venerdì 17 luglio 2020

l'abbraccio di un paesino

TAPPA 20 - Da Fidenza a Cella di Noceto 17 km 
Del paese di Costamezzana nemmeno conoscevamo l’esistenza, ma lo porteremo nel cuore. Ci siamo arrivati dopo una lunga salita. C’erano un minuscolo parco giochi (sì: i bambini avevano voglia di correre al parco anche dopo la salita), una fontanella d’acqua e un bar-trattoria. Sembrava che le persone - una grande comitiva di amici, più che un gruppo di clienti - ci aspettassero: abbiamo raccontato il nostro pellegrinaggio, scattato foto insieme. Abbiamo scelto la razza del cane che avremo: i bambini hanno giocato con Due, il Flat Coated Retriever di uno degli avventori. Hanno riso come matti, si sono fatti leccare il viso, si sono sentiti trattati come piccole star. Uno di quei posti alla Peppone e Don Camillo (la zona è proprio questa), miracolosamente fuggito al cancro moderno dei fast food. Per fortuna in Italia esistono ancora angoli così. Abbiamo mangiato maltagliati fatti in casa al pomodoro, poi un piatto di zucchine: «Assaggiate, sono del mio orto» ci ha detto il titolare, prima di chiederci una foto da conservare come ricordo. Le persone, nel frattempo, aiutavano a sparecchiare e si scambiavano pacche sulle spalle. Per il pranzo abbiamo speso 20 euro in cinque, caffè compreso. E siamo felici non tanto per i 20 euro (quella dei soldi è una preoccupazione costante, con tre figli perennemente affamati), ma perché se il conto è 20 euro vuol dire che siamo stati accolti come amici, non serviti come clienti. Ripartiamo col sorriso, promettiamo di mandare una cartolina da Roma. I meravigliosi incontri del Cammino. 
Ci inerpichiamo su per la salita che arriva al castello di Costamezzana e poi al crinale. C’è una fila di balle di fieno al sole. La Grande e la Media si arrampicano e iniziano a correre sul fieno, ridendo a gola spiegata e dondolando le braccia. Mi chiedo se non sia il caso di fermarle: il fieno sarà pure di qualcuno. Magari il contadino si arrabbia: non avrebbe tutti i torti. Ma non faccio in tempo a concludere queste riflessioni che mi ritrovo anch’io a correre sul fieno, aprendo le braccia e urlando insieme ai miei figli. I giochi del Cammino, all’aria aperta e senza giocattoli. 
Riprendiamo la strada. Scendiamo fino a Cella di Noceto. Troviamo ospitalità pellegrina dai monaci della Fraternità Francescana di Betania, una comunità monastica dedita all'accoglienza. Stanza pulitissima, cena comunitaria e un grande giardino dove i bambini hanno ancora energia per rotolarsi. Tutto perfetto, oggi. Nel frattempo, dopo giorni di pianura, iniziamo a scaldare le gambe: inizia il lungo avvicinamento al Passo della Cisa; qui, sulle colline, si sale e si scende. Ah, un’altra cosa. Solo ieri mi ero detta «Mai più in trattoria a pranzo: ci si appesantisce». Ma oggi ho imparato - avrei dovuto già saperlo, ma un ripasso non mi ha fatto male - che sul Cammino non ha senso programmare, saranno i momenti a guidarci. Evviva gli Emiliani, che sono stati colpiti così duramente dal Covid, ma non hanno perso la voglia di abbracciare. 

2 commenti:

  1. anch'io sarei stato orgoglioso di fraternizzare con una famiglia come la vostra:più unica che rara!

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  2. Evviva,bravissimi,BISOGNA gustare ogni attimo perchè:gli attimi persi,sono persi e non tornano più.Mam

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