sabato 18 luglio 2020

i ragazzi che sorridono

TAPPA 21 - Da Cella di Noceto a Sivizzano 25 km 
Possediamo un unicorno: ieri la Media ha fatto amicizia con una bambina della sua età, in ritiro per qualche giorno coi genitori alla Fraternità Francescana di Cella. La nuova amica, volendo lasciarle un ricordo, le ha dato il suo peluche con criniera rosa. Non era esattamente ciò di cui avevamo bisogno, e non bisognerebbe appesantire il bagaglio con oggetti non necessari. Ma proprio non siamo riusciti a dire di no. Ogni mattina, nel cestello del passeggino, insieme ai sacchi a pelo e al filo per stendere, dovrò incastrare anche un nuovo pupazzo.  
Sorridevano sempre, i fratelli e le sorelle francescani. Sorridevano ieri sera, quando ci hanno servito la cena all’aperto: «Niente self service - ci ha detto la sorella più giovane, ancora senza saio - le norme per il Covid non lo permettono. Ma ci penso io a riempirvi i piatti». E li ha riempiti, effettivamente, di ogni prelibatezza. Cibo che i francescani ricevono in regalo, o comprano con l’elemosina. «A fine mese - ci spiegava un fratello un po’ più anziano, anche lui col sorriso - accediamo al conto e paghiamo le spese. Non sappiamo neanche bene da dove arrivino, i soldi. Ma sono sempre più di quel che serve». I frati riescono ad accogliere i pellegrini. Riescono a preparare pacchi di prima necessità per le famiglie indigenti, che dopo la pandemia sono aumentate anche qui. Riescono a dare alloggio a chi ha semplicemente bisogno di staccare la spina per qualche giorno, di pensare e pregare. Vivono solo di elemosina. Loro la chiamano Provvidenza. Io faccio sempre molta fatica a riconoscere la mano di Dio. Ma c’è davvero qualcosa di miracoloso in questo gruppo di ragazzi - la sorella che ci serve a tavola avrà sì e no 25 anni - che ha scelto la povertà assoluta, che non aspira a far carriera, che non si domanda nemmeno come farà a pagare le spese. Saio grigio, croce al collo, e la disponibilità a sentire le nostre storie, a raccontare le proprie. La ricorderemo, la serata di ieri. I bambini correvano sul prato per acchiappare i grilli. Io, per una volta, li ho lasciati fare. Senza orologio. Noi, nel frattempo, abbiamo condiviso dubbi e sogni. Chissà se li rivedremo mai, questi ragazzi che sorridono. Ci piace pensare di sì. Anche noi, per un giorno, ci siamo sentiti loro fratelli. Qualcuno si è perfino alzato a salutarci, questa mattina presto. E tanto vale che lo confessi: non siamo riusciti ad evitare di abbracciarli, ma proprio forte forte. Ci aspettava la strada, e dopo Cella di Noceto non è una strada da poco: il primo pezzo sale ripidamente su un brutto sterrato. Arriva su un crinale di girasoli, scende di nuovo. A Medesano troviamo un parco, compriamo una pistola ad acqua per il Piccolo (continuando ad appesantire i bagaglio con oggetti inutili - in compenso i calzini di ricambio scarseggiano) e andiamo avanti. Le colline salgono e scendono: la pianura è definitivamente alle nostre spalle, e procediamo verso il Passo della Cisa. Ci fermiamo in serata in uno dei pochi ostelli aperti, in una frazione minuscola. La doccia è fredda, il telefono non prende. Ma nella trattoria all’angolo si mangia una deliziosa torta fritta, e i letti sono nel chiostro di Santa Margherita, un luogo che da secoli ospita i pellegrini diretti a Roma. I nostri sacchi a pelo sono sotto le volte di un antico convento. Non si può proprio chiedere di più. 

2 commenti:

  1. Si è sereni anche con poco o soprattutto con poco.E la serenità è più contagiosa del coronavirus si trasmette anche a distanza.

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  2. la PROVVIDENZA esiste,c'è,la si può chiamare in diversi modi ma esiste ,basta saperla VEDERE.La PROVVIDENZA vi sta dando la possibilità di fare il vostro fantastico viaggio alla volta di ROMA.Forza,meravigliosa famiglia.Mam

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