domenica 19 luglio 2020

la carreggiata

TAPPA 22 - Da Sivizzano a Berceto 23 km
Solo sui cammini i passi si misurano in chilometri: non c’è altro modo, in effetti. Nel resto della vita, però, chilometri e passi non vanno a braccetto. Oggi abbiamo capito perfettamente perché: la tappa non aveva un alto chilometraggio, ma è stata fino ad oggi la più faticosa: una salita lunga, ripida, senza respiro. Stiamo arrivando al Passo della Cisa, uno degli storici passaggi della Via Francigena. Peccato solo che al giorno d’oggi la Cisa piaccia anche ai motociclisti, che sfrecciano a duecento all’ora a pochi centimetri dal nostro passeggino. Il fatto che sia domenica contribuisce molto ad aggravare la situazione. Ho paura a far camminare il Piccolo e quindi spingo il passeggino a pieno carico. Per lunghi tratti il percorso corrisponde alla strada. Qualche volta si allontanerebbe, ma i sentieri sono in condizioni pessime: impossibile passare con le nostre ruote. Proviamo a farlo una volta sola, sfiniti dal rumore e dal pericolo delle moto, ma ci troviamo di fronte ad un’enorme pozza di fango. E mentre cerco di andare avanti per verificare la possibilità di un varco, scivolo e cado letteralmente nel fango. È tardi, sono stanca: parte immediatamente la scenata da femminuccia isterica. Urlo con quanto fiato ho in gola, mi lamento, accenno un pianto. Sono esasperata. Mi tocco le gambe inzaccherate con l’aria di chi sfiora una ferita mortale. Si avvicina il Papà: «Va tutto bene» mi dice pacato. Il pericolo è disinnescato. La compostezza del Papà è leggendaria. Ogni tanto mi dà perfino sui nervi, perché io invece tendo a scaldarmi per qualsiasi cosa (e la Media è come me: non sempre è facile gestire le crisi femminili, nella Famiglia in Cammino). Ma è l’unico incantesimo che può riportarmi alla ragione quando rischio di perderla. Voltiamo le infangate scarpe, riprendiamo la strada. A rimetterci sul sentiero non proviamo nemmeno più. Rimanere sulla strada ci costa vari chilometri in più, la rinuncia all’ombra degli alberi, il caldo dell’asfalto. Ma è l’unico modo per avvicinarci alla meta. 
Di questa giornata, segnata dal terrore delle moto, ci rimangono i ricordi del paese di Cassio: un borgo nelle montagne, con case di pietra aggrappate l’una all’altra e una scuola elementare che mi strappa un sorriso. Adoro le vecchie scuole di paese, anche quando sono in disuso. Ci rimane anche Berceto: arriviamo la sera tardi, ma entriamo nel pieno di una fiera. Ci sono abiti, pezzi d’antiquariato, costosissime albicocche disidratate di cui il Papà fa scorta: domani ci aspettano altre salite. Ci rimane la forza del Papà: non c’è che lui, a volte, per rimettermi in carreggiata. 

5 commenti:

  1. Che sei tu che mi fai stare bene quando io sto male e viceversa. buona continuazione

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  2. Forza Famiglia non tutte le tappe possono essere uguali e sempre dopo la tempesta spunta il sole!!! Leonessa sempre attiva

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  3. Forza famiglia in cammino, vi sto seguendo e la sera aspetto con ansia il vostro report. Siete una forza della natura, con pregi e difetti che sanno compensarsi. Vi sostengo con il pensiero. Loredana

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  4. e bravo il "capo branco" Sergio, che sempre riesce condurre il suo branco in lidi sicuri portandoli fuori dal fango.
    Buen camino famiglia pellegrina.

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  5. la calma del papà è ammirevole,guai se ,certe volte,non ci fosse lui.La rabbia e le urla non servono a nulla o,forse,solo a sfogarsi.CORAGGIO,CORAGGIO,CORAGGIO.Fortuna che c'è il papà,in questi casi...difficili,è l'unica ancora di salvezza.Mam

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