venerdì 7 febbraio 2014

aspetto il treno

Hamilton (Tasmania)
Finalmente abbiamo visto da vicino l'echidna. Per la verità rischiavamo che l'incontro finisse in tragedia, visto che l'incauto animaletto ha attraversato la strada a poca distanza dal nostro camper; ma invece siamo riusciti a dare la precedenza all'echidna (come insistentemente prescritto dai cartelli stradali), ad accostare e guardare con calma, per la gioia della Grande.
Attraversiamo la Tasmania in direzione di Hobart. Questa notte, per fortuna, nessun poliziotto è arrivato a farci sgombrare, e in mattinata a Strahan abbiamo attraversato una piccola jungla fino alle cascate Hogarth. La Piccola non aveva troppa voglia di camminare, ma lo spettacolo dell'acqua l'ha rimessa in forze. Più tardi, attraversando l'interno, ci siamo fermati nella zona di Frenchman's Cap. Il fascino di questa maestosa montagna, oltre che nell'ambiente incontaminato (in questo gli australiani sono maniaci: estirpano, per esempio, le piante non autoctone), sta proprio nel nome: "il cappello del francese" è il modo in cui la chiamavano i galeotti evasi dal Macquarie Harbour, che la usavano per regolarsi sulla direzione da prendere; era per loro il simbolo della libertà, come la Rivoluzione Francese. Abbiamo letto storie incredibili di evasioni rocambolesche, spesso finite con la morte per fame dei fuggitivi. La Tasmania era una colonia penale paurosa. Noi ci siamo limitati a percorrere il primo tratto di sentiero verso il Cap, fino ad un ponte tibetano sospeso su un fiume: ovviamente la Grande e la Piccola si sono divertite moltissimo ad attraversarlo, tenendosi alle corde e sentendolo dondolare sotto i piedini. In serata, passeggiata sulle rive di Lake St Clair. Ma il top della giornata è stata la sosta a Queenstown, un centro minerario che conserva una stazione storica. Per noi europei il concetto di "storico" degli australiani è un po' ridicolo, e la stazione ferroviaria di fine Ottocento, completamente restaurata e tirata a lucido, sembrava un carosello; mi faceva un po' l'effetto del trenino di Gardaland. Non così per le bambine, che sono rimaste a bocca aperta davanti al trenino a vapore, alle rotaie e al personale (dal macchinista agli addetti alle pulizie) tutto in costume d'epoca. Mentre la Piccola, per una volta silenziosa, si avvicinava alla sagoma di un passeggero impettito, la Grande ha sentenziato: - Aspetto il treno.
- E dove vuoi andare?
- Da Don Rodrigo, al lazzaretto.
La Grande adora Manzoni. Ma forse dovrei parlargliene un po' meno.

4 commenti:

  1. Eh si:stupiscono sempre più.pap

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  2. Che esperienze per le bimbe(oltre che per i grandi!)Chissa come saranno quando ritornerete!Mam

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  3. Da don Rodrigo al Lazzaretto ???!!!! Unica la mamma!

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  4. Ho sempre creduto di non essere una persona invidiosa. Mi sbagliavo: invidio tantissimo questa famiglia per il modo in cui hanno preso in mano la loro vita..Monica

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