lunedì 10 marzo 2014

evviva i pennelli

Agnes Creek rest area (Stuart Highway)
Siamo di nuovo sulla strada. Andiamo verso il centro dell'Australia e verso Uluru (Ayers Rock). La Stuart Highway, che per l'appunto è un'autostrada, assomiglia in realtà ad una delle nostre strade statali, e non la più frequentata. Non ci sono guard-rail, non c'è illuminazione, solo una striscia d'asfalto dritta in mezzo al deserto. Non c'è traffico. Si può guidare per decine di chilometri senza incontrare nessuno. Non un'auto, un camion, un paese. Bisogna invece stare attenti agli animali: mucche e cavalli pascolano proprio a lato della strada. Canguri e wallaby, soprattutto la mattina e la sera, attraversano di continuo (e infatti se ne vedono a decine, morti investiti, con enormi rapaci che banchettano intorno a loro). Vediamo qualche altro camper, poche auto e gli enormi Road Train, camion con due o tre rimorchi, spaventosi e pieni di luci. A lato della strada ci sono ogni tanto delle aree di sosta (parcheggi allestiti con tavoli, come quello in cui siamo ora) o enormi distributori di carburante, corredati di bar, ristorante, supermarket, ufficio postale, stazione di polizia. Cerchiamo di far benzina sempre, perché fra un distributore e l'altro possono esserci centinaia di chilometri.
Abbiamo trascorso la mattinata a Coober Pedy. È una cittadina caldissima, piena di mosche, buchi ovunque (le miniere di opale) e un'orrida polvere giallastra che si appiccica al sudore. Coober Pedy è una strada centrale, con traverse sterrate, intorno a cui si raccolgono costruzioni basse e brutte. Eppure si respira (insieme alla polvere) uno strano fascino. La maggior parte della vita si volge sotto terra: nel corso dell'unico secolo di vita del paese, tanta gente ha ricavato le abitazioni col piccone, quando ancora si poteva scavare dove si voleva senza permesso (ma questo, ci pare, avviene in parte anche oggi). La cosa appare vagamente contro natura, ma ha un senso, visto che negli ambienti sotterranei, come in cantina, la temperatura rimane costante, fa fresco e non ci sono insetti (non per questo, però, mi viene voglia di andare a vivere in cantina).
Oggi le bambine si sono divertite ad esplorare una delle miniere più antiche. Munite di casco, si sono avventurate nei cunicoli, fingendo di essere cercatrici di opali. Poco dopo, le abbiamo portate a visitare la chiesa cattolica sotterranea, con annessa canonica sotterranea comunicante. Dopo la funzione, una ragazza ha chiesto alle bambine di partecipare al laboratorio artistico della parrocchia, in corso proprio in chiesa. Lo scopo era dipingere tutti insieme (un gruppo di una dozzina di bambini) su una grande tela e realizzare un cartellone sul tema della riconciliazione con la popolazione aborigena. A Coober Pedy, peraltro, la comunità dei nativi è piuttosto numerosa. La Grande e la Piccola hanno colto volentieri l'occasione per dipingere e si sono messe al lavoro. La Piccola, che disegna piuttosto bene ma ha ancora delle ricadute sull'astratto, si è appropriata di un angolo e ci ha fatto un'enorme macchia con tutti i colori possibili. Un pasticcio enorme, che ha contagiato anche le sue mani, le braccia, il vestito. La Grande, non sapendo bene come rappresentare la "riconciliazione", è andata sul sicuro e ha disegnato la nostra famiglia: la mamma coi capelli neri fino ai piedi, gli occhiali tondi del papà, il sorriso suo e della sorella. Tutte e due si sono divertite. Hanno lavorato e chiacchierato con gli altri bambini. Avevano i due unici visetti bianchi, ma non se ne sono accorte, il che ci è parso un buon segno.

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