacco. Stiamo perennemente in un ciclone d’aria e non abbiamo mai caldo. Ci sentiamo parte del gruppo, perché la grande maggioranza dei cingalesi viaggia così. Non abbiamo difficoltà su sterrati, stradine strette, parcheggi impossibili. Ogni tanto riusciamo perfino a dare un passaggio a qualche signora a bordo strada. E se per caso rimaniamo insabbiati (come è successo un paio di settimane fa) basta una piccola spinta per tirarci fuori; invece, quando il fuoristrada del safari è rimasto nel fiume, c’è voluto un sacco di tempo e l’energia di una dozzina di uomini. Inoltre, cosa da non trascurare, in tuk tuk si può tranquillamente entrare tutti sporchi di sabbia, di ritorno dal mare. Tanto, alla prima curva, la sabbia vola via. 
Oggi siamo ad Ella, un villaggio sulle montagne, a mille metri di altitudine. Il paesaggio è completamente cambiato. Fino a questa mattina passavamo in mezzo alle risaie. Le bambine hanno imparato riconoscere le piante del riso, il riso messo a seccare per terra, i grandi sacchi pronti per il trasporto. Qui intorno, invece, ci sono distese di piante di tè a perdita d’occhio. Cosa ancor più incredibile, la temperatura è cambiata; questa sera, per la prima volta, abbino tirato fuori le felpe dalle valigie. 

1 commento: